Ambiente

Foreste pluviali: come possiamo proteggerle?

In occasione del World Rainforest Day 2023, il Forest Stewardship Council ha condiviso 3 best-practices per la loro tutela, basate su un equilibrio tra conservazione e uso sostenibile delle risorse
Credit: Mariagrazia Bonollo
Costanza Giannelli
Costanza Giannelli giornalista
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22 giugno 2023 Aggiornato alle 11:00

Conservare, ripristinare, rigenerare. Sono queste le 3 parole chiave al centro della Giornata Mondiale delle Foreste Pluviali 2023, che si celebra oggi, come ogni anno dal 22 giugno 2017.

Lanciato dalla Rainforest Partnership, il World Rainforest Day celebra “l’importanza di foreste pluviali sane come risorsa per il clima, la biodiversità, le comunità indigene, promuovendo un movimento globale per proteggerle e ripristinarle”.

Una giornata di sensibilizzazione, ma anche di lotta, per strappare queste terre (che custodiscono il 50% della biodiversità del Pianeta) alla deforestazione feroce che ne minaccia l’esistenza e proteggere le popolazioni indigene che le abitano.

Secondo la Fao, in soli 30 anni, dal 1990 al 2020, sono andati persi 420 milioni di ettari di foresta. Parliamo, per capirci, di una superficie equivalente a quella dell’Unione Europea. La causa principale è l’agricoltura (50%), principalmente legata a colture estensive come olio di palma e soia, seguita dal pascolo del bestiame (40%) e dallo sviluppo urbano e infrastrutturale (6%). Amazzonia, Congo e Sud-est asiatico sono le maggiori aree forestali, in cui questo fenomeno è maggiormente evidente.

Se i danni avvengono in zone lontane, però, le responsabilità sono molto più vicine a noi: dopo la Cina, l’Europa è il maggiore importatore mondiale di deforestazione tropicale, dicono i dati del Wwf relativi al 2021. Carne, soia, olio di palma, pellame, cacao sono i prodotti il cui import pesa di più. Nel 2017, si legge nel report, l’Ue è stata responsabile del 16% della deforestazione associata al commercio internazionale, per un totale di 203.000 ettari e 116 milioni di tonnellate di CO2. E le foreste pluviali, ricorda il Forest Stewardship Council® (Fsc®), la Ong che da 30 anni promuove la gestione forestale responsabile, “non sono immuni a questa pressione e vengono distrutte per fare spazio a coltivazioni e pascoli estensivi”.

Come proteggere le foreste pluviali, quindi? “Uno degli strumenti per fermare la piaga della deforestazione è la gestione attiva delle aree, assieme a programmi di conservazione e ripristino delle aree più degradate - ha spiegato Giuseppe Bonanno, direttore di Fsc Italia - Per quanto riguarda le comunità indigene che in queste foreste vivono e dalle quali traggono i mezzi di sostentamento sono coinvolte attivamente nella gestione e nella protezione dell’ecosistema attraverso quello che viene definito un consenso ‘libero, preventivo e informato’, aiutandoci a conservare oltre 33 milioni di ettari concentrati soprattutto in Brasile, Indonesia, Bacino del Congo e Gabon”.

Combattere la deforestazione grazie alla gestione forestale responsabile, spiega la Ong, è possibile: per dimostrarlo, proprio in occasione della Giornata Mondiale delle Foreste Pluviali, ha condiviso i casi del Guatemala, del Perù e del Gabon, 3 best-practices basate su un equilibrio tra conservazione e uso sostenibile delle risorse.

La Riserva di Biosfera Maya nel nord del Guatemala, nel dipartimento di Petén, ne è un esempio. Qui, 40 anni fa la crescente attività estrattiva dell’industria del legno e degli allevatori di bestiame minacciava la foresta. “Nel 1990 il Governo del Guatemala ha creato la Riserva per proteggere quest’area di oltre 2 milioni gli ettari, prevedendo concessioni forestali comunitarie - spiega Fsc - 9 comunità hanno dimostrato di poter gestire queste risorse, applicando la certificazione Fsc alle pratiche in oltre 350.000 gli ettari di foresta […] Grazie ai sistemi di gestione e pianificazione, attualmente meno dell’1% degli incendi boschivi che si verificano nella zona colpisce le aree presidiate dalle comunità e tra le 15.000 persone che vivono qui i livelli di malnutrizione infantile sono più bassi, i tassi di frequenza scolastica più alti e meno persone migrano verso le città. Anche i valori riguardanti la biodiversità e la conservazione delle specie sono positivi”.

Ma anche la regione orientale di Madre de Dios in Perù è un esempio di come la gestione forestale responsabile possa coesistere con il rispetto delle comunità native e la conservazione della biodiversità, continua Fsc. Qui sono oltre 600.000 gli ettari di foreste certificati secondo gli standard Fsc, circa 220.000 dei quali gestiti da Maderacre. La zona è divisa in 20 aree unità: “l’estrazione di legname, su base annuale, avviene in una singola unità per volta, in cui vengono preventivamente identificati i valori di conservazione - spesso in forma più conservativa rispetto alle normative vigenti - e le variabili forestali di raccolta”. Un monitoraggio costante, riporta Fsc, mostra che in queste zone la biodiversità è sana, come indicano gli indici relativi alla fauna selvatica.

Ultimo, ma non meno significativo, dice Fsc, il caso del Gabon, dove il Governo ha certificato il 100% delle concessioni forestali secondo gli standard Fsc grazie ai fondi della Fondazione Principe Alberto II di Monaco. I fondi sono destinati al progetto Achieving Forests for All Forever in Gabon, per permettere a Fsc di “lavorare con le parti interessate e gli attori governativi per condurre strutturate attività di formazione e comunicazione a supporto degli obiettivi di gestione forestale responsabile”.

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