Italia e Ue: come stanno le tecnologie low-carbon?

Riuscirà l’Italia a superare il ritardo tecnologico? Forse. Un dato è certo. Nel processo di transizione energetica il ruolo dell’innovazione è determinante.
La guerra tra Mosca e Kyivb ha impattato profondamente il sistema energetico mondiale e messo in luce una delle criticità dell’Europa: la dipendenza da fonti fossili. Non solo. L’Europa ha dovuto affrontare una seconda sfida: rafforzare la resilienza del suo sistema energetico, messo già a dura prova dalla pandemia.
In questo contesto, entrano in gioco le tecnologie low-carbon, sempre più centrali nel processo di energy transition. E l’Italia non gode di ottima salute. Lo Stivale è indietro rispetto ai maggiori Paesi europei sullo sviluppo delle tecnologie energetiche a basse emissioni di carbonio. Ma, per il futuro, sembra prefigurarsi una svolta positiva.
Mentre in questi anni l’unica ancora di salvezza è stata la specializzazione nel solare termico, oggi si intravedono timidi segnali positivi nella specializzazione dell’auto elettrica, soprattutto veicoli ibridi, e nelle tecnologie per l’accumulo elettrico applicate alla mobilità e nei sistemi di ricarica dei veicoli.
C’è ancora molta strada da fare, però, nello sviluppo delle tecnologie a idrogeno applicate alla mobilità, contrariamente a quanto sta accadendo in Germania e Francia, dove rappresentano un asse importante.
Da circa 20 anni i brevetti nelle tecnologie low-carbon sono cresciuti, ma dal 2015 si è registrata un’impennata importante, segnando +15% e stabilizzandosi al 45% nel quadriennio 2017-2020. Nei diversi comparti si nota una significativa differenza di quota di brevetti: c’è chi sale e c’è chi scende.
Il fotovoltaico, da oltre l’11% raggiunto dopo il 2010, si è quasi dimezzato; il solare termico supera di poco l’1% e l’auto elettrica passa dal 4% al 3%. Curva positiva per eolico che raggiunge il 6%, le tecnologie per l’accumulo elettrico (che rappresentano più di un quarto delle tecnologie ambientali) e sistemi di ricarica dei veicoli elettrici, che hanno raggiunto quasi il 5%.
Nello stesso periodo, la quota cinese sul totale dei brevetti ha superato il 10% (più che raddoppiata rispetto al precedente quadriennio). In continua “retrocessione”, invece, gli Stati Uniti, con una quota poco superiore a quella del Dragone; gli States, inoltre, hanno perso a partire dal 2013-2016 anche la specializzazione detenuta nelle tecnologie a idrogeno.
Rimanendo in area Ue, a Berlino la mobilità elettrica si consolida nell’intero comparto dell’automobile, a differenza della Francia; a Parigi, infatti, il salto di specializzazione nel settore è sostenuto dai veicoli ibridi.
La causa della demarcazione così netta tra i Paesi è da ricercare nel diverso avanzamento di specializzazione nell’ambito delle tecnologie abilitanti (tecnologie per l’accumulo elettrico applicate alla mobilità, sistemi di ricarica dei veicoli elettrici, tecnologie a idrogeno applicate alla mobilità). Solo Germania e Francia coprono a tutto campo quest’area.
Rimanendo in tema di accumulatori, quelli agli ioni di litio, pannelli fotovoltaici e veicoli plug-in sono i prodotti che pesano maggiormente sulle importazioni italiane nel comparto del low-carbon. Il deficit commerciale nel 2022 è aumentato del 14%, sfiorando i 3 miliardi e 700 milioni. Ma veicoli elettrici e generatori eolici portano novità positive.
Nel primo caso, nel 2021 le esportazioni sono salite da 270 milioni a 780 milioni; l’86% dell’export è stato destinato principalmente nell’area euro, con una forte concentrazione in Germania e Francia (rispettivamente il 48% e il 25% circa delle esportazioni Bev - Battery Electric Vehicle). Nel secondo caso si può parlare di un grande balzo delle esportazioni che, insieme a una diminuzione delle importazioni, ha portato per la prima volta il saldo commerciale al pareggio, dopo una stagione di pesanti disavanzi.
