Bambini

Mamme influencer: genitori non sempre così perfetti

Le momfluencer rappresentano, nella maggior parte dei casi, una macchina economica per gli inserzionisti. Ma alcune preferiscono parlare di gender inequality tra le mura domestiche o mostrare la casa disordinata
Credit: Anna shvets
Caterina Tarquini
Caterina Tarquini giornalista
Tempo di lettura 4 min lettura
29 aprile 2023 Aggiornato alle 15:00

La mamma influencer è un prototipo di genitore apparentemente perfetto: ha una casa sempre tirata a lucido, una cucina mai ingombra di piatti e stoviglie, capelli e vestiti in ordine. In genere è una donna né troppo giovane né troppo vecchia, rigorosamente bianca, cisgender, etero e (come è ovvio) ha figli, almeno 2.

Nelle foto e nei video che posta sui vari profili social, i suoi bambini, naturalmente inconsapevoli di essere parte di un ininterrotto flusso pubblicitario, indossano tutine e completini costosi. Prodotti inaccessibili ma che tu, genitore ordinario, potrai acquistare scontati se usi il suo codice.

Oggi, il fenomeno delle cosiddette momfluencer è sempre più diffuso, soprattutto negli Stati Uniti, e rappresenta una insospettabile fonte di guadagno per gli inserzionisti, dal momento che l’ago della bilancia nelle decisioni e nell’economia domestica pende più frequentemente a favore delle donne. Sono proprio le mamme, nella maggior parte dei casi, a scegliere gli articoli più importanti, quelli di grandi dimensioni, per esempio, come passeggini e culle.

Il quotidiano online Vox ha intervistato Sara Petersen, scrittrice madre di 3 figli che ha da poco pubblicato Momfluenced, libro che racconta il fenomeno delle momfluencer e la loro ascesa economica negli ultimi 10 anni.

Le mamme influencer non impattano solo sulle scelte e gli acquisti delle follower, ma veicolano anche un messaggio culturale ben preciso: con gli scatti e i filmati condivisi ogni giorno non fanno altro che riproporre, secondo l’autrice, uno schema sessista e classista, ancora profondamente radicato nell’immaginario americano.

Ma chi è, in fondo, una momfluencer? In sostanza, è una donna che ha monetizzato la sua identità e la sua esperienza di maternità sui social media: in senso lato, chiunque rappresenti e racconti in qualche modo la propria maternità sui social media, indipendentemente dal numero dei follower, che siano 100.000 o 20.

Le prime mamme blogger guadagnavano principalmente grazie ai banner pubblicitari. Un’azienda, con un annuncio “preconfezionato” pagava la madre super digitalizzata perché inserisse l’annuncio sulla propria pagina; nei blog raccontavano la loro personale esperienza e lo facevano prevalentemente attraverso le parole, cercando di sensibilizzare i lettori riguardo temi più disparati legati alla maternità.

Con l’avvento di Instagram, molte di queste mamme blogger hanno cambiato piattaforma e si sono quindi adattate a un nuovo modo di comunicare, incentrato principalmente sull’immagine e sulla promozione di una visione, a tratti, estetizzante e idealizzata della maternità. Il modello di monetizzazione è, a sua volta, basato sui contenuti sponsorizzati per cui una mamma influencer viene pagata per pubblicare un certo numero di stories e di post su un prodotto.

Nel frattempo, poi, le momfluencer sono approdate anche su TikTok che, a differenza di Instagram, sembra dare meno importanza all’immagine e maggiore rilevanza ai contenuti e ai temi trattati. E così ci sono profili che parlano di disuguaglianza di genere all’interno delle mura domestiche o della neutralità morale dei lavori di cura, che non dovrebbero essere di appannaggio esclusivo delle donne. Per non parlare poi di vari trend e veri e propri movimenti promossi dalle mamme sulla piattaforma. Per esempio, la cosiddetta ascesa della casa disordinata su TikTok, la comparsa nei video di stanze “meno curate”: un fenomeno che viene raccontato nella sua newsletter dalla scrittrice Kathryn Jezer-Morton.

Non sarebbe giusto, quindi, bollare tutti i profili di mamme influencer dal momento che proprio i social media rappresentano uno strumento democratico per diffondere una consapevolezza riguardo problemi sociali e un modo relativamente semplice per creare una comunità e supportare reti a cui, altrimenti, potrebbe essere più difficile accedere.

Leggi anche
Dalla copertina di "Lo faccio per me" (Rizzoli) di Stefania Andreoli.
libri
di Caterina Tarquini 4 min lettura
Francesca Fiore e Sarah Malverich, alias Mammedimerda, autrici del libro
madri
di Elisabetta Ambrosi 9 min lettura