Ambiente

Chicco Testa sui rifiuti a Roma: «Non si risolvono i problemi assumendo nuovo personale»

Commentando a La Svolta l’emergenza nella Capitale, l’ex segretario nazionale e presidente Legambiente propone di affidare alcuni quartieri a operatori privati
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8 agosto 2023 Aggiornato alle 12:00

La difficile situazione della raccolta dei rifiuti a Roma è nota.

Ama, la società che se ne occupa, vive profondi problemi da decenni. Nessuna Amministrazione, tra quelle che si sono avvicendate al Campidoglio, è riuscita a imporre soluzioni adeguate.

Il risultato è che le strade sono sporche, lo smaltimento della spazzatura è scarso e gli abitanti della Capitale si lamentano.

In questo quadro ha fatto rumore la netta presa di posizione di Chicco Testa, già segretario nazionale e presidente di Legambiente, ex presidente di Enel, poi politico, manager e ora anche giornalista attento all’attualità e alle politiche energetiche. L’abbiamo intervistato.

Ama è davvero “irrecuperabile” o si può ancora fare qualcosa?

Pensare che 1.000 nuove assunzioni o centinaia di milioni di investimenti possano rivitalizzare un ecosistema afflitto da decenni da cattiva gestione del personale con punte stratosferiche di assenteismo e indisponibilità, ostaggio di discutibili pratiche sindacali, è velleitario. L’elenco dei mancati tentativi di riportare l’Ama a una situazione di normalità - neppure di grande efficienza -, permette di affermare con matematica certezza che l’azienda municipalizzata è irriformabile. Ogni ulteriore tentativo è un fallimento annunciato. E una frode per i contribuenti.

Ha proposto di affidare a operatori privati la raccolta dei rifiuti e l’igiene urbana in alcuni quartieri di Roma. Concretamente quali fasi dovrebbe attraversare un’operazione come questa, dalle gare all’assegnazione dei compiti?

Mica si tratta di tempi biblici. L’azionista di Ama è il Comune, quindi la Giunta Gualtieri ha facoltà di decidere che la raccolta di rifiuti e lo spazzamento delle strade di 2, 3 o N municipi siano affidati con gara a operatori diversi da Ama, che rispondano a un contratto di servizio negoziato direttamente con il Comune. Procedendo con gradualità - ma a tappe comunque un po’ accelerate - la cittadinanza avrebbe un tangibile metro di paragone. E magari un po’ di sana competizione istillerà qualche anticorpo di normalità nella municipalizzata.

In un contesto tale, i cittadini possono fare qualcosa? Che cosa in particolare?

Il problema dei rifiuti a Roma è composto da 3 distinti nodi però concatenati tra di loro. C’è la questione degli sbocchi e quindi degli impianti di smaltimento. E questo verrà risolto con la realizzazione del piano rifiuti predisposto da Gualtieri, che prevede non solo un termovalorizzatore ma un’infrastruttura composta da 30 isole ecologiche distribuite, due nuovi impianti per la selezione di frazioni secche come carta e plastica, due biodigestori anaerobici per l’organico.

Il secondo problema è un’azienda per la raccolta disfunzionale e ho spiegato la mia visione. Poi c’è un terzo problema altrettanto urgente di educazione della cittadinanza perché la cattiva gestione dell’Ama diventa un modello di comportamento generalizzato dei romani. Anche i turisti non sono da meno con un’attenuante però. Calenda candidato sindaco aveva fatto il conto che nella capitale mancavano oltre 13.000 cestini per i rifiuti. Non è una scusa per lasciare sul marciapiede cartacce, ma rimane un bell’incentivo a farlo.

A quali città europee bisognerebbe ispirarsi, per fare qualche esempio?

Dalla sempre citata Copenaghen con il suo termovalorizzatore anche centro di svago della cittadinanza; a Barcellona dove nel barrio gotico, un’urbanistica complessa che richiama il nostro centro storico, c’è un avanzato sistema di raccolta pneumatica sotterraneo. A Parigi dove la riqualificazione di Issy-les Moulineux, il quartiere periferico che ospita uno dei termovalorizzatori della capitale, è stata di tale portata che oggi è il centro direzionale scelto da alcune aziende di punta francesi come Orange. E poi Vienna, Lubiana in Slovenia, Sǎlacea in Romania, Besançon in Francia.

In Italia invece abbiamo dei casi virtuosi dal suo punto di vista?

Uno per tutti, Brescia, dove la raccolta differenziata supera il 77% e c’è un termovalorizzatore attivo da un quarto di secolo che rappresenta la prima fonte di generazione del calore per la città. La dimostrazione della fallacia di chi sostiene che ogni kg di rifiuto bruciato è un kg di raccolta differenziata in meno. A Roma siamo nell’ordine del 45% di Rd con persino un trend decrescente.

Tornando a Roma, il termovalorizzatore e gli impianti di trattamento dell’umido serviranno a migliorare la situazione?

Sicuramente, se parallelamente si ha il coraggio di far esplodere il bubbone di Ama e si investe in programmi di sensibilizzazione dei cittadini. Altrimenti Roma uguale Grande Monnezza… per l’eternità.

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