Ambiente

Biodiversità: come proteggere la superficie terrestre da noi stessi

Un milione di piante è a rischio estinzione: il nostro frigorifero è il primo specchio delle scelte che facciamo tutti i giorni. Ma anche le nostre letture
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14 gennaio 2022 Aggiornato alle 08:00

Il 2022 dovrà essere un anno di grande impegno civico sul tema della biodiversità. Questo termine, coniato nel 1988 dall’entomologo Edward O. Wilson, sta a significare la ricchezza della vita della terra: i milioni di piante, animali e microrganismi, i geni che essi contengono, i complessi ecosistemi che essi costituiscono nella biosfera.

Nello specifico si sottolinea la varietà e peculiarità di questa moltitudine di specie, che variano in ogni ambiente e area geografica.

Ognuna di queste specie è un tesoro e svolge una funzione, molto spesso necessaria per l’uomo. Come l’elettricità, i mezzi di trasporto, i detersivi, internet, le piante e gli animali ci offrono servizi fondamentali sia per la sopravvivenza che per il godimento della vita.

Dalle funzioni basilari come l’impollinazione e la fertilizzazione dei suoli, la produzione di ossigeno o la depurazione dell’acqua a servizi speciali come la miriade di medicine (lo sapete che la produzione dell’eparina, un anticoagulante, deriva da una molecola delle sanguisughe?) oppure superfici autopulenti ispirate dal loto, fino ai piaceri inebrianti delle sostanze psicotrope o dell’alcool? Moltissime scoperte, specie in campo medico e dei materiali, sono legate a singole specie viventi. Quando queste vanno estinte perdiamo un patrimonio di conoscenza. Secondo l’IPBES, un panel scientifico stabilito dai governi membri dell’ONU, circa 1 milione di specie di piante e animali sarebbero a rischio estinzione.

Leggendo queste cifre con un occhio egoista significa cure per il cancro, soluzioni per la demenza senile, materiali innovativi, nuove proteine sconosciute perse per sempre. Significa minore capacità di assorbire i problemi causati dall’uomo, dall’inquinamento al cambiamento climatico.

Sempre secondo l’IPBES, solo il 15% delle terre emerse e il 7,5% degli oceani è protetto. Mentre il 77% delle superfici emerse – esclusa l’Antartide – e l′87% degli oceani sono stati modificati dalle attività umane. Non abbiamo sufficienti santuari per la tutela di piante e animali. E quelli esistenti spesso non sono sufficientemente monitorati.

I principali colpevoli sono l’agricoltura e il consumo di suolo. O meglio un’agricoltura sbagliata, dannosa, poco salubre (la qualità nutritiva degli alimenti della tecnoagricoltura è spesso ridotta rispetto a un’agricoltura biologica e rigenerativa). Disboschiamo, cementifichiamo, devastiamo in ogni angolo del pianeta.

Eppure la questione biodiversità oggi rimane in sordina, nonostante sia strettamente correlato con la crisi climatica.

Questa estate si terrà un importantissimo summit ONU in Cina, a Kunming della Convenzione sulla Biodiversità che dovrà creare un piano per la tutela della biodiversità al 2030. L’importanza è pari a quella dell’Accordo di Parigi sul clima. Può essere uno spartiacque.

Tra gli obiettivi proteggere almeno il 30% della superficie terrestre (l’ideale sarebbe il 50%), ripristinare una buona fetta delle aree degradate, rilanciare le nature based solutions, ovvero soluzioni naturali a problemi umani. Come piantare alberi per ridurre emissioni, inquinamento e rendere più resilienti i territori. Oppure usare la fitodepurazione per fiumi e laghi favorendo le aree umide.

La prima parte del negoziato si è tenuta online questo autunno, ma poche testate ne hanno parlato. Con La Svolta seguiremo da vicino l’appuntamento in Cina per raccontarvi cosa sarà deciso. I pregressi però non sono di buon auspicio. Nessuno degli Aichi Target - 20 obiettivi per tutelare la biodiversità, che annoveravano goal da raggiungere entro il 2020 come dimezzare il tasso di estinzione delle specie o la riduzione dell’inquinamento da fertilizzanti - è mai stato raggiunto.

Cosa possiamo fare noi come cittadine e cittadini? Innanzitutto leggere e informarci su questa tematica per conoscere le diramazioni (come l’ottimo Strategie della natura di Erwin Thoma). Serve poi grande consapevolezza su quello che consumiamo, preferendo prodotti italiani, biologici, certificati non lavorati. Il nostro frigorifero è la prima linea della sfida per tutelare la biodiversità. Attenzione poi anche al turismo: molte attività sono impattanti, dallo sci all’uso privato della spiaggia, passando per i mega-resort costruiti in aree naturali. Uno stile di vita ecologico, sobrio, ma non necessariamente pauperistico, sono il contributo necessario di ogni cittadino. Anche se la grande responsabilità pertiene allo Stato – serve urgente una legge sul suolo in Italia – e all’industria, specie quella alimentare. Ne va della stabilità economica e politica dell’intero pianeta.