Ambiente

Unione Africana e Singapore insieme per creare 123 città sostenibili

Altrettanti sono i milioni di alloggi e posti di lavoro che la partnership punta a garantire. Un progetto ambizioso da realizzare in 20 anni
Credit: Jay Ee
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16 giugno 2023 Aggiornato alle 06:30

It’s easy as 1, 2, 3 recita un motto di un vettore areo.

Uno, due, tre e via: sono i numeri che si iniziano a contare nei giochi dei bambini quando una gara sta per partire.

123 il numero che indica il progetto dell’Unione Africana e che parte come quella che potrebbe essere una bella storia che eradica dalla povertà e da condizioni abitative miserabili grande parte delle popolazioni africane che vivono negli slums.

Un progetto rilanciato in questi giorni dall’interesse dimostrato dalla Temasek, società d’investimenti controllata dallo Stato di Singapore, di collaborare nella realizzazione del progetto “Africa 123”: 123 città, con 123 milioni di alloggi e 123 milioni di posto di lavoro.

È nota la carenza abitativa che affligge l’Africa, che non si limita ai soli alloggi ma anche a quanto a essi è strumentale: ovvero acqua potabile e fognature, ma anche corrente elettrica e trasporti.

Una carenza tale da avere portato molti a ipotizzare anche l’utilizzo della stampa a 3D per la produzione degli alloggi.

Certo la sfida è notevole, perché le città dovrebbero essere create in tutti gli Stati dell’Unione Africana (ne conta 55, perché include anche il Sahara Occidentale, non riconosciuto come stato dall’Onu): il numero degli alloggi è poi impressionante perché si tratterebbe di un milione di alloggi per ogni città e la creazione di ben un milione di posti di lavoro per ciascuna città (un lavoratore almeno per ogni alloggio).

Se portato a termine il piano dovrebbe dare un tetto a circa 600/700 milioni di persone: contando che in media una donna africana ha 4 o 5 figli e senza volere considerare gli uomini.

Una media di figli che negli anni sta scendendo (solo 60 anni fa i figli erano 7) grazie a istruzione, educazione sessuale e contraccettivi.

Resta comunque un dato di fatto che negli anni ’60 la popolazione africana ammontava a circa 285 milioni di persone, mentre oggi ne conta circa 1,4 miliardi con un’esigenza di alloggi che è facile da comprendere.

Si tratta quindi di un piano ambizioso e con obiettivi ambiziosi perché parliamo di creazioni di città che dovrebbero avere dai 6 ai 7 milioni di abitanti, costruite secondo criteri di sostenibilità, quando in occidente tendiamo a un nuovo urbanesimo con l’abbandono dei grandi centri urbani.

Un piano, ambizioso, ma non impossibile visto che l’arco temporale in cui realizzarlo è di 20 anni e considerata la potenziale collaborazione del fondo sovrano di Singapore annunciata alcuni giorni fa: ovvero la città stato che è riuscita - più o meno bene - a coniugare uno sviluppo urbanistico vertiginoso con la tutela dell’ambiente.

Forti comunque sono le criticità: perché se è vero che l’Africa ha bisogno di alloggi sani ed edificati secondo criteri urbanistici rispettosi dell’uomo e dell’ambiente e che le classi povere non possono essere condannate a vivere negli slums, il rischio di 123 colate di cemento è forte e nessuno può essere certo che esse saranno eseguite in maniera efficiente e razionale, considerato che non tutti gli stati africani brillano per efficienza burocratica e trasparenza nell’azione governativa.

Da boomer italiano, sono cresciuto sentendo i nostri politici parlare sempre di emergenza abitativa ed è proprio invocando l’emergenza abitativa che sono stati sanati gli abusi e abbiamo devastato il territorio con le conseguenze che conosciamo a ogni acquazzone senza dovere scomodare il cambiamento climatico.

L’Africa saprà fare meglio? C’è da augurarselo nell’interesse di tutti: africani e non, per il bene dell’umanità e del Pianeta

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