Diritti

“Revenge porn” Usa: condannato a pagare 1,2 miliardi di dollari

Una donna ha vinto la causa contro l’ex partner che aveva condiviso online foto intime senza il suo consenso. Riceverà 200 milioni per “l’angoscia mentale passata e futura” e 1 miliardo di “danni punitivi”
Credit: Martino Pietropoli
Costanza Giannelli
Costanza Giannelli giornalista
Tempo di lettura 4 min lettura
18 agosto 2023 Aggiornato alle 08:00

Quanto vale il diritto a non vedere condivise le proprie immagini intime senza consenso? Per D.L. (donna texana che ha vinto la causa contro il proprio ex, accusato di aver inviato immagini private di lei alla sua famiglia, amici e colleghi da falsi account online) 1,2 miliardi di dollari, circa 1,1 miliardi di euro. La cifra è importante, ma non lo è meno il riconoscimento del fatto che l’esperienza vissuta dalla donna a causa delle azioni di Marques Jamal Jackson, l’ex fidanzato, rappresentavano un insieme di abusi psicologici e sessuali.

Jackson è accusato di quello che viene impropriamente definito revenge porn, un termine che indica la condivisione di foto o video sessualmente espliciti senza il consenso della persona ritratta e a cui sarebbe meglio riferirsi come “diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti” o Pnc, Pornografia non consensuale.

Il motivo lo ha spiegato anche uno degli avvocati di D.L., Brad Gilde: le vittime di abusi sessuali, gli avvocati che le rappresentano e le persone che le sostengono temono che “revenge porn” banalizzi le azioni e possa suggerire che le vittime abbiano fatto qualcosa per meritare di vedere la loro privacy violata e, quindi, ricevere una “vendetta”. Il termine, inoltre, spiega il New York Times, “trascura anche situazioni in cui una persona condivide immagini di qualcuno senza consenso per guadagno finanziario, intrattenimento o status sociale invece che a causa di un risentimento personale”.

Durante la rottura, D.L. ha detto al signor Jackson che non voleva più che lui avesse accesso a quello che la causa ha descritto come “materiale visivo intimo” che la donna aveva condiviso con l’ex compagno quando erano una coppia. Jackson, invece, secondo quanto riportato dal Nyt, non solo non ha cancellato le immagini, ma le ha pubblicate su diverse piattaforme e social media, tra cui un sito porno, oltre che in una cartella Dropbox accessibile al pubblico.

Non solo: ha utilizzando il nome e l’indirizzo di D.L. e le immagini del suo viso, rendendola facilmente identificabile e “ha creato falsi profili sui social media e account di posta elettronica per condividere il materiale con la sua famiglia, amici e colleghi, inviando loro un collegamento alla cartella Dropbox. Sulle pagine dei social media in cui aveva pubblicato le immagini, ha taggato gli account del suo datore di lavoro e della sua palestra personale”.

Ma tra le accuse non c’è solo quella di revenge porn: l’uomo, infatti, ha anche molestato l’ex con chiamate e messaggi di testo da numeri mascherati, ha utilizzato il suo conto bancario per pagare l’affitto e ha tentato di accusarla di aver sottoposto una domanda di prestito fraudolenta. In una mail del marzo 2022 aveva scritto: “Passerai il resto della tua vita cercando e fallendo di cancellarti da Internet”.

Ora, dovrà pagare, e caro. 200 milioni per l’angoscia mentale passata e futura e 1 miliardo di danni punitivi. Una cifra che difficilmente potrà essere pagata per intero, ammette l’avvocato Gilde, ma che potrebbe rappresentare un deterrente per gli altri: “la comunicazione della giuria è che la tua missione è rovinare qualcuno emotivamente per il resto della tua vita, quindi dovrai affrontare un giudizio che ti rovinerà finanziariamente per il resto della tua vita. […] È una conferma del desiderio D.L. di far luce su questo problema, di incoraggiare altri a fare lo stesso e anche di incoraggiare gli studi legali a occuparsi di questi casi e a coinvolgere le forze dell’ordine per garantire che questo tipo di attività non si ripeta”.

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