Diritti

Per 4 giovani su 5 una donna può sottrarsi a un rapporto sessuale

1 su 5 crede che le ragazze possano istigare la molestia con vestiti o comportamenti provocanti; 1 su 3, che molte persone si identifichino come non binarie, fluide o trans per moda. I dati ActionAid e Ipsos
Credit: Edwin Andrade
Alessia Ferri
Alessia Ferri giornalista
Tempo di lettura 5 min lettura
13 settembre 2023 Aggiornato alle 09:00

Indignarsi. Indagarne tutti gli aspetti, anche i più morbosi. Scomodare opinioni su opinioni, invocare pene più severe. Discutere di tutto e di niente. Lo schema che si ripete dopo ogni caso di violenza, sessuale e non, è sempre lo stesso e quando l’interesse si affievolisce si passa a un altro episodio, in un moto perpetuo che non cambia mai e, soprattutto, non mette a fuoco una necessità divenuta non più rimandabile: l’educazione, soprattutto delle nuove generazioni.

La invoca a gran voce anche ActionAid, che da anni porta avanti in molte scuole d’Italia progetti di contrasto alla violenza e che, alla luce di quanto emerso dall’indagine I giovani e la violenza tra pari condotta insieme a Ipsos, si dice più che mai preoccupata.

Per 4 giovani su 5 una donna può sottrarsi a un rapporto sessuale se davvero non lo vuole e 1 su 5 crede che le ragazze possano provocare la violenza sessuale se mostrano un abbigliamento o un comportamento provocante.

Risposte che testimoniano come stereotipi di genere, pregiudizi, cultura dello stupro e vittimizzazione della vittima siano ancora fortemente radicati nella società, e che molti giovani non siano affatto immuni all’evergreen del “se lo è andata a cercare”.

Lo studio è stato condotto su circa 800 ragazze e ragazzi tra i 14 e i 19 anni, che si sono trovati piuttosto compatti nell’individuare gli autori principali di atti di violenza nel nostro Paese (i giovani maschi, soprattutto se in gruppo, e gli uomini adulti), ma che hanno dimostrato non poca confusione in merito a quali comportamenti siano violenti e quali no.

Per l’80% di loro, infatti, è violenza toccare le parti intime di qualcuno senza consenso, ma 1 su 5 non riconosce questa forma. Lo è ovviamente picchiare ma non universalmente, perché nonostante sia il comportamento in assoluto più citato dai maschi e anche più subito da loro, a riconoscerlo come violenza è il 79%. Poco meno, il 78%, inserisce nella categoria fare foto o video in situazioni intime e diffonderle ad altre persone.

Sono le ragazze a ricevere, molto più spesso dei coetanei, molestie verbali mentre camminano per strada, che rischiano di venir toccate nelle parti intime, di essere vittime di commenti a sfondo sessuale e veder diffuse foto o video che le ritraggono in situazioni intime. Le persone transgender e non binarie rischiano, invece, di essere insultate.

Alla domanda sul perché si diventi oggetto di violenza, la risposta più gettonata è stata a causa di determinate caratteristiche fisiche (50%), dell’orientamento sessuale (40%) e dell’appartenenza di genere (36%). Concetti, questi ultimi, che non sempre vengono compresi fino in fondo, visto che quasi 1 intervistato su 3 sostiene che molte persone che si identificano come non binarie, fluide o trans lo facciano in realtà per seguire la moda del momento.

Infine, la conseguenza principale delle violenze per il 27% degli intervistati, senza distinzione di genere, sarebbe il malessere psicologico, seguito da isolamento e depressione (21%) e disagio e vergogna (18%).

«I dati confermano quanto ActionAid osserva nelle scuole da anni: la necessità di occuparsi di violenza oltre bullismo e cyberbullismo, che colpiscono soprattutto gli under 14. La violenza tra adolescenti ha le radici nella società patriarcale, che ancora oggi influenza il processo di crescita delle nuove generazioni e non permette di sovvertire dalle fondamenta la cultura dello stupro», ha spiegato la responsabile education Maria Sole Piccioli.

Dopo gli stupri di gruppo di Palermo e Caivano il Governo ha presentato il decreto Caivano che prevede, tra le altre cose, il daspo urbano (divieto di accesso a particolari aree della città) ai maggiori di 14 anni. Ma la sola repressione non è sufficiente a cambiare le cose. E, secondo l’associazione, non basta nemmeno la proposta del Ministro Valditara di introdurre l’educazione sessuale nelle scuole superiori.

È necessaria, invece, un’educazione all’affettività e sessualità che non si concentri solo sugli aspetti biologici ma anche su quelli psicologici, sociali ed emotivi; e «una formazione obbligatoria co-progettata per docenti e studenti di tutti i cicli scolastici con personale esperto autonomo e laico, la presenza a scuola di tutor per la prevenzione e la gestione dei casi; e l’introduzione di codici anti-molestia, bagni neutri e Carriere Alias», continua Piccioli.

Nel frattempo a tamponare il vuoto istituzione ci sta provando il progetto Youth For Love attivo da oltre 4 anni a livello italiano e europeo e realizzato nel nostro Paese proprio da ActionAid, con l’obiettivo di prevenire, individuare e affrontare la violenza tra pari e la violenza di genere nelle scuole superiori. Un’iniziativa importantissima ma non sufficiente; perché per far diventare i giovani d’oggi adulti consapevoli, serve lo sforzo di tutti.

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