Ambiente

Non ci deve più essere spazio per il negazionismo climatico

Giornalisti e opinionisti che sui media affermano che dietro agli eventi del clima sempre più estremi non ci sia la mano dell’uomo non fanno che avvantaggiare la propaganda dello status quo, con conseguenze pericolose
Credit: Giorgio Encinas
Tempo di lettura 4 min lettura
29 luglio 2023 Aggiornato alle 06:30

Oltre al problema dell’inquinamento reale che causa il riscaldamento globale, siamo costretti a fronteggiare l’inquinamento del dibattito mediatico, decisamente più rumoroso.

Queste due problematiche hanno una cosa in comune: la mano dell’uomo. I disastri climatici che stanno avvenendo con sempre più frequenza da Trieste in giù, ci dicono ancora una volta che non ci può essere spazio per chi, anche di fronte all’evidenza, nega che siamo già costretti ad affrontare le conseguenze della crisi più grande del presente e del futuro sul nostro Pianeta.

Oltre allo spazio concesso a veri e propri complottisti, sulle tv e sui giornali trovano posto anche giornalisti che affermano che il caldo c’è sempre stato, personaggi che non negano i cambiamenti climatici ma che rifiutano l’evidenza che siano causati dal fattore umano.

Dare voce a queste tesi serve a portare avanti le posizioni di coloro a cui conviene che non si faccia niente e a fornire alibi a chi sta rimandando la doverosa e necessaria transizione energetica. E nel frattempo le lobby del fossile ringraziano.

Provate a parlare di estremismi ideologici alle famiglie e alle imprese che hanno perso tutto per colpa delle alluvioni, dei nubifragi che assomigliano più ai monsoni, degli incendi sempre più infermabili, della grandine grossa come noci di cocco. Per non parlare del mare sempre più caldo che a sua volta causerà perturbazioni sempre più intense.

Anche la tesi del dover salvaguardare l’economia si smonta davanti alla realtà, poiché i costi dell’inazione saranno sempre maggiori di quelli che occorrono per la transizione energetica in tutte le sue forme. L’unico vero estremismo ideologico è quello di pretendere di continuare a fare finta di niente. L’ordine dei giornalisti dovrebbe intervenire perché dare voce ai negazionisti climatici fingendo che si tratti di garantire la libertà di espressione e di opinione si tratta di mera disinformazione. C’è differenza tra opinioni e false notizie, come affermato più volte anche dal climatologo Luca Mercalli.

Anche dire che cento, duecento o mille anni fa c’erano già stati più di 40 gradi è un tentativo di negare l’esistenza della crisi, dato che il cambiamento climatico non si basa sui singoli episodi giornalieri, che peraltro spesso sono stati riportati anche in modo falso, ma sulla registrazione delle medie dei dati di tutti i fenomeni atmosferici nel corso di più anni. Il problema non riguarda pochi giornalisti bizzarri e controcorrente ma si tratta di un fenomeno che coinvolge molte realtà mediatiche italiane, ben più indietro rispetto al livello culturale degli altri stati europei, nonostante gli effetti della crisi climatica siano più evidenti qui che altrove.

La verità è che non ci può essere un dibattito sano in un Paese in cui chi prova a sollevare la gravità della questione viene accusato di “gretinismo”, “fanatismo o terrorismo del clima”. Quando certi giornalisti non sono più in grado di decifrare e raccontare la realtà del mondo che li circonda, dovrebbero semplicemente rassegnarsi e lasciare il posto ad altri, perché le loro esternazioni avvantaggiano solo la propaganda in favore dello status quo, del mondo a base di carbone, petrolio e gas.

Probabilmente sarà impossibile sanzionare per legge il negazionismo del cambiamento climatico, che non comprende solamente chi crede nelle scie chimiche, ma anche chi parla del riscaldamento globale senza menzionare le cause, i combustibili fossili.

Leggi anche
Informazione
di Redazione 3 min lettura
Libri
di Alessandro Leonardi 3 min lettura