Ambiente

Il contributo della finanza alla crisi ecologica è insufficiente

Crescono gli investimenti nelle Nature based Solutions, toccando quota 200 miliardi. Tuttavia, ogni anno vengono impiegati 7.000 miliardi di dollari (circa il 7% del Pil globale) in attività che danneggiano la natura
Credit: JP Valery 

Per la prima volta il report State of Finance for Nature ha stimato l’entità dei flussi finanziari negativi per la natura a livello globale e i risultati non sono incoraggianti.

Sono circa 7.000 miliardi i dollari investiti l’anno in attività che impattano il capitale naturale e che alimentano inesorabilmente la “triplice crisi planetaria (quella del cambiamento climatico, della perdita di biodiversità, dell’inquinamento e dei rifiuti)”. Una somma enorme, “l’equivalente del 7% del Pil globale” e, per di più, sottostimata, in quanto riferita ai soli impatti diretti.

A dare una speranza sono le Nature based Solutions (NbS), soluzioni che sfruttano le capacità della natura di mitigare gli effetti della crisi ecologica. Un esempio su tutti: i progetti di riforestazione che puntano a tutelare i servizi ecosistemici offerti dalle foreste. Queste, oltre ad assorbire CO2, mitigando così il riscaldamento globale, ospitano biodiversità e offrono risorse alle economie di molte popolazioni.

La Green Finance è ancora una nicchia

Gli investimenti pubblici e privati in NbS sono in aumento rispetto gli anni precedenti ma ancora esigui, soprattutto se comparati ai flussi finanziari non attenti alla sostenibilità. I sussidi pubblici dannosi per l’ambiente sarebbero aumentati del 55% rispetto al 2021 mentre gli investimenti privati negativi ammontano a 5.000 miliardi: una cifra così importante da far sembrare “spiccioli” i 200 miliardi investiti in NbS.

Senza una redistribuzione dei flussi finanziari gli effetti dell’inazione sarebbero devastanti sia per l’equilibrio degli ecosistemi ma anche per la stabilità economica e sociale. Secondo l’Unccd - United Nations Convention to Combat Desertification, un ulteriore degrado della natura metterebbe a rischio la metà del Pil mondiale oltre a favorire fenomeni socialmente catastrofici come migrazioni di massa, insicurezza alimentare e instabilità politica.

I crediti per la biodiversità

Un modo con cui le aziende possono incentivare le NbS sono i Biodiversity Credits: strumenti finanziari rilasciati dopo la realizzazione di progetti o pratiche virtuose per la tutela del capitale naturale: l’impatto positivo viene accertato da società esterne e in cambio vengono emessi certificati (crediti) che possono essere usati per la compensazione delle pressioni ambientali (offsets) o essere ceduti sul mercato ad altre imprese.

Il meccanismo è simile ai più diffusi Carbon Credits, utilizzati da moltissime realtà per raggiungere la neutralità carbonica entro il 2050. Questi vengono rilasciati dopo l’implementazione di progetti come i REDD+ (Reducing Emissions from Deforestation and Forest Degradation) permettendo alle imprese con un alto impatto climalterante di compensare parte delle loro emissioni.

Le compensazioni sono l’unica soluzione?

Nonostante queste iniziative possano contribuire a una maggiore tutela degli ecosistemi è sbagliato pensare che siano la soluzione a ogni criticità. Il report cita infatti una “gerarchia nella mitigazione” che considera gli offsets come un last resort mechanism, un meccanismo di ultima istanza che non può sostituirsi alla riduzione degli impatti alla fonte.

Pensare di abbattere l’impronta ambientale con le sole compensazioni rischia di diventare un incentivo nel perseguire strategie Business as Usual, poco ambiziose circa la sostenibilità e da molti considerate una forma di greenwashing. L’unica strategia efficace è affrontare il problema alla radice e “fino a quando l’economia reale e il sistema finanziario non ridurranno gli investimenti negativi, le azioni volte a incentivare la finanza verde e le NbS saranno insufficienti”.

Largo alle NbS, ma nel rispetto dei diritti umani

Fra le raccomandazioni finali ai policy makers, il report dedica particolare attenzione alle popolazioni indigene chiamate anche Stewards of Nature o “Custodi della Natura”.

Nonostante queste comunità siano le più vulnerabili alla triplice crisi planetaria “nell’ultimo decennio hanno ricevuto meno dell’1% dei fondi internazionali per il clima”; non solo subiscono gli effetti negativi della finanza insostenibile (fra cui il Land Grabbing) ma anche quelli delle Nature based Solutions che spesso “falliscono nel coinvolgere tutti gli stakeholder” dimenticando che la sostenibilità è anche una questione sociale.

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