Diritti

#DropTheT: chi sono i gay transescludenti?

Associazioni e individui omosessuali e bisessuali che rifiutano il concetto di identità di genere si battono da anni per una comunità #LgbWithoutTheT, che escluda le persone trans e le loro istanze
Attivisti londinesi protestano contro il movimento DropTheT
Attivisti londinesi protestano contro il movimento DropTheT Credit: Asafe Ghalib.
Costanza Giannelli
Costanza Giannelli giornalista
Tempo di lettura 6 min lettura
7 agosto 2023 Aggiornato alle 08:00

Un’immagine con la bandiera trans sullo sfondo e il testo “questa card garantisce agli uomini pervertiti un lasciapassare”. Potrebbe essere il post condiviso da un politico conservatore di estrema destra. Da un fanatico religioso. Da una Terf (trans-exclusionary radical feminist). È difficile immaginare che sia stato postato da qualcuno che si batte per i diritti delle persone omosessuali. Eppure lo è.

Il rapporto tra militanti e attivisti omosessuali e bisessuali e le persone trans non è sempre stato idilliaco. Fin dalla nascita del movimento di liberazione c’è stato chi voleva escludere le persone transgender dalle lotte, nonostante il ruolo incontestabile che moltǝ attivistǝ trans hanno avuto fin dai primi riot che hanno fatto esplodere la scintilla rivoluzionaria. Oltre 50 anni dopo i Moti di Stonewall, potrebbe sembrare che queste divisioni siano state superate e che tutta la comunità sia felicemente raccolta sotto l’acronimo-ombrello Lgbtqai+.

Non è così. Da anni, associazioni, gruppi più o meno organizzati e singoli individui si battono furiosamente per una separazione netta delle istanze, al grido di “Drop the T” per chiedere che la lettera T (e, spesso, anche tutte le altre lettere che compongono l’acronimo, come Q, A, I e +) vengano eliminate e che la comunità sia limitata agli #LgbwithouttheT, ovvero esclusivamente alle persone che hanno un orientamento sessuale caratterizzato dall’attrazione per lo stesso sesso.

Già nel 2015 oltre 1.000 persone avevano firmato una petizione su change.org chiedendo che tutte le principali organizzazioni e i media “eliminino la T” dai loro acronimi, sostenendo che gli obiettivi della comunità transgender sono “in realtà ostili agli obiettivi delle donne e degli uomini gay”.

La petizione, scritta da un avatar anonimo identificato semplicemente come “Drop the T”, riciclava diverse argomentazioni anti-trans spesso avanzate dalle cosiddette Trans-Exclusive Radical Feminists, o Terf; ma a lanciare la raccolta firme era “un gruppo di uomini e donne gay/bisessuali che sono giunti alla conclusione che la comunità transgender deve essere dissociata dalla più ampia comunità LGB”. Questo perché “LGB riguarda l’orientamento sessuale, trans riguarda l’identità di genere”.

Non solo: la petizione riproponeva ricerche errate per suggerire che sostenere i bambini transgender fosse sbagliato e che, invece, si sarebbe dovuto consentire loro di “superarlo” in modo che potessero “crescere per diventare uomini e donne gay ben adattati”.

Oltre alla transfobia, era evidente un sottotetto di razzismo: secondo i promotori, infatti, i contributi della “maggioranza dei gay bianchi” ai Moti di Stonewall e alla nascita del movimento gay sono stati in realtà oscurati, in una “appropriazione e riscrittura della storia e della cultura gay e lesbica” da parte della comunità trans.

4 anni dopo, nell’ottobre del 2019, nel Regno Unito è stata fondata la LGB Alliance, associazione che promuove i diritti delle persone gay, lesbiche e bisessuali in aperta opposizione con i gruppi Lgbtq+. Sul sito, infatti, si legge: “riconosciamo che il sesso è binario, femminile e maschile, e che (per la stragrande maggioranza delle persone) il sesso è determinato al momento del concepimento, osservato alla nascita (o in utero) e registrato. Rifiutiamo la cooptazione di rare differenze mediche nello sviluppo sessuale (DSD/condizioni di intersessualità) al fine di mettere in dubbio la natura binaria del sesso”.

Ma l’associazione britannica (che ha recentemente vinto una causa contro Mermaid, che si occupa di assistenza ai giovani transgender e che contestava la classificazione di LGB alliance come charity) è solo una delle realtà che, soprattutto sul web, non solo contestano l’appartenenza delle persone transgender, non-binary e queer alla comunità, ma rifiutano il concetto di identità di genere e quello di queer.

Un esempio è vicinissimo a noi: Arcilesbica, associazione nata dalla scissione di Arcigay nel 1996, ha assunto toni progressivamente più transescludenti, allineandosi al pensiero delle femministe radicali che rifiutano il concetto di genere e non considerano le donne trans come “vere donne”. Per questo nel marzo 2021, dopo l’ennesimo messaggio transfobico (in occasione della Giornata Internazionale della Donna avevano scritto “Buon 8 marzo a tutte le donne, ma non a quelle trans”) l’Ilga - International Lesbian and Gay Association ha avviato la procedura di espulsione per “dichiarazioni transfobiche”.

Non sono però solo associazioni gay strutturate a promuovere un atteggiamento transescludente: basta una rapida ricerca su Twitter per vedere come gli hashtag #LGBwithoutTheT, #DroptheT, #gaynotqueer e #gayagaistgroomers raccolgono centinaia di migliaia di tweet e come siano numerosissimi i profili gestiti da persone gay, lesbiche o bisessuali nati al solo scopo di contestare il concetto di ideologia di genere e i diritti (quando non la stessa esistenza) delle persone trans.

Come RadGAY, a esempio, che riprende il nome dalle Radfem (femministe radicali) e si presenta come “Gender Atheist”, e nella sua bio si rivolge alle persone Lgb chiedendo loro di “svegliarsi”, perché “Il genere è stronzate, indottrinamento e BUGIE 💰; Nessun bambino nasce in un corpo sbagliato e gli esseri umani non possono cambiare sesso!”.

Per questo, paragona gli attivisti trans a nazisti, comunisti e Isis e condivide e ritwitta post in cui è possibile leggere cose come “Ecco perché #LGBWithoutTheT è così importante. Non sostengo il TQ + perché hanno dimostrato più e più volte che loro e gli uomini e le donne che li sostengono sono tutti psicopatici che vogliono la morte di chiunque non sia d’accordo con loro. I sani di mente devono prendere le distanze da noi stessi ad alta voce e ogni possibilità che abbiamo”.

Oppure: “Gli omosessuali volevano solo essere trattati allo stesso modo dalla legge ed essere lasciati in pace. Non abbiamo cercato di ridefinire cosa significhi essere una donna o un uomo. Non abbiamo preteso conferme. Non abbiamo avviato un culto ideologico. Se non riesci a vedere la differenza, dipende da te”; “Non sei maschio, non sarai mai maschio e sei così patetico. Mi fai pena” [in risposta a un ragazzo trans che diceva che stava vivendo il momento migliore della sua vita].

Ma ci sono anche realtà, come l’associazione Gays against groomers (Gay contro i pedofili), le cui istanze sono ancora più vicine a quelle dei gruppi conservatori che negli Usa si battono contro i diritti Lgbtq+, usando lo spauracchio del gender con la scusa di proteggere i bambini.

“Il motivo per cui gli ideologi di genere radicali stanno respingendo così duramente è perché sanno che perderanno. Hanno censura e intimidazione, ma noi abbiamo una nobile causa per lottare per ciò che è giusto. Non importa chi cerchi di ostacolarci, riusciremo nella nostra missione di porre fine alla sessualizzazione, all’indottrinamento e alla mutilazione dei bambini. Questa è una promessa”. Chi ha scritto questo tweet: un’associazione omosessuale o le Moms for the liberty?

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