Ambiente

La pesca in Italia potrebbe diminuire del 70%

La denuncia è del sindacato Flai-Cgil Pesca che in un convegno racconta, tra norme Ue, crisi del clima, invasioni di specie aliene e crescita degli impianti offshore, tutte le difficoltà del settore
Credit: Oskar Hagberg  

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12 ottobre 2023 Aggiornato alle 19:00

Crisi del clima, nuove regole Ue per la protezione dei mari, invasioni di specie aliene e costruzione di parchi offshore utili alla transizione energetica potrebbero essere i fattori scatenanti di una futura profonda crisi della pesca in Italia.

Lo annunciano durante un convegno i sindacalisti della Flai-Cgil Pesca in difesa dei pescatori che temono che con le nuove norme, come quelle che prevedono nuovi limiti della pesca a strascico estese a determinate aree marine protette, potrebbero impattare sulla pesca nel Mediterraneo, soprattutto al sud e nelle isole.

Le nuove norme rischiano secondo chi denuncia di portare a una diminuzione del 70% del pescato, cifra che tiene conto anche dell’impatto delle piattaforme offshore per l’eolico con nuovi limiti alla pesca in profondità.

A risentirne sarebbero i 12.000 pescherecci italiani e i pescatori nostrani che parlano di un futuro “avvolto da nubi minacciose, fra restrizione degli spazi marittimi, istallazione di parchi eolici offshore che costringeranno i pescatori a circumnavigarli con un incremento di tempo, costi per la navigazione e ore di lavoro, stravolgimenti climatici che hanno portato anche all’arrivo di specie aliene, inquinamento e pesca illegale. Tutti fattori negativi a cui va aggiunta l’endemica carenza di ammortizzatori sociali per chi fa della pesca il proprio mezzo di sostentamento. Invece la pesca italiana andrebbe incentivata sulla base dei parametri della sostenibilità, per ridurre la dipendenza dall’estero e avviarsi all’auspicata, ma sempre lontana, autonomia alimentare nel consumo ittico del Paese”, fanno sapere dal sindacato.

Negli ultimi dieci anni, ricorda il Sole24Ore, il settore pesca ha perso il 20% della flotta, ha visto diminuire il volume del pescato del 16% e oggi garantisce all’Italia solo il 27% di tutto il pesce che consuma.

A risentire delle nuove regole sarebbero soprattutto, tra limiti e restrizioni, così come ampliamento di aree marine protette, le isole quali la Sicilia e la Sardegna, oppure Lampedusa. Antonio Pucillo, capo dipartimento pesca della Flai-Cgil, spiega che il nuovo piano Ue «prevede il divieto di pesca a strascico nelle aree Natura 2000, quelle dove già la pesca è soggetta a limitazioni e il tutto sommato alla richiesta europea di aumentare il numero delle aree marine protette entro il 2030, crea forti limitazioni ai pescatori. Noi siamo favorevoli alla salvaguardia delle specie marine e al loro ripopolamento, ma se pescare in meno del 30% del mare ha come unico risultato quello di veder migliorate, e solo in parte, le condizioni di vita di una decina di specie soltanto, allora vuol dire che questa non è la strada giusta da percorrere».

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