Ambiente

Dall’Ue una direttiva per salvare i suoli del continente

Carichi di azoto, incapaci di assorbire acqua, inquinati e contaminati: il 60% dei suoli europei è oggi considerato malsano. In arrivo una “ricetta” per rigenerarli entro il 2050, ma è priva di un sistema giuridicamente vincolante
Credit: Nathan Cima
Tempo di lettura 4 min lettura
6 luglio 2023 Aggiornato alle 21:00

I suoli d’Europa non sono messi bene. Oltre il 60% è infatti considerato malsano: spesso a causa delle azioni dell’uomo, tra cementificazione e deforestazione, uso di pesticidi ed edificazioni, così come gli effetti della crisi del clima, i nostri suoli contribuiscono sempre meno ad assorbire carbonio e sono meno fertili di prima.

Anche per questo la Ue sta lavorando per proteggerli e di conseguenza aumentare la sicurezza alimentare.

Da poche ore la Commissione europea ha infatti proposto la prima legge sul suolo del continente, necessaria per riparare ad alcuni dei danni causati dall’uomo e dall’agricoltura intensiva e mitigare così il riscaldamento globale. La nuova legge vedrebbe gli Stati membri “monitorare la salute dei suoli, l’uso di fertilizzanti e l’erosione” anche se si ferma prima degli obiettivi a livello nazionale per migliorare la qualità del suolo, fatto che ha suscitato alcune critiche.

L’obiettivo finale della direttiva è comunque quello di avere suoli sani entro il 2050, ma è una sfida ardua perché la nuova legge non ha obiettivi giuridicamente vincolanti.

Eppure, una ricerca pubblicata all’inizio di questa settimana dalla Commissione, ha indicato che modesti miglioramenti ai suoli agricoli in tutto il mondo potrebbero immagazzinare abbastanza carbonio da mantenere il mondo entro 1,5°C dal riscaldamento globale.

Attualmente si stima però che tra il 61% e il 73% dei suoli agricoli europei sia colpito da erosione, perdita di carbonio organico e eccesso di azoto, con una possibile stima di perdita di servizi ecosistemici di 50 miliardi di euro l’anno.

Per ora la proposta europea definisce la salute del suolo come “la condizione fisica, chimica e biologica del suolo che determina la sua capacità di funzionare come sistema vitale e di fornire servizi ecosistemici” e elenca una serie di indicatori che gli stati membri dovranno monitorare riportando i dati all’Agenzia europea dell’ambiente.

Fra questi indicatori si va dalla contaminazione di metalli pesanti e inquinanti sino alla salinizzazione oppure la capacità di trattenere acqua e ovviamente il consumo di suolo.

Gli Stati dovranno valutare le condizioni del proprio suolo e stilare una lista di possibili azioni per rigenerarlo, così come una di cose da evitare per peggiorarne le condizioni.

“Questo consentirà agli agricoltori e agli altri proprietari terrieri di implementare i metodi di trattamento più appropriati e li aiuterà a mantenere e aumentare la fertilità del suolo e la resa, riducendo al minimo il consumo di acqua e nutrienti”, sostiene la Commissione.

Secondo Re Soil Foundation, fondazione promossa dall’Università di Bologna, Coldiretti, Novamont e Politecnico di Torino, quello uscito da Bruxelles è “un testo che rispecchia solo parzialmente gli obiettivi giusti e ambiziosi che la Ue aveva fissato per curare il degrado del suolo, nonostante indubbiamente individui importanti azioni di monitoraggio per tracciare, entro i prossimi 5 anni, un quadro preciso della situazione dei suoli europei”.

Per ora sembra dunque trattarsi di un primo, seppur fragile, passo in direzione del ripristino dei suoli d’Europa. Una direttiva di cui l’Italia ha comunque estremo bisogno dato che, dice un quadro presentato dalla Commissione, il 47% del suolo italiano è insalubre e ogni anno l’erosione riduce la produttività della nostra agricoltura per un costo di 251 milioni di euro, ovvero la perdita maggiore tra i 27 Paesi dell’Unione europea.

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