Usare i social come fossero la statua di Pasquino

Nella Roma papalina, a partire dal 1500 i cittadini utilizzavano quel che restava della statua di Pasquino, probabilmente di origine greca, per ironizzare sul potente di turno, denunciandone i vizi e le scarse virtù con quella sagacia sorniona che è tipica dei romani.
Messaggi acuti, a volte pungenti, lasciati tramite la statua di notte per mantenere l’anonimato, e spesso repressi, anche con la morte, se l’autore sfortunatamente veniva scoperto.
Nulla a che fare con le buche per la delazione in cui si denunciavano vere o presunte malefatte (ne puoi vedere una a Piazza Dante a Verona), che spesso conducevano a tortura e carcere il malcapitato oggetto della delazione. Quelle buche, precursori dei moderni sistemi di whistleblowing introdotti da normative nazionali ed europee nell’intento di svelare malefatte collettive o individuali delle imprese, che probabilmente Pasquino avrebbe bollato definendole schola cantorum, così come i detenuti dei carceri romani definiscono (o almeno definivano) il delatore, ovvero come colui che “canta”.
Ma tornando a Pasquino, mi sono chiesto come oggi la satira potrebbe funzionare al di fuori dei canali tradizionali (riviste e giornali), visto che pochi sono avvezzi a scrivere biglietti e a metterli su una statua e molti invece sono troppo distratti per vedere quel che gli accade intorno.
E così navigando su internet e leggendo giornali e riviste, mi sono imbattuto nella figura di un’influencer sui generis Esther Kazungu, sudafricana che vive in Kenya e imperversa su Instagram, YouTube e TikTok con circa 300 mila followers complessivi.
Cosa la rende speciale? Esther interpreta i personaggi politici nei loro discorsi: anzi i personaggi reali appaiono in sottofondo ed è la loro voce che si sente, mentre lei semplicemente ne mima il linguaggio e aggiunge dei sottotitoli che migliorano la comprensione, perché a volte si stenta a capire cosa essi dicano, non tanto per l’accento o la lingua, ma per i contenuti.
Esther si limita a richiamare l’attenzione su quanto espresso dai politici, nulla di più e nulla di meno, e con questo piccolo gesto ne esalta le debolezze e i limiti: una satira coinvolgente e illuminante che mette a nudo il re senza essere irriverente
E dall’Africa, torno alla nostra Italia e all’Occidente. Spesso ascoltando i talk show e i tanti politici parlare, mi sono posto questa domanda: ma sono consci di quello che stanno dicendo? Chi li ascolta li sta comprendendo? E se è così, come è possibile che nessuno scoppi a ridere?
Ebbene Esther, con la sua mimica, è una specie di rappresentazione a rallenty, di quelle usate quando si vedono le competizioni sportive, che ti aiuta a cogliere quello che altrimenti ti sarebbe soltanto scivolato addosso: pochezza di idee e linguaggio, debolezze di varia natura e aspetti ridicoli dei dibattiti politici, non diversi da quelli nostrani.
E mentre la guardi scoppi a ridere, seppure poi ti rimanga quell’amaro in bocca che la satira ben fatta sempre lascia.
Il suo è un modo diverso di utilizzare i social, lontano dagli abomini ai quali spesso assistiamo. Un esempio da imitare.
