Storie

La seconda vita delle reti da pesca

Abbandonate o perse al largo, contengono microplastiche e diventano un pericolo per l’ecosistema marino. Ma ora un giovane team di Mazara del Vallo, in Sicilia, ha trovato un modo per rigenerarle. Con il progetto di moda etica Risacca
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27 gennaio 2022 Aggiornato alle 21:20

Una rete è un intreccio di fili annodati tra loro. Quando i pescatori le gettano in mare, interi branchi di pesci restano imbrigliati tra le loro maglie. Ma durante la pesca, le reti possono essere abbandonate, perse o lasciate in mare accidentalmente. Diventando un pericolo per la fauna e un problema per gli ecosistemi marini, a causa del rilascio di microplastiche che vengono poi ingerite dagli animali (e da noi). Nel 2018 è stato stimato che fino a 650.000 animali marini vengono uccisi ogni anno dalle reti fantasma. Solo l’industria ittica di Mazara del Vallo, una delle più fiorenti in tutta Italia, in un anno produce circa 10.000 kg di materiale marinaresco.

È per questo che, nella cittadina siciliana, è nata un altro tipo di rete. Fatta di idee, tradizioni, tecnologie e persone. Si chiama Risacca, ed è un progetto di rigenerazione ideato da 3 under 35, che hanno dato una seconda vita alle reti da pesca facendole diventare delle borse. Un prodotto di moda etica e design sostenibile che coinvolge tutta la comunità mazzarese, generando opportunità per giovani e artigiani, e dando nuova vita ai materiali di scarto. Le borse, infatti, sono realizzate con la “sarcitura”, una tecnica tramandata di generazione in generazione dai pescatori, che oggi diventa innovativa grazie all’iniziativa di Carlo Roccafiorita, Cristiano Pesca e Federica Ditta, che hanno deciso di investire le loro competenze nella loro terra.

«Ci siamo accorti che non esistono indicazioni precise sullo smaltimento delle reti, e che l’inquinamento dei mari non era solo un problema di Mazara ma un tema globale» spiega Carlo Roccafiorita. «Così abbiamo iniziato a raccogliere dati. Cristiano e Federica, che hanno una formazione in design del prodotto e fabbricazione digitale, si sono occupati della parte tecnica. Io, specializzato in rigenerazione urbana, mi sono focalizzato sullo sviluppo dell’impresa».

L’idea era quella di realizzare prodotti che fossero il frutto di tutta la comunità del porto, prodotti in cui fossero racchiuse le tradizioni di Mazara e le più sofisticate tecniche innovative, prodotti “di comunità”, li definisce Carlo. «In ogni sacca, realizzata interamente a mano, sono racchiuse 3 tecniche di intreccio» spiega. «Quando abbiamo scoperto l’antica tecnica della sarcitura in uno dei tanti magazzini di riparazione delle reti, abbiamo da subito capito che era quel che cercavamo. E che grazie a questa tecnica sarebbe stato possibile realizzare borse e accessori e altri oggetti con reti sempre diverse in colore e texture, producendo così pezzi unici e irripetibili, adattando stralci e brandelli non più utilizzabili per la pesca».

Ma alla base del progetto Risacca c’è soprattutto la salvaguardia del mare e «le complessità burocratiche che regolano il mercato ittico per quanto riguarda la gestione dei rifiuti». A Mazara, terzo porto più grande d’Europa, negli ultimi anni la flotta di pescherecci è passata da 500 a circa 100 imbarcazioni, con un drastico aumento della disoccupazione (+30%). Un dramma sociale connesso con la diffusione di materiali plastici, che non hanno una chiara regolamentazione sullo smaltimento e diventano un peso che grava sulle economie dei pescatori, costretti ad assumersi gli oneri di smaltimento o a ricorrere a metodi illeciti.

«A Mazara ci sono 10 tonnellate di reti da pesca abbandonate, ma fonti dell’ufficio tecnico parlano di una cifra triplicata. Per smaltire una tonnellata di reti servono circa 3-400 euro, quindi per smaltirle si ricorre spesso a metodi illegali» racconta Carlo Roccafiorita. Grazie a Risacca, invece, circa il 90% del materiale delle reti viene riutilizzato, e la parte restante viene triturata e riusata per altri strumenti plastici. «Alcune reti si presentano in buono stato, altre sono piene di oli, ma stiamo affinando le tecniche di riciclo», aggiunge Roccafiorita.

A giugno 2021 è stata lanciata la prima linea di borse, create con i pescatori e gli artigiani locali. Adesso, dopo il lancio di Risacca, Carlo, Cristiano e Federica, hanno dato il via a una raccolta fondi per realizzare il Risacca LAB: una sartoria sociale e un centro per il riciclo in un container recuperato. L’idea è quella di gestire l’intera filiera, acquistando anche i macchinari per il riciclo, che attualmente avviene appaltato. Il laboratorio sorgerà nel parco rigenerato di Periferica, già luogo d’innovazione locale «ma il nostro sogno è quello di replicare il Risacca LAB in ogni porto italiano» dice ancora Carlo. «Vediamo Mazara come un primo test per rispondere a un bisogno diffuso in molte città e comunità nate intorno al mare. Vogliamo condensare in questa scatola tutti i nostri sogni».

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