Economia

Care famiglie, facciamo due conti

Tra sanità e transizione verde si creano nuove opportunità per le famiglie, ma i costi non diminuiscono, anzi
Credit: Anna Shvets
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8 maggio 2023 Aggiornato alle 07:00

Crisi climatica, guerra in Ucraina, energie rinnovabili sono, ormai, argomenti all’ordine del giorno che ci sembrano distanti anni luce dalla nostra quotidianità, ma è davvero così?

Purtroppo no, e non solo perché i risvolti della siccità e delle catastrofi sono sotto ai nostri occhi, ma anche perché questi eventi apparentemente lontanissimi si riflettono sulle nostre tasche. Un esempio sono le bollette dell’ultimo anno che, secondo SosTariffe, hanno registrato un +142% rispetto al 2021.

La Guerra in Ucraina, volente o nolente, ha aperto il tavolo di discussione sull’approvvigionamento energetico e la ricerca concreta di alternative più sostenibili e l’Unione Europea sta trainando il continente verso un percorso di cambiamento, con l’obiettivo di diventare neutra entro il 2050.

Pochi giorni fa il Parlamento Europeo ha approvato la riforma ETS (Emissions trading system - il sistema europeo di scambio di quote di emissione di gas a effetto serra), che fissa un prezzo da pagare per emissioni di gas ed effetto serra. A questo si aggiunge l’ETS II, attualmente ancora in fase di approvazione del Consiglio Europeo, che potrebbe essere avviato già nel 2027.

L’ETS II vuole avere un impatto ancora maggiore sulla riduzione dell’inquinamento, applicando un costo maggiorato sul traporto e sull’utilizzo dei combustibili fossili. Una normativa che, senza dubbio, disincentiverà notevolmente il ricorso ai combustibili fossili e che la avvicina all’ obiettivo di ridurre le emissioni dei veicoli pesanti del 40% entro il 2030, dal 65% entro il 2035, del 90% entro il 2040.

Grandi passi avanti, al punto che Peter Liese, rappresentante del Partito Popolare Europeo, ha definito le direttive come «la più grande legge di protezione del clima di tutti i tempi».

Era ora, anche se modificare così tanto e così velocemente può essere rischioso. La normativa si appoggia a misure ad hoc per scongiurare la creazione di picchi di prezzo sul mercato. a esempio è previsto un freno di emergenza, che vedrà lo slittamento della manovra al 2028 nel caso in cui i prezzi del gas naturale dovessero superare i 106 megawattora. Inoltre, se il prezzo del gas dovesse superare i 45 euro per tonnellata verranno rilasciati nuovi crediti per far abbassare i prezzi.

Gli effetti di questi rincari si rifletteranno, però, nel settore dei trasporti e nella mobilità dei cittadini, oltre che in un aumento dei prezzi energetici, e quindi delle utenze domestiche.

In questa direzione si muove anche un’altra direttiva europea, quella delle case green, che punta al raggiungimento, entro il 2033, di un efficientamento energetico di tutti gli edifici, disponendo l’ottenimento di almeno la fascia energetica D.

Il problema principale, però, riguarda le famiglie e i costi che, inevitabilmente, si abbatteranno sulle stesse. Il cambiamento energetico potrà essere perseguito esclusivamente da chi può permetterselo, mentre gli altri dovranno fronteggiare prezzi al rialzo e il rischio è che mentre chi già aveva le disponibilità economiche per effettuare un investimento energetico sarà, finalmente, incentivato ad agire, la maggior parte della popolazione rimarrà bloccata con bollette in ulteriore crescita.

In questo contesto il presidente nazionale di Confabitare, Alberto Zanni, evidenzia l’importanza del ruolo dell’amministratore di condominio, che ha il compito di illustrare il rapporto costi – benefici visto che, a fronte di una spesa iniziale significativa, i risparmi in bolletta diventano evidenti. Secondo Enel sarebbe pari a circa 355 euro l’anno, cifra che può raggiungere i 750 euro nel caso di inserimento di un piano di accumulo.

L’Unione, per cercare di contrastare le preoccupazioni crescenti di famiglie e imprese sui costi futuri, ha introdotto il Fondo Sociale per il clima: 86,7 miliardi di euro che saranno resi disponibili a partire dal 2026. L’obiettivo del Fondo dovrebbe essere proprio quello di sostenere e assistere le famiglie in questo percorso di transizione. Sul tavolo rimane aperta anche la discussione sull’energia nucleare, meno costosa e meno inquinante rispetto ai combustibili fossili e che potrebbe rappresentare una soluzione ai vari interessi in gioco.

Anche in tema di sanità è in arrivo una grande svolta per le famiglie italiane: dal 2024 saranno disponibili 400 nuove cure garantite dal Servizio Sanitario Nazionale. Sono, infatti, più di sei anni che si attende l’attuazione dei nuovi Lea (Livelli essenziali di assistenza) che mancavano finora di un decreto definitivo sulle tariffe dell’assistenza specialistica ambulatoriale e protesica.

In realtà, i nuovi Lea prevedono per lo più una riorganizzazione interna e una modifica delle nomenclature utilizzate per prestazioni sanitarie già garantite ai cittadini in maniera gratuita o tramite il pagamento di un ticket. Dal 2024 saranno, dunque, disponibili 2108 prestazioni ambulatoriali, oltre a 1603 dispositivi di protesi e ausili per i pazienti. Per la sua attuazione il governo ha messo a disposizione 400 milioni di euro ai quali, successivamente, potranno esserne aggiunti altri 200 milioni.

Una bella notizia che apre le porte a nuove tipologie di prestazioni o che, quantomeno, dovrebbe renderle più fruibili. Il problema, però, rimane proprio questo: la reale accessibilità alle cure. Il IX Rapporto Rbm – Censis sulla sanità pubblica, privata e intermediata, calcola che siano 19,6 milioni gli Italiani che almeno una volta l’anno pagano per ricevere assistenza sanitaria.

Nel 2019 (e quindi prima della crisi sanitaria da Covid-19) la spesa media di una famiglia era di 1522 euro l’anno. Il 62% degli intervistati da Censis afferma che nell’ultimo anno hanno svolto almeno una prestazioni tramite Servizio Sanitario Nazionale, ma al tempo stesso hanno anche svolto almeno una prestazione sanitaria pagando di tasca propria. Dunque, su 100 persone, 28 si sono rivolte a strutture private a causa di tempi di attesa troppo lunghi: la media, infatti, è di 128 giorni per una visita endocrinologica e 65 giorni per una visita oncologica. Una situazione che si ripete anche con le visite specialistiche: 97 giorni per una mammografia, 75 giorni per una colonscopia e 45 giorni per una gastroscopia.

Abbiamo quindi buone e cattive notizie che operano su più fronti. Tutela ambientale, contrasto alla crisi climatica e sanità rimangono settori centrali sui quali investire per garantire un miglioramento della vita dei cittadini. Attenzione però a non dimenticarci che, questi ultimi, devono riuscire a sostenerne le spese per vederne i frutti.

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