Diritti

Cina: l’estrazione mineraria viola i diritti umani

Per produrre le tecnologie necessarie a sostituire i combustibili fossili servono, per esempio, cobalto, rame, litio, nichel; materiali che le aziende di Pechino (e non solo) ottengono a danno delle popolazioni locali
Credit: business-humanrights.org
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10 luglio 2023 Aggiornato alle 19:00

Cobalto, rame, litio e nichel sono tra i minerali più utilizzati per produrre tecnologie verdi come pannelli solari, turbine eoliche e batterie per veicoli elettrici. La Cina domina il processo di raffinazione di questi materiali, ma il gruppo di ricerca Business & Human Rights Resource Center ha identificato 102 violazioni di diritti umani legate all’estrazione mineraria da parte di Pechino nel mondo.

L’Agenzia internazionale dell’energia stima che nei prossimi 5 anni a livello globale si raggiungerà una produzione di energia rinnovabile superiore a quanta se ne sia prodotta negli ultimi 20. Per raggiungere gli obiettivi internazionali legati al clima, si calcola che dovranno essere estratte, per esempio, 80 milioni di tonnellate di nichel entro il 2040, raddoppiando la produzione annuale portata avanti finora.

Cresce così la domanda di materie prime necessarie a costruire batterie in grado di essere alimentate attraverso fonti di energia rinnovabili. Cina, Canada, Stati Uniti, Australia e Unione europea sono tra i principali attori impegnati a reperire questi minerali di transizione. L’esplorazione dei terreni, l’estrazione e la lavorazione dei minerali vanno però a discapito delle popolazioni che vivono in prossimità delle miniere.

La ricerca del Business & Human Rights Resource Center mostra che nel 2021 e nel 2022, gli interessi minerari cinesi hanno compromesso le comunità presenti in 18 Paesi nel mondo. Violazione dei diritti degli indigeni, condizioni di lavoro non sicure, inquinamento delle acque e distruzione dell’ecosistema sono gli abusi che la Cina potrebbe avere causato in Indonesia, Perù, Repubblica Democratica del Congo, Myanmar e Zimbabwe, dove si concentra la sua attività di estrazione mineraria.

In questi Stati, le popolazioni indigene e le comunità rurali Bipoc emarginate hanno maggiori probabilità di subire violazioni e meno probabilità di beneficiare delle risorse naturali estratte. Anche se gli impegni internazionali in materia di trasparenza e tutela dei diritti umani esistono, solo la metà delle aziende cinesi ha reso pubbliche le proprie policy e meno di 1 società su 5 ha risposto alle accuse quando è stata contattata dal centro di ricerca.

Quando la Cina e altri Paesi acquistano i terreni necessari per l’estrazione, chi li abita viene espropriato. Ma per gli esperti, la corsa globale ai minerali di transizione così come viene condotta minaccia anche di provocare ulteriore scarsità e contaminazione dell’acqua, danni ambientali e conflitti comunitari in Paesi già deboli.

In tutta l’Africa, circa 600 milioni di persone non hanno ancora accesso all’elettricità, specialmente perché la maggior parte degli investimenti in combustibili fossili è diretta alle infrastrutture per l’esportazione piuttosto che alla fornitura di energia alle comunità locali. Alla Cop27, gli attivisti climatici hanno parlato in questo senso di “colonialismo energetico” denunciando lo sfruttamento delle risorse minerarie a danno delle popolazioni messo in atto dalle aziende che intendono guidare il nuovo mercato dell’energia verde.

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