Economia

Caro affitti universitario: 660 milioni potrebbero non bastare

Mentre il Ministero dell’Università cerca altri fondi per coinvolgere più privati nella realizzazione del piano per l’housing universitario, la crisi abitativa continua a spingere gli studenti ad accamparsi
Una studentessa universitaria in tenda nel cortile dell'università di via Po (Torino) per protestare contro il caro affitti, il 15 maggio 2023
Una studentessa universitaria in tenda nel cortile dell'università di via Po (Torino) per protestare contro il caro affitti, il 15 maggio 2023 Credit: ANSA/TINO ROMANO
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1 giugno 2023 Aggiornato alle 07:00

Qualche settimana fa una studentessa ha deciso di piantare una tenda davanti la sua università, in segno di protesta verso un caro affitti sempre più opprimente che colpisce tutti coloro che decidono di allontanarsi da casa per studiare in altre città. La notizia compare su tutti i giornali e, a poco a poco, sempre più tende cominciano a essere allestite vicino alla sua. A cominciare dal Politecnico di Milano, rapidamente ogni ateneo dei grandi capoluoghi vede al suo ingresso decine e decine di tende colme di studenti italiani o provenienti da altri Paesi europei, uniti in una protesta non violenta contro l’eccessivo costo degli affitti delle residenze universitarie.

Il problema dell’housing universitario esiste da parecchio ma nessuno è mai riuscito davvero a metterci mano. A fare la parte del leone sono le leggi del mercato libero, per cui a un’elevata domanda di alloggi nelle zone (o province) vicine alle università da parte degli studenti fuorisede corrisponde un’offerta ridotta composta (anche) da proprietari che possono piazzare una stanza minuscola a 900 euro mensili e avere la sicurezza che qualcuno comunque la prenderà, data la fortissima scarsità di alternative.

E proprio questa offerta ridotta è l’oggetto principale di uno dei tanti obiettivi nel Piano Nazionale di ripresa e resilienza, che destina ben 960 milioni al rafforzamento dell’housing universitario per fornire 60.000 nuovi alloggi entro il 30 giugno 2026. Un obiettivo che mira a fronteggiare un problema disincentivante per gli studenti universitari ma che, stando alle ultime rilevazioni, si aggira intorno alle 8.500 residenze, solo il 4% della disponibilità pianificata.

Il motivo di questo passo rallentato sarebbe legata alla pianificazione stessa della misura, che prevedeva 7.500 posti entro dicembre 2022 (realizzati con la prima tranche di 300 milioni dagli atenei stessi e enti per l’ospitalità studentesca) e le restanti 52.500 da portare a termine entro il 2026, sfruttando i 660 milioni di euro rimanenti dalla cifra iniziale e coinvolgendo anche gli operatori privati. In che modo? Spingendoli a investire nella costruzione e riconversione di immobili utili a fornire a migliaia di studenti un alloggio dove studiare e vivere a un prezzo giusto.

Tuttavia, se per la prima tranche ogni posto letto aveva un valore medio di 40.000 euro, quelli realizzati con i 660 milioni varrebbero molto meno, circa 12.700 euro ciascuna. Motivo per cui il Ministero dell’Università e della Ricerca, guidato da Anna Maria Bernini, starebbe cercando fondi ulteriori per coinvolgere più privati nella realizzazione del piano, canalizzando risorse extra stimate intorno ai 500 milioni.

Nel frattempo, l’emendamento per sbloccare quei 660 milioni e dare una risposta immediata agli studenti in tenda ha avuto solo qualche giorno di vita, prima di essere ritirato dal Governo per evitare il rischio di inammissibilità per estraneità di materia, in quanto era stato inserito in un decreto relativo alla pubblica amministrazione.

E mentre le opposizioni insorgono e gli studenti di tutta Italia sperano in un ritorno a un equo canone imposto dallo Stato contro la speculazione degli affitti, l’esecutivo nomina un gruppo di lavoro interministeriale per lo studio di un costo medio da applicare a livello territoriale a ogni posto letto (parametrato ai valori di mercato e alla tipologia specifica di immobile) che verrà scontato del 15% rispetto ai prezzi correnti. Un costo calmierato, fissato a monte in via amministrativa, la cui utilità sarà minima se entro i prossimi 3 anni non ci saranno abbastanza alloggi nelle varie città universitarie italiane.

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