Economia

La Packaging Valley Emiliana, il regno degli imballaggi

Da Bologna a Reggio Emilia sorge la più grande concentrazione europea di imprese per la produzione di macchinari per il confezionamento di prodotti. Un settore in cui l’Italia è leader, subito dopo la Germania
Credit: SHVETS production
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28 giugno 2023 Aggiornato alle 10:05

Dopo la rivoluzione industriale, con il massiccio utilizzo delle macchine e dell’automazione, e con l’arrivo del boom economico e della crescita degli scambi commerciali transfrontalieri, si è resa sempre più evidente l’esigenza di proteggere la qualità dei prodotti durante le varie tappe della filiera industriale. Proprio a questo scopo si sviluppa il packaging, ossia la capacità di creare involucri e imballaggi di varie misure e formati in grado non solo di custodire e mantenere integre le capacità del bene ma anche di rappresentare uno spazio pubblicitario esteticamente efficace per la riconoscibilità del prodotto stesso.

In una parte di territorio che si estende da Bologna fino a Reggio Emilia è presente oggi la più grande concentrazione europea di industrie attive nella produzione di macchinari per il confezionamento e imballaggio di prodotti. La chiamano Packaging Valley Emiliana (con il chiaro riferimento alla parte meridionale dell’area metropolitana della baia di San Francisco, che rappresenta il centro globale della tecnologia e dell’innovazione) e ospita al suo interno circa 600 imprese, di cui oltre 200 specializzate esclusivamente nel confezionamento automatico, con un volume di affari annuo intorno agli 8 miliardi di euro.

Le ultime stime dell’Unione Costruttori Italiani Macchine Automatiche per il Confezionamento e l’Imballaggio (Ucima) fotografano una situazione particolarmente vantaggiosa per il settore, con una crescita del 22,5% dei fatturati dovuta prevalentemente all’aumento della domanda dall’estero, che nel primo trimestre del 2023 è volata al 16% contro quella interna che è arrivata al 13,5%.

Dati che confortano le centinaia di imprese che compongono un settore in cui l’Italia è leader nel mondo, seconda (di poco) solo ai costruttori tedeschi, e che fa ben sperare Alberto Vacchi, presidente di Ima, multinazionale bolognese che da tempo guida il mercato della progettazione e produzione di macchine automatiche per il confezionamento, secondo cui il futuro potrebbe portare ottime prospettive solo se «attraverso grandi alleanze si arriverà a costruire gruppi industriali capaci di stare con tranquillità sui mercati mondiali».

Un’ottica di espansione oltre i confini della Penisola, alla ricerca di partner commerciali con cui creare rapporti stabili e sinergici, ma che dovrebbe riguardare anche la vita strettamente interna delle singole imprese.

La questione del personale attanaglia gran parte delle imprese italiane, che si confrontano con un mismatch (ossia un disequilibrio tra domanda e offerta di lavoro) dove la richiesta di personale altamente qualificato non riesce a essere assorbita dai nuovi lavoratori, che gli istituti di formazione e le lauree inseriscono nel mercato del lavoro ogni anno. Motivo per cui Ica, impresa leader nella produzione di macchine per imballaggio per generi alimentari e farmaceutici da circa 20 milioni di euro l’anno, ha puntato sulla formazione dei ragazzi direttamente all’interno dell’azienda tramite contratti di apprendistato, nella speranza di assumerli in maniera stabile con stipendi che vanno inizialmente «da 30 ai 50.000 euro all’anno. Ma con i viaggi e le lunghe permanenze all’estero possono arrivare a percepire anche 100.000 euro» spiega l’Amministratore delegato Cesare Rapparini.

Fra le sfide più importanti per il futuro c’è, però, sempre la sostenibilità ambientale, soprattutto dopo l’attenzione dedicata a livello europeo alla riduzione dell’utilizzo di microplastiche e conseguentemente all’introduzione di una Plastic Tax con la finanziaria del 2020 (ma ancora inattuata). Motivo per cui Tetra Pak, colosso degli imballaggi svedese con svariate unità produttive nella Packaging Valley, investe a livello globale “100 milioni di euro l’anno per migliorare il profilo ambientale dei cartoni per bevande e alimenti”, si legge sul sito. L’obiettivo: arrivare al 2025 con la produzione industriale su larga scala della prima confezione asettica con barriera a base carta (una soluzione alternativa ai pack odierni in cui è presente un sottilissimo strato di alluminio che, seppur garantendo la sicurezza alimentare, contribuisce a un terzo delle emissioni di gas serra legate ai materiali di base utilizzati).

Una sfida che coinvolge tutta l’industria che, dall’altro lato del mercato, trova clienti per cui il rispetto per l’ambiente da parte delle industrie diventa sempre di più un fattore determinante per la scelta di cosa mettere nel carrello e cosa lasciare sullo scaffale del negozio.

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