Ambiente

Pene più dure per i crimini ambientali

La legge 137/2023 modifica il reato di incendio boschivo e inasprisce le sanzioni per l’abbandono della spazzatura. Nel frattempo una sentenza della Cassazione opera una stretta sui rifiuti tessili
Credit: Etienne Girardet 
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16 novembre 2023 Aggiornato alle 16:00

La legge 137/2023, entrata in vigore da poco più di un mese, inizia a produrre i suoi primi effetti nei Comuni italiani.

La nuova legge prevede un inasprimento degli importi delle ammende in situazioni come gli incendi boschivi e i disastri ambientali nelle zone protette. Secondo la misura, inoltre, chiunque si renda responsabile dell’abbandono di rifiuti è punito con una multa da mille a 10.000 euro: in precedenza, si prevedeva una sanzione amministrativa pecuniaria da 300 a 3.000 euro. La pena poi aumenta fino al doppio se l’abbandono riguarda rifiuti pericolosi.

Un esempio lampante dell’applicazione di questi provvedimenti viene dal Comune di Santa Croce Camerina a Ragusa, in Sicilia, dove l’ammenda passa da amministrativa a penale in caso di abbandono di rifiuti «da parte di chi non è titolare di imprese o responsabile di enti».

A comunicarlo ai residenti è direttamente il Sindaco Peppe Dimartino: «Non possiamo che plaudire a un simile inasprimento della legge dal momento che va in tendenza con la battaglia che abbiamo intrapreso sin dal nostro insediamento nei confronti di chi continua ad avere l’abitudine, assolutamente incivile, di abbandonare i rifiuti per strada».

«Nei prossimi giorni - annuncia l’assessore all’ambiente Francesco Dimartino - Avremo una localizzazione aggiornata di tutte le micro-discariche del territorio in modo da avviare un’opera di bonifica ambientale costante e ancora più efficiente».

Nel frattempo arriva anche un verdetto della Cassazione a dare una stretta alla cattiva gestione dello smaltimento. Il caso in questione riguarda la vendita di rifiuti tessili non igienizzati. La decisione dei giudici in primo grado e in appello è stata ora confermata dalla Corte: quei rifiuti fanno scattare il delitto di traffico illecito.

Con la sentenza numero 42241 del 17 ottobre 2023, la terza sezione penale della Cassazione ha riaffermato un principio cardine delle normative sulla gestione dei rifiuti: quelli di tipo tessile che non sono stati sottoposti a trattamenti di selezione, separazione e igienizzazione non possono essere considerati materie prime secondarie, bensì continuano semplicemente a essere rifiuti. La “trasformazione” infatti implica obbligatoriamente il trattamento igienico.

Quindi la commercializzazione dei rifiuti tessili non igienizzati permette di configurare la fattispecie del reato di traffico illecito, superando l’inosservanza delle prescrizioni autorizzative, che rappresenterebbe una mancanza meno grave dal punto di vista giudiziario.

D’altra parte in generale le città del nostro Paese sono spesso alle prese con le difficoltà legate alla raccolta dei rifiuti. Il caso paradigmatico è quello di Roma con i suoi problemi di spazzatura. Commentando a La Svolta l’emergenza nella Capitale, l’ex segretario nazionale e presidente di Legambiente Chicco Testa ha proposto di affidare alcuni quartieri a operatori privati.

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