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Usare i social come fossero la statua di Pasquino

L’influencer africana Esther Kazungu compie online una satira politica semplice ma spiazzante, che ricorda almeno in parte la tecnica usata di romani nel 1500
Credit: Instagram.com/@estherKazungu
Tempo di lettura 3 min lettura
8 luglio 2023 Aggiornato alle 06:30

Nella Roma papalina, a partire dal 1500 i cittadini utilizzavano quel che restava della statua di Pasquino, probabilmente di origine greca, per ironizzare sul potente di turno, denunciandone i vizi e le scarse virtù con quella sagacia sorniona che è tipica dei romani.

Messaggi acuti, a volte pungenti, lasciati tramite la statua di notte per mantenere l’anonimato, e spesso repressi, anche con la morte, se l’autore sfortunatamente veniva scoperto.

Nulla a che fare con le buche per la delazione in cui si denunciavano vere o presunte malefatte (ne puoi vedere una a Piazza Dante a Verona), che spesso conducevano a tortura e carcere il malcapitato oggetto della delazione. Quelle buche, precursori dei moderni sistemi di whistleblowing introdotti da normative nazionali ed europee nell’intento di svelare malefatte collettive o individuali delle imprese, che probabilmente Pasquino avrebbe bollato definendole schola cantorum, così come i detenuti dei carceri romani definiscono (o almeno definivano) il delatore, ovvero come colui che “canta”.

Ma tornando a Pasquino, mi sono chiesto come oggi la satira potrebbe funzionare al di fuori dei canali tradizionali (riviste e giornali), visto che pochi sono avvezzi a scrivere biglietti e a metterli su una statua e molti invece sono troppo distratti per vedere quel che gli accade intorno.

E così navigando su internet e leggendo giornali e riviste, mi sono imbattuto nella figura di un’influencer sui generis Esther Kazungu, sudafricana che vive in Kenya e imperversa su Instagram, YouTube e TikTok con circa 300 mila followers complessivi.

Cosa la rende speciale? Esther interpreta i personaggi politici nei loro discorsi: anzi i personaggi reali appaiono in sottofondo ed è la loro voce che si sente, mentre lei semplicemente ne mima il linguaggio e aggiunge dei sottotitoli che migliorano la comprensione, perché a volte si stenta a capire cosa essi dicano, non tanto per l’accento o la lingua, ma per i contenuti.

Esther si limita a richiamare l’attenzione su quanto espresso dai politici, nulla di più e nulla di meno, e con questo piccolo gesto ne esalta le debolezze e i limiti: una satira coinvolgente e illuminante che mette a nudo il re senza essere irriverente

E dall’Africa, torno alla nostra Italia e all’Occidente. Spesso ascoltando i talk show e i tanti politici parlare, mi sono posto questa domanda: ma sono consci di quello che stanno dicendo? Chi li ascolta li sta comprendendo? E se è così, come è possibile che nessuno scoppi a ridere?

Ebbene Esther, con la sua mimica, è una specie di rappresentazione a rallenty, di quelle usate quando si vedono le competizioni sportive, che ti aiuta a cogliere quello che altrimenti ti sarebbe soltanto scivolato addosso: pochezza di idee e linguaggio, debolezze di varia natura e aspetti ridicoli dei dibattiti politici, non diversi da quelli nostrani.

E mentre la guardi scoppi a ridere, seppure poi ti rimanga quell’amaro in bocca che la satira ben fatta sempre lascia.

Il suo è un modo diverso di utilizzare i social, lontano dagli abomini ai quali spesso assistiamo. Un esempio da imitare.

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