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Intelligenza artificiale e scuola: cosa hanno in comune?

I professori statunitensi vietano l’utilizzo di ChatGPT, ma ci sono delle eccezioni. Alcuni insegnanti stanno promuovendo programmi didattici alternativi con un approccio pratico e critico alle nuove tecnologie
Credit: DeepMind
Caterina Tarquini
Caterina Tarquini giornalista
Tempo di lettura 3 min lettura
24 marzo 2023 Aggiornato alle 12:00

Se ne discute già da diversi mesi. ChatGPT sì, no, forse. Nelle scuole statunitensi è corsa al divieto: università e distretti scolastici bandiscono dalle aule tutte le chatbot in grado di generare testi simili a quelli realizzabili da un essere umano. La paura è che vengano usati nello svolgimento dei compiti a casa o delle verifiche e che compromettano quindi l’apprendimento degli studenti.

Ma, ci sono delle eccezioni: alcuni insegnanti, come racconta il New York Times, stanno sfruttando le nuove tecnologie per stimolare un pensiero più critico in classe. Un modo per sviluppare una consapevolezza maggiore nei ragazzi e aiutarli a considerare i potenziali effetti degli strumenti digitali.

Le scuole pubbliche di New York City, il distretto più grande della nazione, che conta circa 900.000 studenti, stanno formando una folta schiera di insegnanti di informatica per aiutare i ragazzi a individuare gli eventuali pregiudizi riguardo l’uso di una AI e i potenziali rischi.

I programmi didattici prevedono dibattiti su temi attuali, come quello degli algoritmi di riconoscimento facciale che tendono a essere molto più accurati nell’identificare i volti dei bianchi rispetto a quelli di altre etnie.

In Illinois, Florida, New York e Virginia, alcuni insegnanti di scienze e discipline umanistiche delle scuole medie utilizzano un programma di alfabetizzazione AI sviluppato dai ricercatori dello Scheller Teacher Education Program presso il Massachusetts Institute of Technology.

Agli studenti viene chiesto di considerare l’etica dei sistemi di intelligenza artificiale che possono essere utilizzati per produrre contenuti multimediali falsi, come video realistici in cui noti politici pronunciano frasi che non hanno mai detto, il cosiddetto deep fake.

«È importante che gli studenti sappiano come funziona l’intelligenza artificiale perché i loro dati e le loro attività in quanto utenti vengono utilizzati per addestrare questi strumenti», ha spiegato al New York Times Kate Moore, ricercatrice educativa presso il MIT che ha contribuito a creare le lezioni di intelligenza artificiale per le scuole. «Si stanno prendendo decisioni sui giovani che usano l’intelligenza artificiale, che lo sappiano o no».

C’è, per esempio, la Young Women’s Leadership School of the Bronx, una scuola media e superiore pubblica femminile che ha avviato una serie di progetti didattici pionieristici in questo senso. L’Istituto, che ospita circa 550 studentesse, in prevalenza nere o ispaniche, ha anche un invidiabile tasso di diploma di scuola superiore che si attesta attorno al 98%, significativamente superiore alla media delle scuole superiori di New York.

Il corso di Ingegneria del software 1, per esempio, propone laboratori pratici che introducono le alunne alla codifica e alla risoluzione di problemi informatici, ma anche a riflessioni importanti e necessarie sulle possibili ripercussioni sociali delle innovazioni tecnologiche, spesso frutto del lavoro di informatici bianchi e asiatici, che finiscono però per impattare anche su minoranze etniche.

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