Ambiente

Il diritto dei giovani per un ambiente sano

Una sentenza nel Montana ha dato torto allo Stato, che non ha fatto abbastanza per contrastare il consumo di combustibili fossili. Un precedente giuridico ed esempio di un fenomeno che non si arresterà
Credit: Robin Loznak/ZUMA Press Wire
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17 agosto 2023 Aggiornato alle 06:30

La Costituzione del Montana stabilisce che lo Stato e tutte le persone devono conservare e migliorare un ambiente pulito e sano per le generazioni presenti e future.

Un gruppo di giovani, tra i due e i 18 anni, nel 2020 ha fatto causa allo Stato per non aver garantito questo loro diritto costituzionale approvando senza adeguate analisi una serie di progetti di estrazione, raffinazione e utilizzo di fonti fossili di energia - carbone, gas e petrolio - che causano inquinamento ed emissioni di CO2.

Adesso quei ragazzi hanno tra i cinque e i 22 anni. E hanno vinto la causa.

Un tribunale del Montana ha analizzato il comportamento delle autorità preposte alla protezione dell’ambiente dello Stato e del governatore Greg Gianforte, ha sentito scienziati di grande importanza compreso Steven Running, dell’Università del Montana, premiato con il Nobel insieme ai colleghi del Intergovernmental Panel on Climate Change (Ipcc), e Cathy Whitlock, Università del Montana, coautrice di un piano energetico e ambientale per il Montana, ha raccolto testimonianze che dimostrano come i combustibili fossili estratti e usati in Montana hanno già causato danni ingentissimi al territorio alimentando tra l’altro fenomeni climatici estremi e hanno già danneggiato in particolare la salute di molti giovani, alcuni dei quali hanno partecipato a lanciare la causa contro lo Stato del Montana.

La sentenza ricorda che il Montana è uno dei cinque Stati che emettono più CO2 procapite negli Stati Uniti e che le emissioni sono aumentate significativamente da quando, nel 1972, è stata approvata la Costituzione dello Stato e i progetti di estrazione e lavorazione di combustibili fossili sono aumentati ancora in questi ultimi anni. Il tribunale ha trovato anche che la policy dello Stato del Montana contrasta la ricerca, l’applicazione e lo sviluppo di alternative ai combustibili fossili. Per tutte queste ragioni, la giudice della corte distrettuale Kathy Seeley ha deciso a favore dei giovani e ha dato torto allo Stato del Montana.

Molti osservatori dicono che questo è un precedente importante e che altre cause analoghe seguiranno. I difensori dello Stato del Montana negano che questa sentenza possa avere un seguito, dichiarano che faranno appello e che sono convinti di poter rovesciare il verdetto.

Il caso è particolarmente importante per la forma strutturata e informata della sentenza, per le caratteristiche dei giovani accusatori, per i danni alla loro salute che hanno potuto collegare alle politiche favorevoli all’industria dei combustibili fossili mantenute dallo Stato del Montana. Ed è un esempio di quello che potrebbe succedere in altri Stati nei quali la costituzione garantisce il diritto dei giovani a un ambiente sano.

Non ci sono dubbi sul fatto che gli scienziati sono in larghissima maggioranza convinti che la temperatura sul Pianeta stia salendo, che questo sia collegato alla quantità di gas serra che si trova nell’atmosfera e che questa quantità sia aumentata dal 1850 in poi in gran parte a causa della combustione di fonti fossili di energia.

Ed è anche chiaro che i giovani sono i più penalizzati dal continuo aumento delle emissioni di CO2 che prosegue anche in questi anni nonostante gli impegni degli Stati di tutto il mondo orientati a intervenire per ridurre le emissioni. Il modello di sviluppo che sta andando avanti, per molte ragioni, alimenta l’emergenza climatica, peggiora la biodiversità e aumenta l’inquinamento.

In tutto il mondo si moltiplicano le cause contro le aziende che emettono CO2 e gli Stati che non fanno abbastanza per salvaguardare l’ambiente.

Le cause per disastro climatico e per danneggiamento dell’ambiente sono in aumento. Il programma ambientale delle Nazioni Unite (Unep) ha pubblicato un rapporto che mostra come questo fenomeno stia crescendo in tutto il mondo: The Global Climate Litigation Report 2023 mostra che a dicembre 2022 le cause erano 2.180. Erano 884 nel 2017, 1.550 nel 2020.

I giovani, le comunità locali, i popoli indigeni sono tra i più importanti protagonisti di questa tendenza. Alcune grandi compagnie petrolifere sono spesso tra i principali accusati. Il greenwashing non sembra funzionare per ridurre il fenomeno.

Organizzazioni non governative fanno da supporto delle iniziative. L’Onu ha da tempo stabilito che il cambiamento climatico ha implicazioni negative sulla salvaguardia dei diritti umani. Unep ritiene che le cause aumenteranno di numero e peso nel futuro.

Anche la Costituzione italiana difende i giovani da questi danni. All’articolo 9 stabilisce: «La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica. Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione. Tutela l’ambiente, la biodiversità e gli ecosistemi, anche nell’interesse delle future generazioni. La legge dello Stato disciplina i modi e le forme di tutela degli animali».

L’interesse delle future generazioni è citato in modo esplicito. L’accostamento con lo sviluppo della cultura e della ricerca scientifica non lasciano spazio al dubbio che le scoperte dei ricercatori debbano far parte integrante delle policy a favore dell’ambiente, della biodiversità e dei giovani. Soltanto sei cause o azioni legali registrate dall’Unep riguardano l’Italia; 1.522 riguardano gli Stati Uniti; 62 l’Unione europea.

Almeno due delle cause registrate in Italia sono state avviate da giovani, un po’ come è avvenuto in Montana. Altre cause chiedono che lo Stato italiano venga condannato a fare la sua parte per quanto riguarda gli impegni presi a Parigi nel 2015.

Nel 2021, la Corte di Cassazione italiana ha preso una decisione di importanza mondiale, secondo il rapporto Unep, dichiarando che tra i motivi umanitari per le migrazioni ci siano non soltanto le guerre ma anche le cause sociali, climatiche e ambientali.

La causa era stata avviata da un cittadino nigeriano originario del delta del Niger al quale le autorità italiane avevano negato la protezione per motivi umanitari. La Cassazione ha dato ragione al cittadino nigeriano, considerando l’instabilità estrema del delta del Niger dovuta all’indiscriminato sfruttamento delle risorse naturali da parte delle compagnie petrolifere.

Non dovrebbe essere necessario tutto questo per condurre gli umani nella giusta direzione sulla questione climatica. Ma comunque sta avvenendo.

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