Diritti

Egitto: il Governo imprigiona i familiari degli attivisti

È accaduto al padre della studentessa Fagr Eladly (Alaa, che vive in Germania ma si era recato in visita al Cairo) e del giornalista Ahmed Jamal Ziyada (Gamal Abdelhamid): sono accusati di diffusione di fake news
Abdel-Fattah Al-Sisi
Abdel-Fattah Al-Sisi Credit: EPA/KHALED ELFIQI
Chiara Manetti
Chiara Manetti giornalista
Tempo di lettura 5 min lettura
4 settembre 2023 Aggiornato alle 20:00

Le famiglie dei dissidenti egiziani sono nel mirino delle autorità, mentre il Paese si prepara alle elezioni del 2024. Lo dimostrano diversi casi che vedono protagonisti parenti di attivisti e giornalisti che negli ultimi anni hanno criticato il regime del presidente egiziano Abdel-Fattah Al-Sisi.

È il 2015: durante una conferenza stampa a Berlino tra Al-Sisi e l’allora cancelliera tedesca Angela Merkel, qualcuno dalla folla grida «assassino», «nazista» e «fascista» al presidente egiziano. Una donna, che con la mano fa il simbolo delle uccisioni di massa dei manifestanti anti-Sisi nel 2013, viene accerchiata da alcune guardie di sicurezza e portata via. Si chiama Fagr Eladly, è una studentessa di medicina che vive a Francoforte sul Meno, è di origini egiziane. Racconterà al quotidiano tedesco der Spiegel di averlo fatto «senza paura» perché si trova in Germania: «Ho saputo che era la prima volta che Sisi affrontava una protesta in diretta, perché in Egitto nessuno può sgridarlo come ho fatto io, altrimenti le conseguenze sarebbero disastrose per chi tenta di fare qualcosa di simile in Egitto».

Da quel momento utilizza i suoi social media, dalla Germania, per attirare l’attenzione sulle violazioni dei diritti umani in Egitto. Ora ha iniziato a subire le conseguenze di quella protesta: il 18 agosto 2023 il padre, Alaa Eladly, è stato arrestato al suo arrivo al Cairo, mentre si stava recando a fare visita alla famiglia. È l’unico tra loro a non avere un passaporto tedesco, ma vive in Germania da oltre 30 anni. Le accuse? “Diffusione di notizie false”, un’accusa standard tra i prigionieri politici. Fagr Eladly è convinta che l’abbiano arrestato per fare pressione su di lei.

Su Twitter la donna racconta di aver iniziato uno sciopero della fame insieme a suo fratello, la settimana scorsa, quando è tornata al Cairo: “Quarto giorno del nostro sciopero della fame: molta presenza di polizia davanti all’ambasciata tedesca e un poliziotto egiziano ci ha chiesto di lasciare il posto in modo educato per motivi di sicurezza”, spiega nel post pubblicato ieri con l’hashtag: #FreeAlaaEladly. La sua protesta potrebbe costarle caro, poiché rischia di essere arrestata a sua volta.

Sul suo profilo Twitter una foto la ritrae accanto a suo padre, la cui detenzione è stata prolungata senza prove di condanna a suo carico. Lei regge dei mazzi di fiori, lui le sta accanto con uno sguardo fiero. “Ci appelliamo alle autorità egiziane e chiediamo il rilascio di nostro padre, che attualmente viene privato della libertà ogni ora”, ha scritto Eladly in una dichiarazione rilasciata ai media. Rivolgendosi alle autorità tedesche ha poi chiesto che le concessioni economiche e finanziarie all’Egitto siano legate allo stato di diritto e al rispetto dei diritti umani, considerando che il Paese è la principale destinazione delle esportazioni di armi tedesche.

La detenzione di Eladly non è un caso isolato. Gli attacchi contro i familiari degli attivisti e dei critici si verificano di frequente sotto Al-Sisi. La piattaforma The New Arab riporta il caso dei genitori di Nosayba Mahmoud, che avrebbero dovuto atterrare a Dallas, in Texas, nel 2018, ma non sono mai arrivati ​​a destinazione. Ahmed Abdelnaby e Raia Abdallah sono stati arrestati dalle autorità egiziane in Egitto senza fornire una motivazione. La madre è stata rilasciata, ma il padre, recluso in una prigione di massima sicurezza probabilmente per la sua partecipazione alle proteste del 2013, è morto “a causa delle condizioni orribili e delle gravi torture da parte delle guardie egiziane”, spiega TNA.

Il 22 agosto le autorità egiziane in borghese hanno arrestato Gamal Abdelhamid Ziada, padre del giornalista freelance residente in Belgio Ahmed Gamal Ziada. Il quotidiano tedesco Deutsche Welle riporta che l’uomo è stato fermato, bendato, ammanettato e interrogato per il lavoro del figlio: secondo Wadih Al-Asmar, presidente della Ong per i diritti umani Euromed Rights, «l’ufficiale ha affermato che il figlio del signor Ziada incitava contro lo Stato e lo ha descritto come un “giornalista in fuga”».

I pubblici ministeri gli hanno mosso le stesse vaghe accuse che sta affrontando Alaa Eladly, nonostante non sia una persona politicamente attiva secondo il figlio: diffusione di informazioni false, uso improprio dei social media e appartenenza a un gruppo vietato. Su Facebook Ahmed ha pubblicato un appello in cui ha chiesto la scarcerazione del padre, il cui arresto sembra una ritorsione per la sua attività giornalistica.

In un rapporto del 2019 sulla tortura nelle detenzioni egiziane, la Ong Human Rights First ha stimato una cifra di circa 65.000 prigionieri politici, ma i dati potrebbero essere più alti. «L’anno scorso solo al Cairo circa 2.500 dissidenti sono stati arrestati e portati davanti alla Procura suprema per la sicurezza dello Stato semplicemente per aver esercitato i loro diritti umani», ha detto a DW Marie Gorgis, ricercatrice egiziana di Amnesty International. Ma le autorità egiziane continuano a negare l’esistenza dei prigionieri politici nel Paese.

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