Diritti

Cinema, Venezia 80: la protesta contro la cultura dello stupro

Un gruppo di attiviste a seno nudo ha organizzato un flash mob durante il red carpet di Woody Allen per la presenza del regista, di Roman Polanski e Luc Besson, implicati (in passato) in vicende di violenza sessuale
Woody Allen alla Mostra del Cinema di Venezia
Woody Allen alla Mostra del Cinema di Venezia Credit: ANSA/CLAUDIO ONORATI 
Costanza Giannelli
Costanza Giannelli giornalista
Tempo di lettura 6 min lettura
5 settembre 2023 Aggiornato alle 18:00

«Spegnete i riflettori sugli stupratori». Sul tappeto rosso del Palazzo del cinema sfilano Woody Allen e la moglie Soon-Yi Previn. Poco lontano, tra il Palazzo e il Casinò, un gruppo di donne a seno nudo e alcuni uomini, con il corpo coperto di vernice rossa, gridano slogan contro la cultura dello stupro mentre cercano di arrivare sul red capet, prima che la polizia li allontani: «Lo stupratore non è malato, è figlio sano del patriarcato», «Siamo il grido altissimo e feroce di tutti quei corpi che più non hanno voce».

È accaduto ieri sera a Venezia durante il red carpet di Coup de chance, quando la protesta transfemminista di attivistǝ provenienti da tutto il Veneto (tra cui Centro sociale Morion di Venezia e Non una di meno) ha messo in scena un flash mob per alzare la voce contro la cultura dello stupro e la presenza alla Mostra del Cinema “di persone che hanno 17 capi di accusa in un Paese dove ci si scandalizza del fatto che 7 ragazzi in branco stuprano una minorenne invece fa parte della cultura dello stupro”.

“Quest’anno la Biennale del Cinema di Venezia ha scelto di dare spazio a Woody Allen, Luc Besson e Roman Polanski, registi coinvolti in vicende di violenze sessuali contro donne, anche minorenni - si legge nel volantino in doppia lingua, italiano e inglese, diffuso daǝ maniestanti - Le scuse accampate dal direttore della Mostra, Alberto Barbera, seguono il vecchio copione della distinzione tra l’uomo, responsabile davanti alla legge, e l’artista il cui genio non è mai giudicabile poiché superiore, e quindi libero da responsabilità terrene. La violenza di genere patriarcale rimane in qualsiasi contesto un fatto collettivo, e decidere su chi accendere i riflettori significa compiere, ogni volta, una scelta politica”.

Luc Besson è stato assolto in giugno nel processo di appello dall’accusa di stupro mossa dall’attrice belga-olandese Sand Van Roy, che nel 2018 aveva affermato di essere stata violentata dal regista nell’hotel Le Bristol di Parigi. Dopo la denuncia di Sand Van Roy, altre 8 donne avevano affermato di essere state aggredite o molestate da Besson.

Roman Polanski, nel 1977, si dichiarò colpevole di aver abusato di Samantha Geimer, all’epoca dei fatti 13enne, senza però ammettere lo stupro. Dalla condanna figura nella “lista rossa” (red notice) delle persone ricercate dall’Interpol dal 2005 e vive fuori dagli Stati Uniti per evitare l’arresto. Ma Geimer potrebbe non essere l’unica: nel corso degli anni, infatti, 5 donne lo hanno accusato di violenza sessuale.

Woody Allen ha sposato nel 1997 Soon-Yi Previn: all’epoca il regista aveva 57 anni e la Previn 22. Non solo: era la figlia adottiva dell’ex compagna di Allen, Mia Farrow, che nel 1992 aveva scoperto alcune fotografie pornografiche scattate da Allen alla 19enne Soon-Yi, con cui aveva una relazione. Durante il processo di separazione Allen è stato accusato di aver abusato della figlia adottiva Dylan Farrow, 7 anni, molestie mai confermate. Nella sentenza del giudice si legge, però, che “probabilmente non sapremo mai cosa successe il 4 agosto 1992. Le dichiarazioni credibili di Ms. Farrow, del Dr. Coates, del Dr. Leventhal e di Mr. Allen provano comunque che l’atteggiamento di Mr. Allen verso Dylan è stato scandalosamente inappropriato e che misure devono essere prese per proteggerla”.

Intervistato da Le Monde, Barbera aveva spiegato che «Sono per la giustizia, non per la persecuzione. Besson è stato licenziato. Allen è stato assolto 2 volte negli anni ’90. Quanto a Polanski, chiese le scuse alla vittima, che le accettò. Lei chiede di smettere di rivangare questa vicenda, che risale a più di 40 anni fa».

E ha aggiunto: «la storia dell’arte è piena di delinquenti sessuali, anche criminali: dovremmo smettere di ammirare i dipinti di Caravaggio? Tra qualche decennio continueremo ad ammirare i film di Polanski allo stesso modo. Non vedo alcun motivo valido per non selezionare uno degli ultimi maestri del cinema ancora attivi, a 90 anni».

Secondo lǝ attivistǝ, però, è impossibile separare l’uomo dall’artista, come si ripete spesso di fronte a casi che coinvolgono celebrità. Farlo, continua il volantino, significa scegliere di “invisibilizzare la violenza sessuale e la relega anzi a materiale da tribunale, argomento non pertinente e al di fuori dei temi di competenza consoni a uno dei più prestigiosi festival del cinema europei. Ignorando così il problema, la Biennale contribuisce a legittimare e alimentare la cultura dello stupro, ovvero un clima in cui la violenza sulle donne e di genere viene normalizzata minimizzata e incoraggiata dal suo continuo ripetersi. Se le violenze non vengono mai reputate abbastanza gravi o abbastanza credibili, e se chi le perpetra continua a non esserne mai ritenuto responsabile, le cose non potranno mai cambiare”.

E se la Biennale “sceglie di non interessarsi alla questione, ma noi sappiamo che lo spazio per parlare di violenza di genere è ovunque, perché ovunque accade e continua a propagarsi. Denunciamo oggi la condotta di luoghi come la Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia, che dovrebbero veicolare la cultura del consenso, del rispetto e del credere a chi subisce la violenza ma che di fatto scelgono di continuare a legittimare la cultura dello stupro”.

E proprio di consenso ha parlato ieri Woody Allen, che ha anche definito la cancel culture «una sciocchezza». In un’intervista a El Mundo, parlando della vicenda Rubiales (il dirigente sportivo della nazionale femminile spagnola che ha baciato sulle labbra la giocatrice Jenni Hermoso dopo la vittoria) ha detto: «ho subito pensato che non si erano affatto nascosti, non le aveva rubato il bacio in fondo a un vicolo buio. Non era uno stupro, ma solo un semplice bacio a un’amica. Che cosa c’è di male? Sulle prime non è stato detto se la donna avesse cercato di staccarsi dall’abbraccio e dirgli, “Non farlo”. È difficile accettare che qualcuno possa perdere il lavoro ed essere penalizzato in questo modo per aver dato un bacio. Se è stato un gesto improprio o eccessivamente aggressivo, occorre dirgli di non farlo più e di scusarsi. Non è che abbia ammazzato qualcuno. Però lo hanno sospeso dall’incarico e potrebbe essere licenziato».

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