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Usa, overdose Fentanyl: la “quarta ondata” arriva ovunque

Il numero dei decessi causati dall’abuso dell’oppiaceo è passato dallo 0,6% del 2010 al 32,2% del 2021, rivela lo studio dell’Ucla. A cambiare, però, sono state anche l’area geografica e le fasce di popolazione colpite
Costanza Giannelli
Costanza Giannelli giornalista
Tempo di lettura 5 min lettura
19 settembre 2023 Aggiornato alle 07:00

Nel 2010, meno di 40.000 persone sono morte per overdose di droga in tutti gli Stati Uniti; meno del 10% di quei decessi erano legati al Fentanyl. 11 anni dopo, le morti hanno superato per la prima volta quota 100.000: il Fentanyl era responsabile in oltre il 60% dei casi.

Lo rivela il nuovo studio della University of California, Los Angeles (Ucla), che ha esaminato i trend delle morti per overdose negli Stati Uniti dal 2010 al 2021 utilizzando i dati compilati dai Centri statunitensi per il controllo e la prevenzione delle malattie, mentre la “quarta ondata” della crisi degli oppiacei raggiunge ogni angolo degli Usa.

“La percentuale di decessi per overdose da Fentalyn e stimolanti è aumentata dallo 0,6% nel 2010 al 32,3% nel 2021, con la crescita più marcata a partire dal 2015 - spiega lo studio - L’aumento del Fentanyl prodotto illegalmente ha inaugurato una crisi di overdose negli Stati Uniti di portata senza precedenti”.

Questo farmaco (che i medici possono prescrivere come medicinale nel caso di dolori molto forti, perché è 100 volte più forte della morfina) ha avuto un enorme successo nel mercato illegale, perché è economico da produrre, provoca una dipendenza estremamente forte e si trova spesso in combinazione con altre sostanze, come cocaina, metanfetamine e, in uno dei mix più pericolosi, con la Xilamina, in quella che è conosciuta come Tranq, o “droga degli zombie”. È proprio l’uso combinato del Fentanyl con altre droghe che ha fatto parlare i ricercatori di una “quarta ondata” della crisi degli oppiodi.

“Nel 2010, il Fentanyl è stato trovato più comunemente insieme a prescrizioni di oppioidi, benzodiazepine e alcol. Nel Nordest questa tendenza si è spostata verso il coinvolgimento di eroina e Fentanyl a metà degli anni 2010, e quasi universalmente al coinvolgimento di cocaina e Fentanyl al 2021. In tutta la zona occidentale, e nella maggior parte degli Stati del Sud e del Midwest, il coinvolgimento dellE metanfetaminE correlato al Fentanyl ha prevalso nel 2021. La percentuale di coinvolgimento di stimolanti nei decessi per overdose legati al Fentanyl è aumentata praticamente in ogni stato nel periodo 2015-2021”.

A cambiare non è stata solo il numero dei decessi, ma anche la diffusione della droga e, con essa, della sua letalità. «Nel 2018, circa l’80% delle overdose di Fentanyl si è verificata a est del fiume Mississippi», ha spiegato alla Bbc Chelsea Shover, assistente universitaria alla scuola di medicina dell’Ucla e coautrice dello studio. Ma nel 2019, «il Fentanyl diventa parte dell’offerta di farmaci negli Stati Uniti occidentali, e improvvisamente questa popolazione che ne era stata isolata viene esposta e i tassi di mortalità iniziano a salire».

Oggi, praticamente non c’è angolo degli Stati Uniti (dalle Hawaii all’Alaska, fino a Rhode Island) che non sia stato toccato dall’epidemia. Anzi: Alaska, West Virginia, Rhode Island, Hawaii e California sono proprio gli Stati con i più alti tassi di decessi per overdose da Fentanyl in combinazione con altro farmaco. Questo è legato al fatto che questi Paesi hanno tassi storicamente elevati di consumo di droga, ha spiegato la professoressa Shover. Con l’arrivo del Fentalyn, il consumo di droga in quelle zone è diventato più letale.

A questo si aggiunge l’impatto delle pillole contraffatte: “le prove di utilizzo di pillole contraffatte nei decessi per overdose sono più che raddoppiate da luglio-settembre 2019 a ottobre-dicembre 2021 e sono triplicate negli Stati occidentali degli Stati Uniti - avvertiva solo 2 settimane fa il Cdc (Centers for Disease Control and Prevention) - I deceduti con evidenza di uso di pillole contraffatte, rispetto a quelli senza tale prova, erano più giovani, più spesso ispanici o latini e più frequentemente avevano una storia di abuso di farmaci da prescrizione e uso di droghe attraverso il fumo”.

Anche la fascia di popolazione colpita da overdose sta cambiando, come conferma lo studio della Ucla che rivela anche un altro, importante, elemento. La crisi degli oppiacei, ricorda Shover, è stata largamente percepita come un “white people Problem”, un problema della popolazione bianca. Non è più così.

“L’analisi di gruppo intersezionale rivela tassi particolarmente elevati per gli individui neri e afroamericani più anziani che vivono in Occidente”, si legge, infatti, nello studio. Questo è legato a una mancanza di consapevolezza, “guidata in parte dalle storiche disparità sanitarie vissute dai gruppi di minoranze razziali ed etniche” e dal fatto che persino le campagne di marketing realizzate per sensibilizzare sulla crisi degli oppioidi non hanno incluso l’esperienza dei neri americani, ha spiegato Rasheeda Watts-Pearson, specialista nella riduzione del danno con sede in Ohio.

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