Culture

Francia: stretta per gli influencer

Chirurgia estetica, farmaci, criptovalute: il parlamento francese verso lo stop alle sponsorizzazioni
Credit: Ivan Samkov
Alessia Ferri
Alessia Ferri giornalista
Tempo di lettura 4 min lettura
1 febbraio 2023 Aggiornato alle 17:00

Scritte adv piccolissime su sfondi tono su tono o frasi del tipo «scusate ho dimenticato di specificare che si trattasse di una sponsorizzazione» sui sociale network potrebbero avere le ore contate. Almeno in Francia, dove sta per essere discussa una legge per regolare il lavoro degli influencer.

Da tempo nel Paese si dibatte di questo tema, a causa di alcuni episodi sgradevoli che hanno avuto come protagonisti proprio volti noti dei social e consapevoli del fatto che le regole nelle piattaforme siano poche e fumose, al punto da permettere la nascita di un vero e proprio far west in cui tutti possono fare più o meno ciò che vogliono, con davvero pochissime limitazioni.

Era solo questione di tempo, dunque, perché qualcuno prendesse seriamente in mano la situazione, soprattutto per quanto riguarda i contenuti sponsorizzati, e a farlo è stato il partito del presidente francese Emmanuel Macron, Renaissance, insieme al partito socialista di opposizione. Le due formazioni politiche hanno infatti annunciato che lavoreranno di comune accordo a una proposta di legge unitaria, in discussione a metà marzo. La Francia, del resto, è stato il primo Paese a dotarsi di una normativa in materia di sfruttamento commerciale dell’immagine dei bambini con meno di 16 anni sulle piattaforme online, per regolamentare il fenomeno dei cosiddetti “baby influencer”, approvata già nel 2020.

Anche se il testo è ancora in fase di stesura e molti dettagli potrebbero cambiare, la legge punta a creare i presupposti legali per un pieno riconoscimento del mestiere di influencer, che essendo fino a oggi inesistente ha permesso a molti di svincolare dalle maglie del fisco, o quanto meno di chiudere contratti di collaborazione ambigui e al limite del lecito e di non dichiarare apertamente le adv. Aspetto quest’ultimo tra i più criticati dagli utenti.

Il ministro dell’Economia francese Bruno Le Maire sembra avere le idee molto chiare e ha già stilato, dopo aver indetto una consultazione popolare, una lista di priorità utili per arginare un settore allo sbando, non solo in Francia. Si andrebbero dall’istituzione di un albo professionale e di una definizione giuridica di influencer, fino a regole che riguardano meno la remunerazione e più i contenuti.

Già, perché un’altra delle questioni al centro di molti dibattiti, anche in Italia, è la deriva verso la quale sembrano tendere molti influencer e content creator.

Ecco quindi che oltralpe si pensa all’obbligo di segnalare le immagini e i video ritoccati, onde evitare di proporre modelli estetici inarrivabili e irreali, pericolosi soprattutto per le giovanissime. Di pari passo va anche l’idea di vietare la promozione di determinati prodotti, anch’essi spesso legati al mercato del beauty o del dimagrimento.

Nel frattempo, già questa settimana il parlamento francese discuterà un legge per impedire agli influencer la sponsorizzazione di interventi di chirurgia estetica, farmaci e investimenti in criptovalute.

Proprio questi ultimi sono particolarmente in voga anche nel nostro Paese, dove leggi specifiche per i social network e chi trae profitto dal loro utilizzo ancora non esistono.

In Italia fiscalmente basta essere in possesso di una partita iva o sotto una certa soglia di guadagno usare la formula della collaborazione occasionale, mentre a livello deontologico ogni cosa o quasi è lasciata alla coscienza dell’influencer o content creator di turno, spesso inesistente.

Non è un caso che si moltiplichino a vista d’occhio account di minorenni che su TikTok e Instagram sostengono di potersi permettere borse griffate, abiti alla moda e in alcuni casi auto lussuose, semplicemente con qualche investimento mirato in bitcoin.

O che non vengano oscurati profili in cui ragazze magrissime con disturbi alimentari mettono in mostra il loro corpo scheletrico. O ancora che a genitori social, dai Ferragnez fino alle persone comuni, venga permesso di buttare la vita dei figli ancora piccolissimi in rete 24 ore su 24 senza che nessuno si interroghi sulle conseguenze di tali comportamenti.

In Francia qualcuno lo ha fatto e anche se è presto per dire se regole più stringenti saranno sufficienti a rendere i social network un terreno meno ambiguo, anche nel nostro Paese potrebbe essere giunto il momento di parlarne.

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