Ambiente

Chi si occupa dei rifiuti spaziali?

Migliaia di detriti, lanci dopo lanci di satelliti e di operazioni spaziali, continuano ad accumularsi in orbita portando a più rischi. L’Agenzia Spaziale Europea chiede un trattato per risolvere la questione
Credit: Shuterstock  

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7 novembre 2023 Aggiornato alle 14:00

Anche se non la vediamo, molto (ma molto) sopra le nostre teste c’è una marea di rifiuti.

Nello Spazio sono infatti presenti oltre 36.000 detriti con più di dieci centimetri di diametro e milioni di altri micro pezzi (più piccoli) provenienti da satelliti in disuso, stadi propulsivi di razzi, oppure semplicemente bulloni o altri materiali finiti lassù dopo migliaia di esplorazioni spaziali.

Quei detriti sono un potenziale pericolo sia per le operazioni spaziali sia per la tenuta dei satelliti, gli occhi dal cielo che ci forniscono - compresi i dati sui cambiamenti climatici - una enorme quantità di servizi e informazioni per le nostre vite quotidiane.

Il problema è che con lo spazio sempre più affollato, tra operazioni di Cina, India, Russia, Stati Uniti e altri, negli anni il numero dei rifiuti in orbita continua a crescere compromettendo servizi essenziali che vanno dalla connessione a internet sino alle reti di comunicazioni militari.

Per questo motivo è necessario fare in qualche modo pulizia e l’Agenzia Spaziale Europea (Esa) sta spingendo, promuovendola davanti al Consiglio Ue, una iniziativa chiamata Zero Debris Charter, accordo che punta a occuparsi della spazzatura in orbita attorno alla Terra.

A Siviglia i ministri dell’Ue responsabili dello spazio firmeranno proprio questa sorta di “Carta dei detriti” per un «impegno a deorbitare le risorse spaziali alla fine della loro vita per ripulire lo spazio», ha spiegato il direttore generale dell’Esa Josef Aschbacher.

Questa iniziativa, come raccontano su Euractiv riportando le parole del direttore, “dimostrerebbe un forte impegno verso il raggiungimento di una leadership globale nella mitigazione e nella bonifica dei detriti spaziali”.

L’accordo prevede che già al momento del lancio di satelliti ci sia un impegno “a far uscire dall’orbita le risorse spaziali alla fine della loro vita” (a partire dal 2030).

Già, ma come fare per ripulire i rifiuti?

A tal proposito Aschbacher ha chiesto proprio di trovare un sistema per incentivare l’industria a ricercare e sviluppare tecnologie allo scopo di deorbitare in sicurezza, tecnologie in cui l’Europa potrebbe diventare leader, vedendo già interessate a esempio la francese Thales Alenia Space, la tedesca Ohb e la Airbus Defence and Space.

Serve dunque una gestione e un approccio comune affinché “le attività spaziali siano sicure e sostenibili”.

Un possibile sistema, anche se siamo ancora lontani dal suo utilizzo, sembra arrivare direttamente dalla fantascienza: usare un “raggio traente” per catturare i rifiuti.

A svilupparlo, notizia di questi giorni, è la University of Colorado Boulder che sta studiando uno strumento noto come trattore elettrostatico (electrostatic tractor) che potrebbe permettere di manipolare oggetti a distanza nello spazio.

Serviranno ancora miliardi di dollari di investimenti e anni di studio, ma dal Colorado assicurano che l’idea di questi “spazzini spaziali” tramite raggi traenti è possibile anche se sarà applicabile solo a oggetti di grandi dimensioni.

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