Ambiente

Veja: le sneakers green che fanno impazzire il mondo

Il marchio franco brasiliano punta tutto su materie prime ecologiche. Una carta vincente che nel 2022 è valsa un fatturato di oltre 260 milioni di euro
Credit: Veja
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11 giugno 2023 Aggiornato alle 20:00

Un connubio di moda e sostenibilità: è questa la formula di Veja, il brand di scarpe da ginnastica franco brasiliano diventato una case-history del settore, che nel 2022 ha venduto oltre 4 milioni di pezzi, dato lavoro a 500 dipendenti e fatturato oltre 260 milioni di euro.

Le materie prime sono selezionatissime: 800 tonnellate di caucciù selvatico della foresta amazzonica per le suole, 250 tonnellate di cotone “agroecologico” certificato da IBD-Istituto Biodinamico per le tomaie. Il tutto acquistato da cooperative selezionate che abbracciano metodi agricoli rispettosi dell’ambiente.

Sébastien Kopp e François-Ghislain Morillon sono le due menti, francesi, che hanno dato origine al progetto, partendo da un mix di studi di economia e una grande attenzione verso i temi ecologici e sociali.

Il brand prende vita quasi vent’anni fa, nel 2005, ma le radici hanno iniziato a insidiarsi nel 2022, quando Kopp, 44 anni, dà voce alla sua filosofia nella sua tesi di laurea, intitolata Il ruolo delle grandi imprese nello sviluppo sostenibile. Come spiega lui stesso, «L’idea di fondo era che le multinazionali avrebbero sostituito il ruolo di Stati e governi in questo campo. E che, per cambiare in meglio qualcosa, bisognasse partire proprio da loro».

Dopo un’analisi preliminare di 18 messi, in cui sono stati analizzati 70 progetti di 10 grandi gruppi con produzioni tra Cina, Africa, Sudamerica e India, Kopp ha scoperto, suo malgrado, che la sostenibilità di queste iniziative rimaneva soltanto su carta. «Subito dopo lavorammo per Tristan Leconte, creatore di Alter Eco, la prima marca in commercio equo francese che vendeva caffè, tè e riso. Da solo e dal proprio appartamento che faceva anche da ufficio, Leconte faceva molto di più dei grandi gruppi».

A quel punto, Sébastien e Ghislain, che allora non sapevano nulla di sneaker ma avevano le idee chiare su cosa non andava fatto, partirono per il Brasile, scelto come raccontano loro stessi, per via della disponibilità delle materie prime ecologiche e di un’industria delle calzature che rispetta i diritti dei lavoratori, e iniziarono la loro avventura con Veja.

Nel 2004 nasce il primo prototipo, le Volley, che furono presentate alla fiera Who’s Next di Parigi attirando la curiosità e l’attenzione di grandi nomi come Le Bon Marché, La Rinascente e Colette: «A piacere era la nostra semplicità, anche se non capivano bene il discorso della sostenibilità. In tre giorni abbiamo preso ordini per 3.500 paia su una produzione di 5.000».

Iniziare, però, non è stato semplice. Per avviare l’attività è stato necessario un prestito di 50mila euro, e dopo il rifiuto di 4 banche, la quinta ha spiegato loro la complessità del mercato in cui si volevano inserire: «Ci ha fatto notare che volevamo entrare in un settore ultra competitivo, la moda, lavorando in un Paese rischioso, il Brasile, parlando di fair trade e tessuti green, di cui non fregava niente a nessuno. Il quinto direttore, insomma, ci ha detto “questi soldi non li rivedrò mai più, ma mi piacete”».

La macchina parte, ma per la svolta bisogna aspettare il 2014, quando Veja è sbarcata su piattaforme come Net-a-Porter e Nordstrom: ed ecco che le vendite sono cresciute. Gradualmente però, perché Kopp e Morillon producono sulla base della disponibilità delle materie prime ecologiche, dal cotono al caucciù, dal cuoio al pvc riciclato fino al cuoio vegano, un materiale da loro inventato realizzato con una tela ricoperta di vernice al mais e all’olio di banana per rimpiazzare la plastica.

Dai 34milioni di fatturato del 2018, poi, si è passati agli oltre 97 del 2020: «Gestiamo il denaro come dei nonnetti – spiegano scherzando – non abbiamo magazzino, non pratichiamo sconti né facciamo sponsorizzazioni. Le Veja sono così care da produrre che non possiamo pagare star per l’endorsement. Rimanere fedeli a sé stessi è una disciplina dura!».

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