Diritti

Usa: anche l’aborto farmacologico è a rischio

Una causa intentata in Texas da gruppi conservatori potrebbe revocare l’approvazione governativa della pillola abortiva, approvata nel 2000 dalla Food And Drug Administration
Una nuova statua è stata collocata in cima al Palazzo di Giustizia di New York: l'opera dell'artista pakistano-americana Shahzia Sikander è stata creata per rendere omaggio a Ruth Bader Ginsberg e alla sua lotta per l'aborto.
Una nuova statua è stata collocata in cima al Palazzo di Giustizia di New York: l'opera dell'artista pakistano-americana Shahzia Sikander è stata creata per rendere omaggio a Ruth Bader Ginsberg e alla sua lotta per l'aborto. Credit: Vanessa Carvalho/ZUMA Press Wire
Chiara Manetti
Chiara Manetti giornalista
Tempo di lettura 5 min lettura
8 febbraio 2023 Aggiornato alle 09:00

Secondo alcuni esperti potrebbe alterare radicalmente l’accesso all’aborto negli Stati Uniti, quasi quanto il ribaltamento della sentenza Roe v. Wade che, l’anno scorso, ha eliminato il diritto all’aborto a livello federale. Stavolta, nel mirino dei conservatori, c’è l’accesso all’aborto farmacologico.

In questi giorni è attesa una decisione di un giudice federale del Texas riguardo al mifepristone, uno steroide che l’Organizzazione Mondiale della Sanità indica come una delle procedure raccomandate per effettuare l’interruzione volontaria di gravidanza nelle prime 9 settimane di gestazione. In molti Paesi, come Francia, Svezia e Scozia, è il metodo prescelto nella metà delle interruzioni volontarie di gravidanza del primo trimestre, quando si verifica la stragrande maggioranza degli aborti.

Negli Stati Uniti, la Food and Drug Administration ne ha approvato l’utilizzo nel 2000 e, dopo la sentenza della Corte Suprema Dobbs v. Jackson Women’s Health Organization del 24 giugno 2022, un numero crescente di pazienti lo utilizza per interrompere la gravidanza. Ma ora, anche questa pratica potrebbe essere a rischio.

Secondo Jenny Ma, raggiunta dal Washington Post, l’esito della causa intentata da un gruppo di conservatori contrari all’aborto potrebbe equivalere a «un divieto nazionale all’aborto farmacologico» con un impatto superiore a Dobbs. Secondo la consigliera senior del Center for Reproductive Rights - l’organizzazione di difesa legale globale che cerca di promuovere i diritti riproduttivi - il ribaltamento di Roe «ha lasciato la decisione sull’aborto ai singoli Stati», ma «questo sarebbe un tribunale del Texas che decide se l’aborto farmacologico possa essere consentito o meno in tutto il Paese, anche negli Stati che hanno protetto l’aborto dalla sentenza Dobbs».

Come spiega l’organo statunitense di regolamentazione dei prodotti farmaceutici, “il mifepristone è un farmaco che blocca un ormone chiamato progesterone necessario per il proseguimento della gravidanza. Il mifepristone, se usato insieme a un altro medicinale chiamato misoprostolo, viene utilizzato per interrompere una gravidanza fino a 10 settimane di gestazione” (estese nel 2016 dalle 7 previste inizialmente). La coalizione guidata dall’Alliance Defending Freedom ha intentato una causa per chiedere a un giudice di revocare questa approvazione.

Il gruppo anti-aborto, nella sua azione legale da 113 pagine, sta sollevando interrogativi sul processo di approvazione della Fda nel 2000 e su alcune delle modifiche alle regole che sono state apportate da allora. Sostengono che la Fda abbia preferito la politica alla scienza approvando “farmaci abortivi chimici” e ignorando “effetti collaterali potenzialmente dannosi”. La loro causa, spiega il Washington Post, è stata “ampiamente ridicolizzata” da numerosi esperti legali perché si basa su argomentazioni prive di fondamento, ma i sostenitori del diritto all’aborto hanno già vissuto un’esperienza simile, e non è finita bene.

Sotto il presidente Joe Biden, infatti, in base alle recenti modifiche delle regole, la Fda consente la spedizione o la distribuzione del mifepristone dalle farmacie al dettaglio e i pazienti possono ricevere una prescrizione grazie alla telemedicina negli Stati in cui è legale. «Hanno allentato i requisiti ancora, e ancora, e ancora», ha dichiarato Denise Harle, consigliera senior di Alliance Defending Freedom, che crede che venga somministrato «a donne che non hanno mai nemmeno visto un medico di persona».

Generalmente, ha spiegato la Fda, sarebbe insolito ritirare un farmaco dal mercato dopo più di due decenni dal suo utilizzo sicuro ed efficace. Ma la decisione spetta al giudice federale Mattthew Kacsmaryk, nominato dall’ex presidente Donald Trump e un tempo avvocato in un gruppo legale cristiano conservatore con sede in Texas. È noto per le sue posizioni conservatrici contro il matrimonio tra persone dello stesso sesso e, appunto, l’aborto.

Secondo alcuni esperti, non è un caso che la denuncia sia stata presentata nella città texana di Amarillo. «Il modo in cui i tribunali distrettuali del Texas distribuiscono i casi fa sì che ci siano alcuni posti in cui sai praticamente quale giudice otterrai», ha spiegato all’emittente Npr la professoressa di diritto all’University of Texas, ad Austin, Elizabeth Sepper. E gli appelli eventuali andrebbero dritti davanti alla Corte Suprema degli Stati Uniti d’America, per via del 5° Circuito, meno di un anno dopo che la sua maggioranza conservatrice ha ritrattato il diritto costituzionale all’aborto.

Cosa succederebbe se il giudice Kacsmaryk si dovesse schierare contro l’aborto farmacologico? Il mifepristone dovrebbe essere ritirato dal mercato, almeno temporaneamente, e la Fda potrebbe scegliere di riavviare il processo di approvazione: questo potrebbe richiedere anni. «Dopo Dobbs - spiega Jenny Ma - sembrava quasi che ci fossero due Americhe, dove l’accesso all’aborto era consentito in alcuni Stati e non in altri. Stavolta equivarrebbe a un divieto a livello nazionale dell’aborto farmacologico e i pazienti che cercano questa cura non sarebbero in grado di ottenere questa assistenza da nessuna farmacia, medico o fornitore».

Anche se il misoprostolo, spiega il WP, è ampiamente utilizzato da solo per eseguire aborti in tutto il mondo, gli studi dimostrano che è meno efficace del regime a due fasi e di solito causa più crampi e sanguinamenti. Il divieto delle pillole abortive, inoltre, porterebbe a un sovraffollamento delle cliniche abortive che forniscono aborti chirurgici, gravando sui sistemi sanitari.

Il Washington Post spiega che i sostenitori del diritto all’aborto hanno lanciato un duro avvertimento all’amministrazione Biden: è tempo di prendere sul serio le minacce “marginali” che potrebbero finire per bloccare l’accesso all’aborto in tutto il Paese.

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