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Social media tra didattica e intrattenimento: la tecnologia è la chiave per la scuola del futuro?

Lo spunto arriva dagli Stati Uniti, dove un professore ha sfidato i propri studenti a colpi di like e views su TikTok. Il premio in palio? Nessun esame da sostenere a fine corso
Credit: Via gptfeed.co
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15 aprile 2023 Aggiornato alle 20:00

Una proposta insolita, ma che sicuramente avrebbe fatto felici molti alunni, quella ricevuta dagli studenti del Professor Matthew Prince, docente di influencer marketing alla Chapman University di Orange, in California, e dirigente delle pubbliche relazioni di Taco Bell.

Mentre i ragazzi si aspettavano una normale lezione di inizio semestre, Prince, durante la presentazione del corso, ha lanciato una sfida all’intera classe: se qualcuno fosse riuscito a creare un video su TikTok e a renderlo virale con oltre un milione di visualizzazioni prima di lui, l’esame finale sarebbe stato annullato.

Una sfida che Sylvie Bastardo, una ventenne del secondo anno, ha colto subito al volo. Dopo aver ripreso la lavagna interattiva dove l’insegnante aveva proiettato la scritta: «TikTok Challenge. Il primo a rendere il video virale vince (Io contro l’intera classe). Se vinci, l’esame sarà annullato», la mattina successiva ha pubblicato un video di 6 secondi con una semplice didascalia: «Il mio Professore ha detto che se la mia classe avesse ottenuto 1 milione di like su TikTok con un video, avrebbe cancellato l’esame di fine corso!! Per favore, mettete like».

In poco tempo il video è diventato virale, grazie soprattutto alle visualizzazioni e ai commenti, e ha superato brevemente il milione di like.

All’inizio della lezione successiva, il Professor Prince ha mantenuto la promessa fatta ai ragazzi e ha annullato definitivamente l’esame di fine corso.

A oggi, il video ha registrato oltre 5 milioni di visualizzazioni.

«Volevo cercare nuovi modi per aiutare ad andare oltre gli insegnamenti teorici dati nel corso del semestre. – ha detto Prince al New York Times – Principalmente, il concetto di quanto la viralità e l’influenza siano democratizzate all’interno dei social media, in particolare su TikTok, e che non bisogna essere una celebrità per poterle guidare».

Ma quello di Prince non è un caso isolato. Un esempio simile arriva dalla Goizueta Business School della Emory University di Atlanta, dove Marina Cooley, un’assistente del corso di marketing dell’università, ha creato un account TikTok per l’intera classe, suddividendo i 65 studenti in gruppi e chiedendo loro di pubblicare alcuni video. Questo lavoro avrebbe inciso sul 20 % del voto finale e un totale di minimo 25.000 visualizzazioni avrebbe corrisposto al punteggio più alto.

Il primo filmato della classe a superare le 25.000 visualizzazioni mostrava varie scene del campus, dove ci si riferiva alla Emory come «l’Harvard del sud», mentre un secondo video con protagonista Margaret Chang, studentessa del campus di 22 anni, è riuscito a totalizzare rapidamente più di 3 milioni di visualizzazioni: «sono rimasta sorpresa quando ho capito che il corso non si sarebbe limitato solo a studiare i social media, ma anche a creare contenuti per questi ultimi- – ha affermato Chang – Soprattutto perché era sostanzialmente l’equivalente di un esame o di un progetto finale in termini di valutazione».

I metodi di insegnamento messi in pratica da Prince e Cooley fanno parte di un nuovo modo di fare scuola, dove l’obiettivo finale consiste nell’andare oltre la semplice lezione frontale a cui la formazione classica ci ha abituato, e mettere al centro gli studenti.

Il problema dell’aggiornamento dei modelli di formazione educativa non riguarda solo i confini statunitensi, ma vede interessata anche l’Europa. Nel 2012 la Commissione Europea ha pubblicato un documento contenente una nuova visione del sistema d’istruzione, Rethinking Education: Investing in skills for better socio-economic outcomes, al fine di contribuire a rafforzare la crescita economica e la competitività. In esso si analizza il modo in cui il sistema dell’istruzione e formazione può fornire le competenze adeguate alle esigenze del mercato del lavoro e come si possa garantire ai cittadini un futuro stabile da un punto di vista economico e la loro inclusione sociale.

Un esempio importante della necessità di introdurre nuovi approcci didattici si trova nel documento pubblicato nel 2014 sempre dalla Commissione Europea Improving the effectiveness of language learning: CLIL and computer assisted language learning, dove si analizzano le potenzialità dell’uso del computer e delle tecnologie multimediali e multimodali nello studio delle lingue straniere.

L’approfondimento focalizza l’attenzione sulla necessità di ripensare lo sfondo pedagogico e le pratiche didattiche, centrando tutto il percorso formativo sull’apprendente, attraverso l’uso di strumenti interattivi che possano promuovere la co-costruzione e la negoziazione degli apprendimenti.

Per quanto riguarda più da vicino l’Italia, l’Istituto Nazionale Documentazione, Innovazione e Ricerca Educativa (Indire) nel 2015 ha avviato un progetto, in collaborazione con 22 scuole fondatrici e aperto a tutti gli istituti scolastici del Paese, il cui scopo finale è la trasformazione e il rinnovo dell’attuale modello didattico.

Con questo intento sono state individuate una serie di idee innovative, che riguardano tre dimensioni strategiche del fare scuola: lo spazio, il tempo, la didattica. Tra le idee adottate spiccano il debate, una metodologia che favorisce il confronto tra gli studenti, impegnati a sostenere e controbattere un argomento proposto dal docente, la flipped classroom, o classe capovolta, che vede la lezione come l’oggetto dei compiti a casa, mentre il tempo in classe è usato per attività collaborative, esperienze, dibattiti e laboratori, e infine l’utilizzo di aule laboratorio disciplinare, dove a ogni disciplina è assegnato uno spazio dedicato, con attrezzature, arredi e software specifici.

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