Ambiente

Le ripercussioni (e soluzioni) della siccità

Blackout diffusi, fiumi a secco e centrali idroelettriche ferme. Per gestire l’attuale emergenza idrica servirà uno sforzo collettivo. Ancora oggi, però, in Italia manca una cabina di regia intelligente pronta a prendere decisioni radicali
Credit: DINO FERRETTI/ANSA/KLD
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24 giugno 2022 Aggiornato alle 06:30

Temperature torride, livelli dell’acqua bassi come non mai da 70 anni, blackout diffusi, centinaia di comuni costretti a ricorrere alle autobotti per rifornire le case di acqua, migliaia di comuni nel bacino del Po che hanno iniziato il razionamento, inclusi paesi di montagna tradizionalmente avulsi dai problemi di irrigazione.

Il Piemonte ha chiesto già lo stato di calamità naturale, che si teme possa durare oltre tre mesi. La Lombardia sarà a secco tra 7 giorni. Fa preoccupare in queste ore la riduzione della produzione elettrica.

Dato che il fiume Po è sotto di otto metri rispetto al livello normale, nel Piacentino Enel Green Power Italia ha fermato le turbine della centrale idroelettrica di Isola Serafini di San Nazzaro, mentre l’assenza di acqua ha portato allo stop delle centrali termoelettriche di Sermide (A2a) e Ostiglia (EP). E senza energia è più difficile raffrescare gli edifici e alimentare l’irrigazione nei campi nei picchi di canicola di queste settimane.

È l’ennesimo nodo gordiano delle risorse naturali che dimostra ancora una volta l’assenza di lungimiranza e di capacità a gestire problemi complessi. I piani acqua del Pnrr devono essere ancora messi a terra e si punta su infrastrutture pesanti di captazione e poco su un generale efficientamento, specie in agricoltura, dei sistemi di irrigazione, delle culture scelte, del peso dell’allevamento intensivo in Pianura Padana.

Una strategia adattiva, basata su interventi intelligenti, rapidi, leggeri, basati sui dati scientifici (anche questi sostenuti dal Pnrr). Sulle reti idriche colabrodo i risultati – se ci saranno – arriveranno solo nel 2025.

Dal punto di vista della governance poi perdura un sistema estremamente frammentato, vetusto, con una gestione ingegneristica fissata con un’idrologia vecchia di 40 anni (basti vedere progetti come le vasche di laminazione sul Piave) e perdurano utilities pubbliche e private incapaci di implementare piani di economia circolare dei sistemi idrici. Manca dinamismo intellettuale e una cabina di regia intelligente e pronta a prendere decisioni radicali.

L’emergenza ovviamente ricopre le cronache, si cerca di capire il fenomeno, di trovare soluzioni urgenti. Federico Caner, assessore del Veneto e coordinatore del settore agricoltura della Conferenza delle Regioni, afferma che se la situazione perdura non si potrà fare a meno di chiedere al governo un intervento per far prevalere l’utilizzo di acqua per uso umano e agricolo rispetto a quello energetico.

Sul Lago di Garda i sindaci sono scesi sul piede di guerra: si rischia di devastare una stagione turistica promettente se si aprono i rubinetti dell’unico grande lago ancora a livelli nella norma. Ma la decisione sarà inevitabile.

Il ministro della Transizione ecologica Roberto Cingolani ha annunciato la costituzione di un Comitato di coordinamento nazionale degli Osservatori presso le Autorità di bacino. «Stiamo costituendo un Tavolo politico istituzionale di alto profilo - ha detto - per fare un quadro d’insieme delle misure a livello nazionale». Magari tireranno persino fuori il generale Francesco Paolo Figliuolo per gestire l’emergenza, dichiarando il necessario stato di emergenza nazionale.

Ma il ministro avrebbe dovuto indirizzare la questione già a marzo quando la situazione agli esperti era già chiara, ancora prima dell’arrivo delle temperature record che hanno solo aggravato il prelievo e il conseguente stress idrico. Ci sono responsabilità chiare che vanno sanzionate.

Recentemente Cingolani ha ristrutturato la Direzione Generale Risanamento Ambientale creando la DG Uso Sostenibile del Suolo e delle Risorse Idriche (DG USSRI). Una direzione che avrà un ruolo importantissimo e che deve essere dotata di giovani competenti (la lentezza dei concorsi è una grave vulnerabilità) e da professionisti esperti che devono essere attirati dal settore privato.

La crisi è reale e imminente. In questa congiuntura – dove mancano solo gli alieni, per citare sempre il ministro Cingolani – serve una risposta di sistema Paese all’emergenza. A partire anche dai cittadini che devono razionare l’acqua, lasciare perdere le piscine e i parchi acquatici, non lavare l’auto, lasciare rinsecchire i verdi giardini. Quest’acqua è necessaria per agricoltura ed energia, per tenere in piedi il Paese.

Da settembre poi, quando si spera i temporali estivi avranno allentato la morsa siccitosa, servirà prendere sul serio la questione dell’adattamento ai cambiamenti climatici e dello stress idrico, con la stessa irreprensibilità con cui si è gestita l’emergenza Covid.

Scommettiamo che non succederà?

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