(Brian INganga/AP photo)
Diritti

In Kenya si protesta per il costo della vita schizzato alle stelle

Lanciate dal leader dell’opposizione, Raila Odinga, le manifestazioni si tengono ogni lunedì e giovedì
di Maria Angela Maina
Tempo di lettura 5 min lettura
10 giugno 2023 Aggiornato alle 11:00

Maandamano in swahili significa protesta. Questo termine fa parte delle conversazioni quotidiane in Kenya dal 20 marzo 2023, quando il leader dell’opposizione, Raila Odinga, ha lanciato la sua prima protesta a livello nazionale contro l’alto costo della vita e i presunti brogli nelle elezioni del 2022 e per «un governo legittimo e inclusivo».

La manifestazione è stata sedata dalla polizia, che ha fatto uso di gas lacrimogeni e cannoni ad acqua per respingere i partecipanti che lanciavano sassi nella baraccopoli di Kibera a Nairobi.

Il 21 marzo 2023 Raila ha annunciato che, a causa delle numerose richieste, le proteste si sarebbero tenute ogni lunedì e giovedì. Da qui l’espressione popolare “Maandamano Mondays and Thursdays”, verso la quale le opinioni sono discordanti. Da un lato, alcuni kenioti scherzano sui social media affermando che questi giorni di protesta altro non sono se non giorni festivi o di riposo; all’altro c’è chi teme il peggio e che la situazione sia molto più grave di quanto sembri.

L’articolo 37 della Costituzione del Kenya (2010) recita che “Ogni persona ha il diritto, in modo pacifico e disarmato, di manifestare, fare picchetti e presentare petizioni alle autorità pubbliche”

Nonostante ciò molti vedono questo diritto come un inconveniente, un elemento di disturbo della normalità.

Altri, invece, lo considerano un fattore essenziale per la realizzazione di una società democratica, perché è attraverso le proteste che i cittadini possono condividere le loro opinioni, esprimere dissenso e presentare richieste ai governi e alle istituzioni. Questo aspetto è garantito anche dall’articolo 19 della Costituzione del Kenya, che sancisce che l’obiettivo del riconoscimento dei diritti umani è quello di preservare la dignità degli individui e delle comunità, nonché di promuovere la giustizia sociale.

Inoltre, il diritto di protesta in Kenya può essere soggetto a limitazioni da parte della legge, nella misura in cui ciò sia ragionevole e giustificabile in una società aperta e democratica (articolo 24 della Costituzione).

Pertanto, è ragionevole e giusto che i kenioti esercitino il diritto di protesta.

Prendiamo ora in considerazione gli eventi attuali: la vita in Kenya sta diventando sempre più cara. Sebbene anch’io lo percepisca come individuo parte della classe media, sono consapevole che la situazione sia ancora più insopportabile per coloro che appartengono a classi economicamente più svantaggiate. Questa difficoltà si avverte quando si acquistano prodotti di base per la casa come pane, zucchero e farina di mais. Inoltre, chi deve sostenere i costi del carburante per l’auto, dell’affitto della casa o dell’ufficio subisce sicuramente una pressione ulteriore.

L’agenzia Reuters afferma che l’inflazione in Kenya a febbraio 2023 è salita al 9.0%, trainata in gran parte dai prezzi dei generi alimentari e dei trasporti. Il prezzo di 2 kg di farina di mais, alimento base nel Paese, è passato da 134.79 scellini kenioti nell’aprile 2022 a 179,98 nel febbraio 2023. Ancor più di recente, è stato riferito che il Paese sta esaurendo le riserve di dollari, con un conseguente aggravamento della crisi di valuta estera.

Molti kenioti nell’ultimo mese hanno espresso la propria opinione sulle proteste attraverso gli organi di stampa e i social media. Le diverse correnti di pensiero possono essere raggruppate in tre filoni.

Il primo è quello costituito dagli imprenditori locali che sostengono le proteste, ma che subiscono danni diretti a causa delle violenze che si verificano. Le principali manifestazioni hanno avuto luogo nella grande area di Kibera, nel Central Business District di Nairobi e nelle città di Kisumu, dove ci sono state numerose segnalazioni di attività commerciali vandalizzate o persone ferite durante gli scontri.

I cittadini riferiscono che diversi negozi sono stati chiusi e molte persone sono rimaste a casa per paura di subire danni. Ora che le manifestazioni si terranno ogni lunedì e giovedì, cosa pensate che possa accadere a queste attività commerciali e di conseguenza all’economia?

Aderendo a un’altra corrente di pensiero, alcuni kenioti ritengono che le proteste siano giuste e corrette. Nation TV Kenya rivela che i leader studenteschi e gli studenti stanno partecipando alle manifestazioni contro l’alto costo della vita, dal momento che questo ha influito sul loro accesso all’istruzione. Come affermano loro stessi, non sono più in grado di pagare le tasse scolastiche o di acquistare cibo perché i loro prestiti non sono ancora stati erogati dall’Higher Education Loans Board.

Da ultimo, la terza corrente di pensiero riguarda i kenioti che vedono queste proteste come l’inizio di un effetto domino che causerà ulteriori problemi. Alcuni tweet sostengono che la guerra non si annuncia da sola e che questi tumulti potrebbero innescare eventi simili a quelli verificatisi in Kenya tra il 2007 e il 2008 – anni in cui hanno avuto luogo violenze tribali dopo l’annuncio dei risultati delle elezioni presidenziali, che hanno portato anche a processo 6 kenioti di alto rango innanzi la Corte penale internazionale del 2010 per crimini contro l’umanità.

Le manifestazioni sono state interrotte a causa dell’inizio del Ramadhan, ma Raila Odinga ha promesso che sarebbero riprese presto. Ora, nel mese di giugno 2023, lui stesso ha annunciato che i kenioti sono pronti a riprendere, soprattutto in considerazione delle modifiche fiscali proposte nell’ambito del Finance Bill, 2023 - una serie di leggi finalizzate a espandere la base imponibile in modo da far crescere l’economia e abbassare il costo della vita, con un conseguente aumento complessivo della maggior parte delle imposte.

Un’altra questione controversa che tiene i kenioti con il fiato sospeso.

Come possiamo allora andare avanti e iniziare a ricostruire la nazione in modo che diventi il luogo pacifico e giusto che i nostri fondatori avevano immaginato?

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