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Che cosa sono le emissioni di CO2?

Tra le cause principali del cambiamento climatico, derivano dall’utilizzo di fonti di energia fossile
Credit: Evgeny Nelmin

Uno degli argomenti su cui più si dibatte in tema di ambiente è quello riguardante le emissioni di anidride carbonica (denominata CO2 dalla formula molecolare della stessa). Un gas prodotto da tantissime azioni quotidiane della nostra vita, in pratica ogni cosa che abbia a che fare con l’utilizzo dell’energia elettrica. Anche per questo, per la facilità con cui si procuce anidride carbonica persino svolgendo i compiti più elementari, agire in modo importane sulla riduzione delle emissioni è tanto complicato quanto dipendente dalla nostra volontà.

Quando l’emissione di anidride carbonica diventa pericolosa?

Le emissioni di CO2 non sarebbero un problema se fossero contenute. Il guaio per la Terra si presenta nel momento in cui l’emissione diventa superiore a quello che le fonti di assorbimento possono reggere o in generale a quanto si riesce a farne uscire dall’atmosfera del pianeta su cui viviamo. Al momento, secondo gli ultimi studi in materia, la concentrazione di CO2 nell’atmosfera ha superato i 400 ppm (parti per milione) e cresce di 2,5 ppm ogni anno. Questo crea il fenomeno conosciuto come effetto serra, uno strato attorno all’atmosfera, invisibile, ma pericoloso per la nostra vita perché trattiene il calore e contribuisce all’innalzamento della temperatura terrestre.

Quando ancora non c’era stata la rivoluzione industriale gli equilibri naturali erano molto più facili da controllare. I livelli di CO2 erano a 270 ppm, ora sono oltre i 400 ormai dal 2020 ed è necessario (spiegano gli esperti) scendere almeno a 350 ppm, anche perché la CO2 rimarrà nell’aria per molto tempo e avrà effetti malevoli per il nostro pianeta ancora per molto tempo. Nel frattempo sarà necessario invertire la rotta e perseguire le politiche (alcune delle quali già in atto) per ridurre l’anidride carbonica.

Emissioni di CO2: gli obiettivi posti dall’Unione Europea

Proprio per questo l’Unione Europea si è data l’obiettivo di ridurre del 55% le emissioni di CO2 entro il 2030. Per arrivare a questo traguardo sono stati stabiliti determinati paletti che il mondo industriale dovrà evitare di superare e sono stati previsti degli investimenti a lungo termine. Intanto sono stati eliminati i permessi di emissione gratis per l’aviazione e gli operatori marini.

I settori di industria ed energia dovranno ridurre le emissioni dal 43%al 61% ed è stato creato un fondo sociale per il clima in cui finiranno i proventi del mercato del carbonio per un totale di 70 miliardi in sette anni, grazie ai quali saranno cofinanziati i regimi di incentivazione dei singoli stati membri per l’acquisto di auto a emissioni zero e per la riqualificazione energetica degli edifici.

Nel mercato automobilistico, uno degli obiettivi è fermare la vendita di veicoli a benzina e diesel entro il 2035. Serviranno in tal senso diversi punti di ricarica e per questo saranno installate colonnine ogni 60 km per l’elettrico e ogni 160 m per l’idrogeno. Altri provvedimenti riguardano la tassazione minima, sempre su benzina e gasolio, che aumenterà mentre diminuiranno quelle per l’elettricità.

Anche grazie ai fondi europei, l’Italia ha alzato dal 33 al 43,7% gli obiettivi di riduzione delle emissioni per agricoltura, trasporti ed edifici. In tutto i Paesi aderenti all’Unione Europea dovranno contribuire entro il 2030 a tagliare le emissioni di CO2 di 310 milioni di tonnellate. Per ridurre il fenomeno le politiche nazionali e internazionali si sono dirette in particolar modo sulla produzione di energia elettrica e sull’impatto degli autoveicoli, in modo da eludere le previsioni secondo cui nel 2050 si arriverà a emissioni pari a 550-630 ppm ogni anno.

Data l’importanza del problema, gli esperti hanno provato a capire quali altri fenomeni causino l’emissione di anidride carbonica, pur in maniera minore. Il rapporto Livestock’s Long Shadow, pubblicato nel 2008 dalle Nazioni Unite, ha per esempio evidenziato nel 2008 come allora gli allevamenti di bestiame avessero emissioni anche maggiori rispetto al settore trasporti, addirittura pari a due terzi delle emissioni agricole di gas serra.

Negli ultimi anni è diventato preponderante all’interno delle nostre vite lo smartphone. Alcune delle case che producono i nuovi telefoni, così come quelle che si occupano della trasmissione del segnale, stanno portando delle attività per ridurre la produzione di CO2 dovuta a un’idea molto “usa e getta” degli smartphone, contro cui l’idea è stata quella di puntare su smartphone ricondizionati che evitano in egual modo anche l’ammassarsi dei rifiuti solidi, portati così a una seconda vita.

Cosa provoca l’aumento eccessivo dell’anidride carbonica?

Parlando di CO2 è importante porre la giusta attenzione anche alla presenza della stessa all’interno degli ambienti chiusi, dove la concentrazione rischia di crescere a livelli molto elevati, soprattutto in presenza di tante persone. Le alte concentrazioni creano infatti problemi quali mal di testa e in generale problematiche relative alle prestazioni decisionali. A confermarlo è stato uno studio portato avanti nel 2013 dagli scienziati del Lawrence Berkeley Laboratory, in California, che hanno evidenziato importanti cali di concentrazione per chi si trova in condizioni di elevata presenza di CO2.

Emissioni CO2, il problema della deforestazione

Oltre alla produzione di CO2, una delle azioni dell’uomo che sta rendendo pericolosa la sempre più dominante presenza di anidride carbonica nell’aria è la deforestazione. Tagliando gli alberi, il cui compito è anche quello di assorbire CO2 per rilasciare l’ossigeno necessario alla nostra vita, riduciamo anche la possibilità che venga ridotta la presenza di questo gas nell’aria. Proprio in virtù delle problematiche legate alla deforestazione, un altro obiettivo delle politiche comunitarie è quello di piantare tre miliardi di alberi entro il 2030.

Emissioni CO2, lo strano caso delle acque minerali

Negli ultimi tempi, paradossalmente, è diventato invece un problema per il mercato delle acque minerali la scarsa produzione di anidride carbonica. Questo perché nonostante nell’atmosfera, come detto, ce ne sia una quantità sproporzionata rispetto a quella che servirebbe, è diventato sempre meno sostenibile economicamente il processo di lavorazione per trattenere il gas e utilizzarlo nelle bibite, come nelle acque frizzanti. Il presidente di Acqua Sant’Anna, Alberto Bertone, ha dichiarato come sia diventata «letteralmente introvabile» la CO2 che ritroviamo nella bevanda più usata per dissetarci.

Un problema che non ha riguardato tutti i produttori, ma solo una parte, quella che si è affidata alle aziende i cui processi per trattenere la CO2 sono affidati alla produzione di ammoniaca e urea. Sono infatti le realtà che utilizzano grandi quantità di gas metano, oggi sempre più costoso per gli effetti della pandemia e della guerra in Ucraina. Aumentando il prezzo del metano, la produzione è drasticamente scesa e alcune realtà hanno dovuto affidarsi alle proprie scorte.

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