Ambiente

Che cos’è la biodiversità

Politologa e naturalista, Valeria Barbi ci ha spiegato i segreti e le fragilità della materia vivente che ci circonda. Nel suo nuovo libro (edito da Edizioni Ambiente), ha fatto il punto sui pericoli che stanno compromettendo flora e fauna
Papillons, planche 19, dettaglio.
Papillons, planche 19, dettaglio. Credit: E.A. Seguy. Via: cerclemagazine.com
Riccardo Liguori
Riccardo Liguori giornalista
Tempo di lettura 7 min lettura
13 giugno 2022 Aggiornato alle 13:00

È la varietà degli organismi che abitano il nostro Pianeta (dai grandi mammiferi fino agli insetti e ai batteri) e insieme la biblioteca della vita, perché racchiude informazioni essenziali dal punto di vista genetico.

Ma è anche il pilastro della nostra esistenza. Perché ci fornisce i servizi ecosistemici, garantendoci acqua potabile, cibo e farmaci. Si chiama biodiversità.

«Spesso viene paragonata alla biblioteca di Alessandria perché, proprio come quest’ultima, è andata distrutta a causa della cecità umana», racconta alla Svolta Valeria Barbi, politologa, naturalista e autrice del nuovo libro “Che cos’è la biodiversità” (Edizione Ambiente).

“Se convertissimo in bit le info generiche contenute nei cromosomi di 20 creature selezionate a caso, potremmo riempire circa 400.000 manoscritti. Che è quanti ne conteneva la biblioteca di Alessandria. Se la stima che ci dice che si stanno estinguendo 200 specie al giorno è vera, allora è come se stessimo mandando a fuoco circa 10 biblioteche di Alessandria ogni 24 ore”, scrive Barbi nel suo libro. Un testo che è viaggio in circa 260 pagine tra espedienti narrativi, dati scientifici e racconti di ricerca sul campo.

Il prossimo luglio, partirà per percorrere la Panamericana, la strada che attraversa 15 Paesi, serpeggiando dall’Alaska fino all’Argentina, ma anche la maggior parte degli ecosistemi esistenti al mondo. Popolati da molte tribù indigene.

Il suo progetto è raccontare non solo l’impatto dell’uomo sulla biodiversità ma anche le storie di chi cerca di ricostruire un rapporto con questa imprescindibile ricchezza.

Che responsabilità abbiamo nell’attuale perdita di biodiversità?

Negli ultimi secoli l’essere umano si è convinto di poter rispondere a qualsiasi crisi, che autogenerava, grazie al suo genio tecnologico e scientifico. Dunque, per ogni distruzione c’era una risposta che proveniva da una invenzione tutta nostra. Si tratta di un errore che stiamo replicando anche oggi. Basta osservare ciò che sta accadendo agli insetti impollinatori: pensiamo di rimpiazzarli con degli organismi robotici.

Questa visione e questo approccio antropocentrico ci ha portato a pensare che possiamo distruggere la biodiversità senza avere delle conseguenze. Eppure, gli avvenimenti naturali degli ultimi anni ci dimostrano l’esatto contrario.

Quali sono i principali fattori di perdita della biodiversità?

Sono tutti umani: l’inquinamento, i cambiamenti climatici di origine antropica, il cambio dell’uso del suolo – problema collegato anche alla deforestazione – e la diffusione di specie aliene. Tanto per fare qualche esempio.

Nonostante un nuovo interesse, anche e soprattutto da parte delle giovani generazioni, sui temi ambientali, la biodiversità è sempre più minacciata. Non lo trovi un paradosso?

Purtroppo, sì. Ed è così anche perché parliamo moltissimo di crisi climatica, concentrando la nostra attenzione e i nostri sforzi per contrastarla, ma non ci occupiamo di quella della biodiversità, nonostante i due problemi siano strettamente legati.

Infatti, la biodiversità dipende dal clima e viceversa. D’altra parte, senza la biodiversità avremmo già abbondantemente superato, già da molti anni, il limite del riscaldamento globale a +1,5°, stabilito dall’Accordo di Parigi.

In che modo possiamo diventare la soluzione a un problema che proprio noi abbiamo scatenato?

Nel libro propongo un vademecum per tutelare la biodiversità: dal controllo di certificazione, quando scegliamo di acquistare determinati prodotti – non solo alimentari – per monitorarne la filiera e la sua sostenibilità, fino all’aiuto che possiamo fornire agli impollinatori e alla programmazione delle città, che tenga in considerazione la vita selvatica dei nuclei urbani.

Spesso pensiamo di essere da soli in questo mondo di cemento e asfalto che ci siamo costruiti. In realtà la vita selvatica è molto presente ed è fondamentale che i cittadini sappiano di poter chiedere alle amministrazioni dei corridoi ecologici e, insieme, più alberi, fondamentali anche per mitigare l’effetto isola di calore.

Poi il supporto agli agricoltori locali, il risparmio idrico ed essere consapevoli del ruolo chiave di settori come il turismo.

Quando ci rechiamo in determinate località dobbiamo fare attenzione e capire se quei luoghi sono rispettosi delle specie selvatiche. Per questo, dovremmo preferire le riserve della biosfera anziché un villaggio turistico, che è conseguenza di una deforestazione.

E, ancora, supportare le comunità locali, facendo loro capire l’importanza di tutelare la biodiversità e i loro luoghi. E poi, ovviamente, un’informazione corretta, che può facilitare le persone a creare un rapporto empatico con la natura. Se impariamo a osservare la meraviglia del mondo che ci circonda, ci verrà molto più difficile distruggerlo.

Nel libro hai scelto, da una parte, di scomodare la scienza e, dall’altra, di avvalerti delle tue esperienze sul campo. Fino ad arrivare a specifici espedienti narrativi.

La mia idea era di scrivere un libro che potesse essere letto da chiunque. Da qui, la volontà di raccontare delle storie che arrivano dalla mia diretta esperienza in alcuni dei luoghi più iconici del Pianeta. Non a caso, il testo inizia con il racconto di quello che ho provato quando ho esplorato il delta dell’Okavango. Dal volo nel bimotore sopra al delta fino alla navigazione in mokoro (una bassa canoa tradizionale) ho osservato e constatato come in quell’ecosistema sia tutto tremendamente connesso. Ma ho affrontato anche storie più antiche, come quello della falena che ha cambiato colore, come adattamento in conseguenza dell’inquinamento durante la rivoluzione industriale in Inghilterra.

Hai anche parlato di Shakespeare.

Ho voluto riferirmi a quel periodo della sua vita di cui non si sa nulla – non a caso è chiamato “gli anni bui di Shakespeare” -, inventandomi e raccontando una storia per cui l’autore sarebbe stato catturato dal cerchio delle fate, che altro non è che una struttura formata dalle ife dei funghi. Con questo espediente, ho potuto raccontare il ruolo cruciale che questi organismi hanno per la vita sul Pianeta.

Hai voluto focalizzarti nei valori che la biodiversità custodisce, parlando di protezione, conservazione e protezione.

La conservazione in situ ed ex situ è fondamentale, così come la rigenerazione della biodiversità e l’istituzione di sempre nuove aree protette. Basti pensare che, secondo il percorso negoziale, dovremmo proteggere il 30% delle terre e dei mari del Pianeta entro il 2030: questa è la percentuale considerata fondamentale per una biosfera in salute. Tuttavia, Edward Wilson, il padre della definizione moderna di biodiversità, si è a lungo battuto per far capire ai decisori politici l’importanza di proteggerne addirittura il 50%.

E la protezione avviene attraverso proprio grazie alla creazione di un’area protetta e, soprattutto, attraverso specifiche normative.

È corretto dire che la tutela della biodiversità trova nelle aree protette la sua più compiuta rappresentazione?

Sì, ma con una precisione. Quando si parla di conservazione è opportuno ricordare che in alcuni Paesi non può essere una teoria né una pratica calata dall’alto né di stampo occidentale.

Questo è uno degli errori commessi in molti Paesi poco industrializzati dell’Africa o dell’America Latina, per esempio. La conservazione e l’ideazione di un’area protetta condotte in questo modo non funzionano.

È, invece, fondamentale operare a stretto contatto con le comunità locali, coinvolgendole in tutto il processo fin dalla sua fase iniziale. Altrimenti non crei educazione né conoscenza.

Quanto è forte il legame tra biodiversità ed economia?

La biodiversità è fondamentale anche per l’economia umana. Abbiamo basato tutta la nostra storia sul concetto di economia, ma con una serie di contraddizioni. Per esempio, 15 miliardi di euro della produzione agricola annuale europea dipendono dall’impollinazione entomologa, eppure stiamo continuando a compromettere la sopravvivenza di questi animali.

In ogni caso, e non mi stancherò mai di ribadirlo, la biodiversità non va protetta solo perché ha un valore economico. La biodiversità ha un valore intrinseco: è precondizione della nostra stessa vita.

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