Economia

Friend-shoring: di che si tratta?

Le tensioni tra Usa e Cina spingono gli Stati a ristrutturare le catene di approvvigionamento. La pratica del friend-shoring è la più gettonata ma anche quella che desta più preoccupazioni. Ti spieghiamo qui perché
Credit: ANSA
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14 settembre 2023 Aggiornato alle 12:00

Il mercato globalizzato e interconnesso che conosciamo sta subendo le conseguenze delle tensioni geopolitiche tra le grandi potenze economiche, intenzionate a rimodellare il sistema tramite la creazione di blocchi commerciali separati.

La sfida all’egemonia globale si era già accesa per la “querelle’’ tra Stati Uniti e Cina, ma la guerra in Ucraina non ha fatto che aumentare le distanze tra la Russia e i Paesi occidentali, fino al punto da dover ricercare un nuovo modo di fare mercato.

L’ultimo summit dei Brics, avvenuto a luglio di quest’anno, ha confermato ancora una volta la contrapposizione tra due blocchi: l’annessione di Paesi non allineati o in tensione con l’Occidente (Iran, Arabia Saudita) porta la mente a ricordare l’inizio della Guerra fredda.

Nell’aprile del 2022, di fronte al Consiglio Atlantico, la segretaria del Tesoro Usa, Janet Yellen, inaspriva i rapporti con la Cina dichiarando che le catene di approvvigionamento di materie prime (in particolare di semiconduttori e di materiali per le batterie delle auto elettriche) avrebbero dovuto favorire i Paesi alleati per evitare “leve geopolitiche indesiderate’’.

Parole che non passarono in sordina: se nel 2018 i due terzi delle importazioni statunitensi provenivano dalla Cina e altri Paesi asiatici, nel 2022 esse sono state poco più della metà (e anche il Messico ha diminuito i rapporti commerciali con Pechino).

Si è entrati così in una fase di politicizzazione del mercato in cui si mira alla creazione di aree di scambio selettive e regionali con lo scopo di supportare e privilegiare i canali con Paesi ritenuti alleati sotto un punto di vista politico, economico e culturale.

Questa nuova tendenza prende il nome di friend-shoring, vale a dire un nuovo tentativo di delocalizzare la produzione (processo inverso al reshoring) per sviluppare i rapporti con gli alleati, diversificare l’approvvigionamento e aumentare le distanze con altri Stati.

Nonostante questo progetto, le cose sembrano apparentemente non mutare.

L’America ha un livello di importazione inferiore rispetto a qualche anno fa dalla Cina, ma i Paesi alleati continuano a mantenere i rapporti con Pechino.

Il Messico ha raddoppiato le importazioni di componenti per automobili dalla Cina negli ultimi cinque anni. L’Unione europea viene fornita abbondantemente di 14 delle 27 materie prime considerate di fondamentale importanza.

Dai dati forniti dal Fmi emergono delle preoccupazioni per il friend-shoring: i danni al Pil di America ed Europa potrebbe oscillare dallo 0,1 all’1% a causa degli elevati costi, fino ad arrivare al 4,7% per quegli Stati divisi tra Occidente e blocco cinese. La Bce, addirittura, stima una diminuzione del 5,3% sulla spesa nazionale lorda globale.

Sicuramente preoccupata da questo scenario, la segretaria americana al commercio, Gina Raimondo, durante un viaggio in Cina dal 28 al 30 agosto, ha riferito a LI Qiang, primo ministro cinese, la volontà degli Usa di non recidere i rapporti commerciali con Pechino.

Il friend-shoring è una pratica che desta timori, soprattutto per la crescita delle disuguaglianze e per le problematiche legate a un minore approvvigionamento delle materie prime a livello globale.

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