Diritti

Egitto: la polizia dà la caccia alle persone Lgbtq+ sulle app di incontri

La Bbc rivela che gli agenti sotto copertura le utilizzano per rintracciare e arrestare gli utenti ritenuti responsabili del reato di “dissolutezza”
Credit: Ahmed Gomaa/ Xinhua via ZUMA Wire
Chiara Manetti
Chiara Manetti giornalista
Tempo di lettura 5 min lettura
31 gennaio 2023 Aggiornato alle 20:00

«Hai mai dormito con uomini prima?», chiede l’agente sotto copertura. «Sì», risponde l’utente sull’app di incontri WhosHere.

«Che ne dici di incontrarci?» incalza l’agente. «Ma vivo con mamma e papà». Non molla: «Dai caro, non essere timido, possiamo vederci in pubblico e poi andare a casa mia».

La prova arriva direttamente dai rapporti della polizia: in Egitto gli agenti utilizzano le app di incontri per rintracciare, minacciare, incontrare e poi incriminare le persone Lgbtq.

Nel Paese dell’Africa nord-orientale in cui non esiste una legge esplicita contro l’omosessualità, la comunità arcobaleno viene comunque criminalizzata dalle autorità attraverso un altro reato: quello di “dissolutezza”.

L’omosessualità, infatti, è altamente stigmatizzata in Egitto, e in passato sono state rivolte altre accuse alla polizia riguardo alla “caccia” di persone Lgbtq+ online.

Bbc News ha potuto vedere le prove di come le autorità stiano usando incontri e app social per farlo: il giornalista Ahmed Shihab-Eldin, “cresciuto in Egitto” e “consapevole della pervasiva omofobia che permea ogni parte della sua società”, ha iniziato la sua indagine a partire da diverse segnalazioni ricevute da amici che vivono lì.

“Mi dicono che l’atmosfera è recentemente diventata molto più brutale e le tattiche per rintracciare le persone Lgbtq+ più sofisticate”, scrive Shihab-Eldin.

Le trascrizioni dei rapporti della polizia confermano i racconti: gli agenti si introducono nelle app di incontri per cercare e raccogliere prove contro le persone lgbtq+ che cercano appuntamenti online. E anche creare profili falsi e fotomontaggi per incriminarle.

Per le persone Lgbtq+ in Egitto è estremamente complesso e pericoloso incontrare in pubblico qualcuno con cui hanno un appuntamento: per questo le app sono uno dei metodi più diffusi per farlo. Il solo utilizzo, però, “indipendentemente dalla tua sessualità”, scrive Shihab-Eldin, “può essere motivo di arresto basato sull’incitamento alla dissolutezza o alle leggi sulla moralità pubblica in Egitto”.

E questo non tocca esclusivamente gli egiziani, ma anche persone straniere che vengono poi arrestate e deportate.

Nel 2020 Human Rights Watch, che si occupa della difesa dei diritti umani nel mondo, aveva documentato casi di tortura sotto custodia nei confronti di persone lesbiche, gay, bisessuali e transgender, scovate tramite social network e app di incontri, tra cui Grindr, che si rivolge a persone gay, bisessuali, transgender e queer.

La Ong aveva esaminato i fascicoli giudiziari per 13 casi di persone perseguite ai sensi delle leggi sulla “dissolutezza” e sulla “prostituzione” tra il 2017 e il 2020, scoprendo che le autorità egiziane avevano arbitrariamente arrestato sette uomini, “catturati” su Grindr o su Facebook e WhatsApp, e prelevato casualmente altri cinque uomini per i loro “gesti femminili e gay” e una donna transgender per il suo “aspetto anormale”.

Con il programma Grindr for Equality, che punta a creare un mondo più sicuro e più inclusivo per le persone di tutti gli orientamenti sessuali e identità di genere, Grindr ha classificato i Paesi del mondo in base al rischio che le persone Lgbtq+ devono affrontare.

Su un totale di cinque livelli - al quinto posto si trovano i governi che hanno vietato attivamente l’uso di Grindr, come l’Indonesia e la Turchia, e i Paesi in cui l’app blocca i propri servizi, come la Corea del Nord - l’Egitto si trova al quarto, tra i Paesi che “stanno vivendo emergenze attive e in corso”: per gli utenti che sono in questo Paese è disabilitata la funzione “Mostra distanza”, che consentirebbe loro di vedere quanto sono lontani gli altri utenti.

Secondo la mappa di Ilga - International Lesbian and Gay Association - che classifica i Paesi in base alle leggi sull’orientamento sessuale vigenti, l’Egitto si trova insieme all’Iraq tra quelli che applicano una “criminalizzazione de facto degli atti sessuali omosessuali consensuali tra adulti”.

Nell’ultimo report del World Population Review che valuta i Paesi migliori e peggiori per i diritti Lgbtq+, l’Egitto si trova al secondo posto - su dieci -: gli atti sessuali consensuali tra persone dello stesso sesso sono ritenuti “illegali” secondo l’articolo 9 della legge 10/1961 che “criminalizza la pratica abituale della prostituzione o della dissolutezza”, la “debauchery”, e non è prevista la pena di morte.

Per il Global Acceptance Index, che attribuisce un valore a ogni Paese nel mondo in base al grado di accettazione delle persone Lgbtq+, l’Egitto è a quota 2,48; per l’Equaldex Equality Index, che calcola “lo stato attuale dei diritti, delle leggi e delle libertà Lgbtq+, nonché l’atteggiamento del pubblico nei confronti delle persone lgbtq+”, è a 11; per il Travel Safety Index è a -96. Per fare un confronto: l’Islanda, il Paese con i migliori diritti Lgbtq+, ha rispettivamente questi valori: 9.78, 90, 330. L’Italia 6.94, 65 e 168.

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