Culture

America Ferrera: «è letteralmente impossibile essere una donna»

L’attrice ha parlato al New York Times del suo monologo nei panni di Gloria, nel film Barbie
America Ferrera sul pink carpet di Barbie a Città del Messico
America Ferrera sul pink carpet di Barbie a Città del Messico Credit: Jorge Nunez/ZUMA Press Wire
Tempo di lettura 5 min lettura
7 gennaio 2024 Aggiornato alle 13:00

Non l’avremmo mai immaginato (o forse sì) di ricevere una lezione di femminismo proprio da Barbie, ma come succede spesso con le donne, anche la controversa compagna di giochi di molte infanzie è stata sottovalutata.

Snobbata da chi la considerava una “bionda” senza niente da dire da un lato, ferocemente avversata da chi l’accusava di inculcare alle bambine standard di bellezza impossibili, ha dimostrato di avere invece qualcosa da dire.

Tutto grazie a Greta Gerwig, regista di quello che, senza timore di esagerare, possiamo definire il film che ha fatto più clamore nel 2023. Gerwin ha brillantemente usato un canale accattivante (e di massa, come dimostra il record di incassi) per portare sul tavolo temi che di solito sono relegati alla bolla femminista. La perfezione, le pressioni estetiche, le aspettative sul ruolo sociale della donna, il rapporto tra i sessi, lo squilibrio di potere, la parità di genere, il paradosso della femminilità e la possibilità per le donne di far fronte a tutto questo (spoiler: è impossibile).

Perché se c’ è una cosa che chi è stata socializzata come donna impara fin da piccola è che la possibilità di adempiere al 100% alle aspettative sociali su di noi non esiste. E non solo perché siamo umane (fatto che forse vale la pena ribadire) e pertanto inevitabilmente imperfette, ma soprattutto perché lo standard della donna perfetta stabilito dal patriarcato è semplicemente impossibile da raggiungere.

E dal momento che (sempre grazie agli standard del patriarcato) o sei una donna al 100% oppure non lo sei per niente ecco che la frase di apertura del monologo di Gloria, interpretata da America Ferrera, in Barbie emerge in tutta la sua verità. «È letteralmente impossibile essere una donna» dice Gloria a una Barbie disperata per essersi resa conto di non essere abbastanza. Né abbastanza bella, né abbastanza intelligente, né abbastanza brava in qualcosa. Non potrai mai essere abbastanza. E non perché tu non sia oggettivamente carina, intelligente e capace, ma perché l’asticella sarà sempre un filo più in alto di dove puoi arrivare.

È in questa scena che emerge con forza tutto il paradosso degli standard del patriarcato, ed è la stessa Gloria a metterlo in luce. Quegli standard per i quali Barbie è stata tanto accusata finiscono per colpire anche lei. Perché, dopotutto, nemmeno a una bambola disegnata per incarnare la donna perfetta viene riconosciuta la perfezione. Del resto, è una donna anche lei. Come dice Gloria, «dobbiamo essere straordinarie, ma in qualche modo lo facciamo sempre nel modo sbagliato».

Analizzata fuori dal contesto del film, la scena appare quasi buffa. Una donna “normale” spiega al modello di femminilità per eccellenza che quel modello è una trappola, è falso, inarrivabile. Una donna, tra l’altro, interpretata da un’attrice che per sua ammissione non ha mai giocato con le Barbie, e che non si è mai sentita rappresentata da quel mondo. «Non ce la potevamo permettere - racconta al New York Times. - Barbie era troppo costosa, per non parlare di tutti i suoi accessori. Avevo una cugina che ne aveva qualcuna e ci giocavo quando andavo da lei, ma mi appariva molto distante. Non mi sentivo rappresentata dalla sua narrativa. Sentivo che il suo era un mondo a cui non potevo avere accesso».

È stato il documentario sull’evoluzione dell’immaginario di Barbie (Tiny Shoulders. Rethinking Barbie) a farle cambiare prospettiva e riuscire a immedesimarsi in Gloria, che invece per le Barbie ha un attaccamento speciale che la porterà a voler salvare Barbieland, invece che abbandonarla al suo destino.

«È un momento molto importante - dice Ferrera del suo monologo - ma Gloria brilla fin dal principio. Rappresenta la ricerca del permesso di esprimere sé stesse. Lei deve recitare il ruolo di madre e di donna in carriera, nascondendo tutto ciò che ama sotto il completo aziendale ed essendo ciò che crede di dover essere. […] E quelle battute sono perfette per lei. È vero, con quelle parole riesce a tirare fuori le Barbie dalla loro crisi, ma è anche un punto di svolta della sua storia, dove deve esprimere ciò che ha scoperto durante il percorso».

Ferrera ha avuto a sua volta una parte nella scrittura del monologo. Greta Grewig le ha infatti chiesto di integrarlo con quello che avrebbe voluto dire. «Non tutti i registi invitano gli attori a riscrivere il loro lavoro» commenta l’attrice. E la forza di Gloria la percepiamo tutta, mentre pronuncia parole in cui è evidente che crede profondamente. Parole in cui tutte possiamo identificarci.

Magra, ma non troppo. Ricca, ma non amante del denaro. Autorevole, ma non autoritaria. Che emerge, ma senza mettere in ombra gli altri (leggasi, i maschi). Madre, ma anche donna lavoratrice. Che ama i propri figli, ma ha anche altri argomenti di conversazione. Carina, ma solo con gli uomini giusti. Alleata delle altre donne, ma non troppo, in modo da poterti sempre distinguere.

Cose già sentite? Lamentele trite e ritrite? Forse.

Ma come ribatte Ferrera ai detrattori del monologo: «puoi sapere le cose, e avere lo stesso bisogno di sentirle dire a voce alta. Può comunque essere catartico. Ci sono un sacco di persone che hanno bisogno delle basi del femminismo, intere generazioni di ragazze che stanno diventando adulte e che non hanno le parole per raccontare la cultura in cui crescono. […] Se non sei a digiuno di femminismo magari potrà sembrare una semplificazione eccessiva, ma se dei Paesi hanno vietato il film un motivo ci sarà. La semplificazione è dire che qualcosa, che per qualcuno magari è femminismo di base, non sia necessario. Partire dal presupposto che tutte e tutti siamo allo stesso livello nel sapere e nel comprendere l’esperienza dell’essere donna, quello è una vera semplificazione».

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