Ambiente

Amazzonia: la siccità mette a rischio la biodiversità (e non solo)

La portata eccezionale del fenomeno è dovuta al El Niño e al riscaldamento delle acque dell’Oceano Atlantico tropicale settentrionale
Credit: EPA/Andre Coelho

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7 novembre 2023 Aggiornato alle 07:00

Amazzonia, polmone verde del Pianeta, ricco di acqua e umidità.

Se è questo l’immaginario comune, è facile comprendere come la sensazione che si prova nell’entrare nella selva e camminare su un tappeto di foglie secche, mandi in cortocircuito la nostra mente.

Per quanto, infatti, nel periodo che va da maggio a ottobre i fenomeni siccitosi siano alquanto normali per la regione amazzonica, la portata del fenomeno a cui stiamo assistendo quest’anno è senza dubbio fuori dal comune e si deve a due fenomeni: uno è El Niño, il riscaldamento anomalo delle acque superficiali dell’Oceano Pacifico equatoriale che produce correnti d’aria che soffiano da est a ovest sulla foresta amazzonica.

Il secondo è il riscaldamento delle acque dell’Oceano Atlantico tropicale settentrionale, che crea venti da nord a sud attraverso la regione.

Queste correnti d’aria ostacolano la formazione delle nuvole di pioggia. Una situazione che sta mettendo letteralmente in ginocchio l’amazzonia brasiliana dove il Governo locale ha proclamato lo stato di emergenza per 180 giorni.

Nel mese di settembre, in 55 municipi su 62, il livello dei fiumi ha raggiunto il minimo storico impedendone la navigabilità.

Questo sta rendendo quasi impossibile per le comunità locali l’accesso a servizi sanitari ed educativi escludendo quella che è una delle zone più povere del Paese - dove il 40% della popolazione vive con meno di 40 Brl (7.58 euro) al giorno - dalla possibilità di avere accesso a cibo e acqua potabile.

Il livello del Rio delle Amazzoni, il fiume più grande del mondo, è diminuito di 30 cm al giorno nelle ultime due settimane di settembre facendo scendere il livello di 7.4 metri rispetto a una media di 4.4 metri considerata normale per il periodo.

Una situazione aggravata dalla condizione in cui versano anche i suoi principali affluenti, come il Rio Negro, il più grande per portata d’acqua.

A metà ottobre, il livello del fiume all’altezza della città di Manaus, capitale dell’Amazzonia brasiliana, ha raggiunto il minimo storico di 13.5 metri rispetto ai 30.02 registrati nel mese di giugno, facendo addirittura apparire una serie di antiche pitture rupestri mai viste prime.

O il fiume Yacuma, nella Bolivia settentrionale, dove la foresta e le pampas - ecosistema di savana alluvionale - sono in ginocchio da mesi a causa della mancanza di pioggia mettendo in pericolo non solo il sistema sociale ma anche l’economia della regione, fortemente dipendente dal turismo.

Qui, corsi d’acqua come lo stesso Yacuma, il Beni e il Madeira, formano una intricata rete che alimenta il Madeira, uno dei più grandi affluenti del Rio delle Amazzoni.

Nello Stato del Mato Grosso, culla brasiliana dell’industria della soia, la mancanza di precipitazioni e le alte temperature hanno fatto crescere la preoccupazione dei produttori locali. Secondo i dati di Aproclima, un progetto di monitoraggio climatico di Aprosoja - Associazione brasiliana dei produttori di soia - alcune aree del Mato Grosso meridionale hanno registrato temperature estremamente elevate, superiori ai 44°C mentre le precipitazioni nella regione sono state inferiori alla media con meno di 20 millimetri di pioggia nelle aree più colpite.

Dati, questi, che dovrebbero far riflettere anche sull’eventualità di continuare a perseguire un modello monocolturale che, oltre ai ben conosciuti impatti a livello di deforestazione, impoverimento del suolo e perdita di biodiversità, è indubbiamente non resiliente ai fenomeni climatici estremi che, come sappiamo, sono destinati a essere sempre più forti e frequenti.

Oltre alla crisi economica e umanitaria, la grave siccità è anche responsabile di una massiccia moria di pesci e delfini rosa di cui, a oggi, si contano almeno un centinaio di carcasse nel lago Tefé, alimentato dall’omonimo fiume, e dove la temperatura ha raggiunto i 39 °C, un valore superiore di oltre 10 °C rispetto alla media normalmente registrata in questo periodo dell’anno.

Catalogati come minacciati di estinzione dall’Unione Internazionale per la Conservazione della Natura (Iucn), i delfini rosa sono considerati un indicatore della salute di un fiume, condizione vitale per chi vive lungo le sue sponde.

In Amazzonia sono conosciuti come boto, si nutrono di piranha e hanno un importante valore culturale per le popolazioni locali visto che li considerano animali sacri per le abilità metamorfiche e i poteri magici di cui sarebbero dotati.

Svariate leggende, infatti, narrano che sarebbero in grado di assumere sembianze umane per sedurre le donne dei villaggi, oppure che siano la trasfigurazione di Uauiara, Dio dei Fiumi, il cui compito è proteggere i pesci e l’ecosistema amazzonico.

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