Diritti

Usa: che fine farà la pillola abortiva?

Mentre la catena Walgreens ha vietato la distribuzione del farmaco in 21 Stati (dopo la minaccia di azioni legali), domani si terrà la prima udienza per revocare la sua approvazione da parte della Fda
Credit: and machines
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14 marzo 2023 Aggiornato alle 14:00

Più della metà degli aborti negli Stati Uniti vengono praticati con metodo farmacologico per evitare il ricorso a procedure chirurgiche. In un clima di proteste e conflitti crescenti (dopo che lo scorso anno la Corte Suprema ha abolito il diritto costituzionale all’interruzione volontaria di gravidanza, con il ribaltamento della Roe v. Wade), la pillola abortiva over-the-counter, fornita al banco dalle farmacie, è diventata il principale terreno di scontro.

Circa 20 anni fa, la Food and Drug Administration (Fda) ha approvato l’utilizzo del mifepristone (meglio conosciuto come RU486) in combinazione con il misoprostolo per l’interruzione di gravidanza allo stadio iniziale, a oggi entro 10 settimane di gestazione.

A gennaio di quest’anno, la Fda ha approvato la vendita della pillola abortiva nelle farmacie certificate, semplificando l’accesso all’aborto farmacologico: prima, infatti, le donne potevano ottenere il farmaco solo in ambulatori e da medici specializzati. La prescrizione è ancora necessaria per poter procedere al ritiro in negozio o per corrispondenza.

Ovviamente, la vendita al dettaglio riguarda solo le farmacie che operano nelle regioni in cui l’aborto è legale. Nei 13 Stati in cui invece è vietato, l’utilizzo e la vendita della pillola abortiva continuano a essere oggetto di divieto. Inoltre, l’American Pharmacists Association ha raccomandato alle farmacie di essere caute nel vendere il farmaco negli Stati dove sono in corso tentativi di limitazione dell’aborto, perché potrebbero rischiare in futuro di perdere la licenza o subire altre sanzioni.

La decisione della Fda ha contribuito a intensificare le battaglie giuridiche e politiche relative all’aborto e, in particolare, all’utilizzo del mifepristone. Più di 20 procuratori generali repubblicani hanno firmato alcune lettere indirizzate alle maggiori catene di farmacie degli Stati Uniti, minacciandole di promuovere azioni legali nei loro confronti se avessero distribuito la pillola abortiva. “È nostra responsabilità – si legge in uno dei documenti riportato dalla Bbc – far rispettare le leggi e proteggere la salute, la sicurezza e il benessere delle donne e dei bambini non ancora nati nei nostri Stati”.

Walgreens, la seconda catena più grande di farmacie in America dopo Cvs Health, ha dichiarato che non distribuirà il farmaco in nessuno dei 21 Stati coinvolti: in 4 di questi (Alaska, Iowa, Kansas e Montana) l’aborto è legale, ma sono in ballo possibili restrizioni.

Tutto ciò ha scatenato forti reazioni contrarie, sia tra i consumatori che i politici. Il Governatore democratico della California, Gavin Newsom, ha deciso di negare il rinnovo di un contratto statale da 54 milioni di dollari con il gruppo farmaceutico, spiegando su Twitter che il suo Stato “non farà affari con qualsiasi società che indietreggia davanti agli estremisti”. Gli altri grandi gruppi, come Cvs, Rite Aid e Walmart, nonostante siano esposti agli stessi rischi, hanno preferito non rilasciare dichiarazioni.

Sul versante giuridico si attende a breve la conclusione della causa Alliance for Hippocratic Medicine v. U.S. Food and Drug Administration, avviata in Texas da gruppi conservatori per revocare l’approvazione della pillola abortiva da parte della Fda. La decisione, affidata al giudice federale Matthew Kacsmaryk, nominato dall’ex presidente Donald Trump, potrebbe imporre il divieto di commercializzare il mifepristone nel mercato statunitense.

Il giudice ha fissato la prima udienza per domani, con un metodo insolito: ha chiesto agli avvocati di non rendere pubblica la data, con l’intenzione di inserirla nel registro pubblico soltanto la sera prima, come svelato dal New York Times. Il motivo sarebbe quello di voler tutelare la sicurezza e l’ordine del processo, ma la prassi potrebbe essere irregolare, soprattutto per un caso di interesse pubblico come questo.

Non è chiaro se il verdetto sarà deciso in questa udienza o nella successiva. L’esito è molto atteso perché la decisione potrebbe rendere l’utilizzo del mifepristone impraticabile anche negli Stati in cui l’aborto è legale. Ma non subito, chiariscono gli esperti: per revocare l’approvazione di un farmaco, la Fda deve prima fissare alcune udienze pubbliche e prendere nuovi provvedimenti, un procedimento lungo che potrebbe richiedere mesi o anni. Inoltre, il Governo federale potrebbe appellare subito la decisione di Kacsmaryk, portando il caso davanti alla Corte Suprema.

Sarebbe la prima volta che un tribunale ordina la rimozione dal mercato di un farmaco approvato dalla Fda. E in un panorama già confuso, aumenterebbero notevolmente le complicazioni relative alla pillola abortiva per le pazienti e i distributori del farmaco in tutto il Paese.

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di Redazione 1 min lettura