Diritti

Il 90% dei porno è violento nei confronti delle donne

“Umiliate, oggettivate, sottoposte a trattamenti contrari alla dignità umana e alla legge”: la denuncia dell’Alto Consiglio francese per l’uguaglianza tra donne e uomini
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Sama Bairamova
Costanza Giannelli
Costanza Giannelli giornalista
Tempo di lettura 5 min lettura
5 ottobre 2023 Aggiornato alle 11:00

Il 90% dei contenuti pornografici online presenta violenza verbale, fisica e sessuale nei confronti delle donne. Una violenza spesso punibile secondo le leggi esistenti in Francia, ha rilevato il rapporto sulle pratiche illegali dell’industria del porno consegnato al Governo Francese dall’Alto Consiglio per l’uguaglianza tra donne e uomini.

Il rapporto Pornocriminalité. Mettons fin à l’impunité de l’industrie pornographque, non ha richiesto solo 18 mesi di udienze ma, soprattutto, la visione di milioni di video dei più grandi siti pornografici internazionali. Il risultato non lascia dubbi: in milioni di contenuti pornografici “le donne, caricaturate con i peggiori stereotipi sessisti e razzisti, sono umiliate, oggettivate, disumanizzate, aggredite, torturate, sottoposte a trattamenti contrari sia alla dignità umana che alla legge francese. Le donne sono reali, gli atti sessuali e la violenza sono reali, la sofferenza è spesso perfettamente visibile e allo stesso tempo erotizzata”.

Non è cinema, spiegano gli autori, ma la realtà. Una realtà fatta di violenza verbale e fisica e, molto spesso, di azioni che equivalgono alla tortura. Qualsiasi tipo di contratto, spiega il rapporto, è quindi nullo in termini legali, perché una persona non può acconsentire alla tortura, allo sfruttamento e alla tratta sessuale. Gli atti di violenza filmati sono illegali e dovrebbero essere puniti.

Atti, ricordano gli esperti, che sono stati ottenuti con i soldi per fare soldi, in un’industria guidata da uomini, pensata per gli uomini (al 75%), “in cui le donne, presentate e classificate per categorie sulle home page dei siti pornografici, sono il prodotto”.

Uno studio condotto dalla ricercatrice Ana Bridges, che ha analizzato i 50 film pornografici più visti, mostra che l’88% dei video presenta aggressioni fisiche, tra cui colpi al sedere, schiaffi, soffocamento per penetrazione orale. Il 48% presenta aggressioni verbali come l’uso della parola “puttana” o “puttana”.

“Il 90% delle scene comporta un atto di violenza fisica o verbale, con una media di quasi 12 maltrattamenti per scena, in cui si vedono gli uomini completamente privi di empatia. I titoli dei video sono perfettamente espliciti nella violenza perpetrata per raccogliere clic”, si legge nel rapporto. Ma Gail Dines, ricercatrice e professoressa emerita di sociologia e studi femministi a Boston, durante la sua audizione del 28 settembre 2022 ha spiegato che l’aggiornamento dello studio era in corso. La cifra dovrebbe ora raggiungere il 100%.

Nella sua analisi dei contenuti “mainstream” della pornografia, Dines evidenza l’uso da parte dell’industria pornografica di una semantica volta a rendere invisibile la realtà degli atti di violenza fisica o sessuale commessi contro donne e ragazze e spiega che è necessario esaminare questi contenuti usando le parole giuste per descrivere la realtà fattuale degli atti filmati perpetrati.

Anche perché, come mostrano i dati di Arcom (Autorità francese di regolamentazione della comunicazione audiovisiva e digitale), il 51% dei ragazzi di 12 anni guarda materiale pornografico ogni mese: “il consumo massiccio [di pornografia] fin dalla giovane età rafforza la cultura dello stupro”.

A cambiare la fruizione dei porno è stata l’apparizione del video in streaming su internet nel 2006, che ha profondamente modificato anche il modo di produrre i contenuti. Sullo stesso modello di business di YouTube, infatti, le piattaforme pornografiche emergenti mettono online milioni di video con accesso aperto, senza alcun controllo e, come ha ricordato l’inchiesta del New York Times The children of Pornhub, spesso senza il consenso delle persone ritratte. Una volta online, i video sono impossibili da rimuovere, “il che è una cyberviolenza per le donne che ne sono vittime”.

Il rapporto condanna “l’inazione” dello Stato e delle autorità francesi di fronte a decenni di pressioni da parte dell’industria della pornografia che difendeva la libertà di espressione e afferma che occorre porre fine a ciò che definisce “cecità e negazione” da parte dello Stato, che ha concesso all’industria della pornografia “totale impunità”. Per questo, vengono sollecitate modifiche alla legge per perseguire i produttori di pornografia e rimuovere i contenuti al fine di proteggere coloro che sono state filmate.

“Questa critica alla pornografia non ha nulla a che fare con il bigottismo, un puritanesimo emanato da una morale religiosa, ma ha tutto a che fare con la questione cruciale del femminismo: i corpi delle donne, una questione di appropriazione sessuale da parte degli uomini. Questa critica alla pornografia non ha nulla a che fare nemmeno con la ‘censura’. La risposta in termini di politica pubblica che chiediamo è la riaffermazione di principi fondamentali sui quali facciamo società: il rifiuto dell’odio e della violenza, il rispetto della dignità umana. Libertà senza limiti per i pornocrati significa calpestare i diritti dei più vulnerabili e discriminati, mettere a tacere le donne vittime dell’industria pornografica”.

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