Diritti

Chi può permettersi la magistratura?

È iniziato ieri il concorso con la prima delle tre prove scritte: sono 500 i posti per più di 6.000 candidati. In assoluto uno dei concorsi più difficili, e costosi, da preparare
Veduta dell’intero complesso monumentale del cortile centrale del Palazzo di Giustizia, rappresentante la Giustizia (statua centrale) tra i giuristi Ortensio Ortalo Quinto e Paolo Giulio (le statue a sinistra per chi guarda) e Ulpiano e Labeone (statue a destra)
Veduta dell’intero complesso monumentale del cortile centrale del Palazzo di Giustizia, rappresentante la Giustizia (statua centrale) tra i giuristi Ortensio Ortalo Quinto e Paolo Giulio (le statue a sinistra per chi guarda) e Ulpiano e Labeone (statue a destra) Credit: cortedicassazione.it
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14 luglio 2022 Aggiornato alle 19:00

Ha avuto inizio ieri il concorso in magistratura (indetto a dicembre 2021) con la prima prova scritta di tre: quest’anno sono 500 i posti per più di 6.000 candidati. Non sono mancate le polemiche sull’organizzazione di uno dei concorsi più difficili.

Le prove scritte (del 13,14 e 15 luglio) saranno sui temi di diritto civile, penale e amministrativo e i candidati avranno 5 ore per svolgere ogni traccia. L’appuntamento è alla sede d’esame verso le 8:00 (anche se la traccia non viene mai comunicata prima dell’ora di pranzo).

I risultati degli scritti verranno pubblicati tra circa un anno e, solo a quel punto, ci sarà la prova orale, cioè un colloquio. Se superato, si avrà accesso a una graduatoria finale, definita in base al punteggio complessivo. Il passo successivo è un tirocinio di 18 mesi.

Sono 6.523 i candidati che quest’anno tenteranno il concorso per magistrati ordinari nelle cinque sedi di Roma, Milano, Torino, Bologna e Bari. Come spesso accade per i maxi concorsi, l’organizzazione logistica è stata problematica, innanzitutto perché centinaia di candidati sono stati assegnati a una sede molto lontana da casa (i siciliani, per esempio, si sono dovuti recare a Torino), dovendo pernottare per cinque notti a proprie spese.

Qualche giorno prima della prova iniziale, è prassi che i candidati si presentino alla sede d’esame per consegnare i codici che intendono utilizzare durante l’esame e, di solito, nei mesi precedenti si sa quali testi saranno ammessi e quali no. Quest’anno, invece, oltre all’altissimo livello di stress causato dal concorso, la normale paura di non passare le prove scritte e gli spostamenti per raggiungere la propria sede d’esame, i commissari hanno deciso il giorno prima della prova iniziale di non ammettere alcuni codici, costringendo di fatto molti candidati ad affrontare la prova senza testi e buttando centinaia di euro di materiali.

L’episodio, già di per sé problematico, apre a una questione (mai affrontata dalla politica): chi può permettersi il concorso in magistratura? Al di là della retorica del “se vuoi puoi”, del “si può lavorare mentre si studia” (certo si può, ma questo è un esame che richiede anni di studio davvero intenso), è innegabile che il concorso preveda, oltre a 5 anni di giurisprudenza e un tirocinio non retribuito o una scuola di specializzazione, una spesa economica ingente.

Per prepararsi al meglio e aumentare le chance di promozione verso la prova orale, si devono acquistare manuali superiori di tutte e tre le materie esaminate nei temi scritti, che costano circa il doppio di un manuale universitario. Poi, quando si avvicinano le date del concorso, vanno acquistati i codici, strumenti indispensabili per le prove, e anche arrangiandosi con codici usati è praticamente impossibile spendere meno di qualche centinaio di euro. Tutto questo è il minimo richiesto a ragazze e ragazzi che nella maggior parte dei casi non sono neanche mai entrati nel mondo del lavoro.

La spesa forse più problematica e controversa è quella che riguarda le scuole di preparazione al concorso: non sono percorsi obbligatori ma vengono venduti come necessari ai fini della promozione quantomeno delle prove scritte. Sono tutti istituti privati, fondati da luminari del diritto e il prezzo medio si aggira intorno ai 1.400€ per qualche mese di lezioni e dei materiali didattici. Le brochure di queste scuole stampano sempre in primo piano un numero che corrisponde, almeno secondo le loro stime, alla percentuale di candidati promossi “grazie” alla scuola.

Spesso questi dati stonano con la realtà: l’ultimo concorso in magistratura, quello del 2019, a fronte di 310 posti nel bando, ha visto solo 220 candidati (su 3797) superare gli scritti, che dal 27 giugno di quest’anno sono impegnati nelle prove orali. Come è possibile che di migliaia di candidati siano risultati idonei a una prova orale poco più di 200, lasciando letteralmente dei posti vuoti?

La risposta che spesso si è sentita è che i candidati non fossero preparati, che molti di loro non sapessero nemmeno scrivere una frase in italiano corretto. Non si è mai ipotizzato, invece, che forse le scuole di preparazione non siano sempre così efficaci, che i commissari abbiano corretto i compiti in modo troppo severo (e a volte poco trasparente), forse non guardando alla mancanza di magistrati nel settore giudiziario. Sembra ci sia la volontà di non promuovere per far capire ai più giovani che questo mestiere è difficile e che non si è mai abbastanza preparati.

Il concorso per diventare magistrati è senz’altro il più complesso, sia per difficoltà delle prove che per tempistiche, e forse è giusto che sia così. Ma se non si mette mai in discussione il sistema e il dialogo tra gli aspiranti magistrati e le istituzioni, la situazione non cambierà mai e, anzi, alimenterà lo stereotipo per cui quello del giudice è un lavoro elitario, una casta chiusa, un sogno impossibile.

Lo stato della giustizia in Italia, invece, ci dice che avremmo un gran bisogno di magistrati per riformare un sistema lento e obsoleto. Ed è ragionevole credere che tra i migliaia di candidati ci siano futuri giudici preparati, giovani e competenti.

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