Economia

Fondo monetario internazionale: il Pil globale frenerà nel 2023

Quest’anno è prevista una crescita solo del 2,8%, con una leggera risalita (3%) nel 2024: lo scenario peggiore si prospetta per Germania e Regno Unito. In Italia, i ritardi del Pnrr avranno un forte impatto
Credit: Monstera
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13 aprile 2023 Aggiornato alle 09:10

La crescita globale rallenterà nel 2023: questo è quanto emerge dal World Economic Outlook e dal Global Financial Stability Report diffusi dal Fmi (Fondo monetario internazionale).

Secondo i dati e prendendo in considerazione lo scenario base (il più probabile a oggi dominante), il Pil globale nel 2023 crescerà del 2,8% e del 3% nel 2024, raggiungendo il valore più basso dal 1990.

In uno scenario che prevede un peggioramento dei mercati finanziari, la situazione cambia: la crescita si assesterebbe al 2,5% nel 2023 con un peggioramento dello 0,2% nel 2024. In questo caso, le economie che subiranno maggiormente il colpo saranno gli Stati Uniti, l’Eurozona e il Giappone.

Nel terzo e ultimo scenario, quello meno plausibile ma in assoluto il più preoccupante, si tiene in considerazione un’ulteriore stretta monetaria, estremamente significativa, tanto da avere ripercussioni a livello globale. In questo caso, il Pil globale potrebbe non raggiungere il 2%. Gli effetti maggiori si avranno per gli Stati Uniti e la Cina.

Andando nel dettaglio e tenendo conto dello scenario base, le previsioni peggiori per il 2023 si hanno per Germania e Regno Unito: per la prima è previsto un calo dello 0,1% nel 2023, mentre per il 2024 è prevista una crescita dell’1,1%; il Regno Unito, invece, registrerà una contrazione dello 0,3%. L’Eurozona avrà una crescita dello 0,8% nel 2023 e dell’1,4% nel 2024.

Per gli Stati Uniti si prevede una crescita dell’1,6% nel 2023 e dell’1,1% per il 2024. Meglio per la Russia che, dopo la contrazione del 2,1% del 2022, crescerà dello 0,7% nel 2023 e dell’1,3% nel 2024. Ma la crescita maggiore si registrerà per Cina e India, con una crescita per quest’anno rispettivamente del 5,2% e del 5,9, del 4,5% e 6,3% nel 2024.

Ma quali sono i fattori che continuano a frenare la crescita globale? In primis, la stretta monetaria messa in atto dalle banche centrali; come conseguenza, c’è un deterioramento delle condizioni finanziarie globali; infine, la continua frammentazione geopolitica accentuata dall’invasione russa in Ucraina.

Nonostante ciò, il continuo rialzo dei tassi di interesse ha avuto comunque degli effetti positivi sull’inflazione: secondo le stime, calerà al 7% mentre quella core (che non tiene conto di prodotti e beni soggetti a volatilità) scenderà più lentamente. Comunque, non si raggiungerà l’obiettivo dell’inflazione al 2% entro il 2025, ma ci vorrà ancora un po’ di tempo.

E invece come sarà la situazione per l’Italia? In questo caso le stime sono leggermente migliori del previsto, con un aumento del Pil dello 0,9% nel 2023 (registrando comunque un calo significativo rispetto al 2022) e dello 0,8% nel 2024, posizionandosi all’ultimo posto tra i Paesi del G7; è previsto anche un leggero calo del debito pubblico e del deficit.

Uno strumento fondamentale per una crescita duratura e stabile e per la modernizzazione del nostro Paese è, sicuramente, il Pnrr. Ma tutto cambia quando c’è grande difficoltà nel gestire i tempi e i fondi, come sta accadendo oggi. Come è stato monitorato dall’Osservatorio sul Pnrr dell’European House-Ambrosetti, in collaborazione con la Corte dei Conti, il ritardo è molto forte.

Il settore che ne risente di più è quello sanitario; inoltre, la maggior parte dei progetti (65%) è destinata ai Comuni, il 77% dei quali ha meno di 5.000 abitanti, e sicuramente presentano qualche difficoltà in più nella realizzazione e nella gestione, provocando ulteriori rallentamenti.

Tutti questi ritardi accumulati hanno, inevitabilmente, un forte impatto sul Pil italiano: se nel 2021 il Def (Documento di economia e finanza) aveva stimato un impatto del 3,6% nel 2026, secondo il rapporto dell’Osservatorio sul Pnrr dell’European House-Ambrosetti ci sarà una crescita solamente dell’1,9%.

La priorità è, dunque, recuperare i ritardi accumulati ma, al tempo stesso, esiste un’ulteriore preoccupazione: l’inflazione ancora non ha raggiunto il target ideale del 2%, e non lo raggiungerà molto presto. Sono previsti, quindi, altri rialzi dei tassi di interesse, che minacciano fortemente la crescita italiana.

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