Bambini

Gli studenti italiani leggono meglio dei coetanei europei

Uno studio condotto da Iea Pirs ha analizzato le capacità di lettura dei più piccoli ponendo gli italiani al vertice della graduatoria. In aumento però i disturbi specifici dell’apprendimento
Credit: Norma Mortenson
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20 maggio 2023 Aggiornato alle 20:00

Secondo l’ultima indagine Iea Pirls, i bambini italiani sanno nella quasi totalità dei casi leggere correttamente e comprendere il senso di ciò che leggono. Allo stesso tempo però, le diagnosi di dislessia, insieme a quelle di disgrafia e discalculia, nell’ultimo decennio nel nostro Paese sono aumentate e restano sostanziali le difficoltà per molte famiglie nel trovare il supporto didattico adatto per i figli con un disturbo specifico di apprendimento certificato.

Lo studio sulla capacità di lettura, eseguito a campione su bambini e bambine di 9 anni di 43 Paesi nel mondo, ha registrato una media nazionale italiana che supera il punteggio medio di tutti gli altri Paesi a livello globale (500 punti) e quello degli Stati europei coinvolti (527 punti). Con 537 punti sulla scala di lettura, i piccoli italiani di 9 anni guidano la classifica insieme ai coetanei di Danimarca, Norvegia, Repubblica Ceca, Bulgaria, Australia e della regione cinese di Macao. A superarli solo gli studenti delle elementari di Polonia, Finlandia e Svezia.

Ma secondo il report a pesare sulle competenze di lettura in Italia sono ancora differenze socio-economiche e geografiche. Se la pandemia ha ridotto di 11 punti rispetto all’indagine precedente la capacità di leggere e comprendere il testo per tutti i bambini sul territorio nazionale, infatti, quelli appartenenti a famiglie a reddito medio-alto e quelli del nord e centro Italia continuano a saper leggere meglio degli altri.

Le disparità permangono anche se si guarda ai disturbi specifici di apprendimento (Dsa). Nel 2020 le diagnosi certificate nelle scuole italiane sono state 5 volte di più rispetto a quelle del 2010. La dislessia è il disturbo specifico di apprendimento più spesso diagnosticato (40% dei casi) e si manifesta con la difficoltà di decodificare correttamente e rapidamente i segni linguistici, una parte integrante delle abilità cognitive che i lettori utilizzano insieme a un repertorio di abilità linguistiche, strategie metacognitive e conoscenze di base per costruire il significato di ciò che leggono.

Secondo i dati del Ministero dell’Istruzione, il 5% degli studenti italiani ha una certificazione di Dsa, ma le diagnosi sono più diffuse al Nord rispetto al Sud della penisola, dove riguardano meno del 2% degli studenti della scuola primaria. «Ci sono regioni con livelli molto bassi di capacità diagnostica e di individuazione precoce che si situano ancora ben al di sotto della soglia minima di prevalenza prevista. - sottolinea il presidente dell’Associazione Italiana Dislessia - Tale quadro, che purtroppo si conferma negli anni, interessa soprattutto le regioni meridionali».

Alcune famiglie del sud e del nord Italia, inoltre, riferiscono a La Svolta di avere incontrato ostacoli nell’accesso alla diagnosi, spesso per motivi territoriali (i centri diagnostici non erano presenti nella loro città di residenza), ma anche gravi problemi con il corpo insegnante, che non sempre supporta gli alunni con Dsa valorizzando le loro peculiarità, né è predisposto a mettere in pratica le strategie didattiche previste per favorire l’istruzione degli allievi in difficoltà.

Eppure la legge 170 del 2010 tutela il diritto allo studio di bambini e ragazzi con Dsa e stabilisce il diritto a fruire di “appositi provvedimenti dispensativi e compensativi di flessibilità didattica nel corso dei cicli di istruzione e formazione e negli studi universitari”. Tra questi c’è il Piano didattico personalizzato (Pdp), uno strumento di pianificazione obbligatorio che gli insegnanti delle scuole devono condividere con le famiglie per spiegare quali interventi didattici ed educativi intendono portare avanti nei confronti di ciascun alunno con Dsa.

Nonostante queste disposizioni e la maggiore consapevolezza del fenomeno a quasi 13 anni dall’entrata in vigore della legge che ha riconosciuto dislessia, disgrafia e discalculia come disturbi specifici dell’apprendimento, per l’Associazione Italiana Dislessia la sensibilizzazione di tecnici, insegnanti e famiglie resta fondamentale per «raggiungere un livello di inclusione omogeneo e completo e arrivare finalmente a un mondo senza etichette».

Intanto, il numero di studenti con Dsa certificata cresce dalle elementari in poi. Scuole medie e istituti superiori, infatti, presentano più casi rispetto alle primarie: in base alle ultime rilevazioni disponibili, nell’anno scolastico 2020-21 gli studenti certificati sono stati infatti 48,022 alle elementari, 107,389 alle medie e 171,137 alle superiori, in progressivo aumento rispetto al biennio precedente.

Ma le diagnosi crescono anche tra gli universitari. Nel 2021 gli studenti Dsa erano circa 20.000, il 22% in più rispetto all’anno accademico precedente. Tuttavia, la legge italiana non prevede per le università l’obbligo di fornire agli studenti bisognosi strumenti compensativi come computer con sintesi vocale, mappe concettuali e calcolatrice, oltre al tempo in più per le prove scritte, concessi agli studenti con Dsa solo a discrezione del singolo docente.

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