Culture

Già aspettando la seconda serie de “La legge di Lidia Poët”

6 episodi targati Netflix per raccontare la storia la prima avvocata d’Italia. E di come ha sfondato il suo tetto di cristallo: l’accesso alla professione forense
Matilda De Angelis interpreta Lidia Poet nella nuova serie Netflix
Matilda De Angelis interpreta Lidia Poet nella nuova serie Netflix Credit: Netflix
Tempo di lettura 4 min lettura
17 febbraio 2023 Aggiornato alle 06:30

“Verrà un secolo in cui queste nostre dispute sulla dignità femminile suoneranno grottesche”. A parlare è Lidia Poët, classe 1855, torinese, prima donna italiana ammessa all’esercizio della avvocatura.

È evidente che quel secolo non è ancora venuto. A 150 anni da quella frase, siamo ancora ingolfati su quegli stessi temi, inseguendo dispute più moderne, ma dal sapore tristemente simile a quelle di Lidia.

Intanto, su Poët ha puntato Netflix, dedicandole una serie in 6 episodi, tutti già disponibili sulla piattaforma.

Il personaggio

Ma torniamo alla storia. Una figura non molto nota quella di Lidia Poët con il suo tetto di cristallo: l’accesso alla professione forense.

Siamo nel 1883 a Torino, Lidia è laureata e ha sostenuto il praticantato, ma il procuratore generale del Regno è convinto che una donna non possa essere avvocato. E così, Lidia viene interdetta dalla professione a causa del fatto che nelle leggi regie sull’avvocatura si parlasse solo di avvocato e mai di avvocatessa, a riprova - se servisse - che la questione della nomenclatura al femminile dei mestieri non è solo forma.

Ma la modernità non si può fermare. E Lidia è modernissima. Costringe il fratello Enrico a farla lavorare come sua assistente legale, sopportando la subalternità, il fatto di non poter prendere iniziative e di venire convocata nella sua stanza al suonare di una campanella (e torniamo alla grottesca attualità di qualche ufficio pubblico).

Si trasferisce a casa sua, con buona pace della benpensante cognata. Pur avendo le mani legate, Lidia dà prova di talento, fiuto, capacità di bluffare, conoscenza delle leggi e delle tecniche investigative più all’avanguardia. Qui nessuno aveva mai sentito parlare di impronte digitali o di guanto della verità, ci pensa lei a far strabuzzare gli occhi a magistrati e polizia.

E intanto prepara il ricorso per poter essere reintegrata nella professione.

La serie

Scritta da Guido Iuculano e Davide Orsini, diretta da Matteo Rovere (episodio 1 e 2) e da Letizia Lamartire (episodi dal 3 al 6), e interpretata dagli attori più promettenti del panorama italiano - Matilda de Angelis nel ruolo di Lidia e Eduardo Scarpetta nei panni del giornalista Jacopo Barberis - è un progetto che porta avanti in maniera esplicita temi molto cari ai movimenti di liberazione della donna, ma lo fa argutamente, essendo molto di più di una storia femminile. Perché utilizza un genere, il cosiddetto procedurale (una volta si chiamava giallo) che con le sue regole ferree veste di ritmo e suspence ogni episodio, mentre i casi su cui Lidia si trova indagare sono sempre legati alla condizione della donna in quegli anni.

Ma non solo. Forzando la mano alla veridicità storica (evviva!) Lidia incrocia tutto quanto di più interessante offre la Torino della fine del diciannovesimo secolo, dove si sviluppano i primi movimenti anarchici, ma c’è anche il socialismo, la nobiltà, gli avventurieri, i libertini e il loro oppio, le prostitute, Lombroso e i suoi seguaci, lo spiritismo e la magia.

Queste molteplici stratificazioni sociali vengono trattate in maniera pop, colorata e sensuale, alla Bridgerton, perché adesso le serie si fanno cosi, ed è giusto che anche noi in Italia ci adeguiamo.

Chissà se la vera Lidia aveva un trombamico giramondo (Andrea Caracciolo interpretato da Dario Aita) e un principio di innamoramento per un giornalista a cui chiedeva spesso aiuto (Scarpetta). Chissà se viveva la sua sensualità in maniera libera. Se era attirata dallo spiritismo. Se era davvero sfrontata senza mai essere saccente. Ma, infondo, non importa.

Quello che importa è avere personaggi come questa che affermano una narrativa potente e positiva sulle donne.

Quante stagioni?

Per la vera Lidia, la battaglia è stata molto lunga. Solo nel 1919 alle donne è stato concesso di entrare nei pubblici uffici (esclusa la magistratura) e Lidia diventa ufficialmente la prima avvocata italiana. Aveva 65 anni.

Insomma, c’è materiale per parecchi episodi a venire e non si esclude che gli sceneggiatori stiano già scrivendo una seconda stagione

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