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La magia di Harry Potter non è una magia

Mentre circolano le voci di un possibile reboot, lo storyteller Nathan Baugh ha spiegato in un thread Twitter come J. K. Rowling abbia utilizzato lo stesso framework narrativo per l’intera saga
Credit: Finn/unsplash
Costanza Giannelli
Costanza Giannelli giornalista
Tempo di lettura 4 min lettura
8 gennaio 2023 Aggiornato alle 20:00

Quando si parla di record di vendite, Harry Potter è sul podio assieme alla Bibbia e al Libretto Rosso di Mao. Un risultato non da poco, considerando che il primo volume della saga è uscito “solo” nel 1997.

Tradotta in oltre 80 lingue, tra le quali il latino e il greco antico, la saga ha avuto una diffusione enorme – secondo alcune ricerche, almeno 1 persona su 15 nel mondo possiede un libro della serie – e ha venduto un numero stratosferico di copie (si parla di oltre 500 milioni), per un altrettanto stratosferico ritorno economico: solo il giro di affari legato ai libri si aggirerebbe infatti intorno 7 miliardi di euro.

Secondo l’esperto di storytelling Nathan Baugh, dietro a questo straordinario successo non ci sarebbe nulla di magico: in un lungo thread sul suo profilo Twitter, il founder di World Builders ha spiegato, infatti, che la saga era “la lezione di perfezionamento di @jk_rowling su storia e struttura” e che l’autrice e inventrice del maghetto avrebbe utilizzato (a livello master) un unico framework narrativo nell’intera opera.

Basandosi sullo schema utilizzato dalla scrittrice per pianificare i capitoli 13 - 24 de L’Ordine della Fenice – che, secondo le interviste, dovrebbe seguire una struttura analoga sia internamente a ciascun libro che per la saga nel suo insieme – il thread di Baugh ha cercato di farne emergere i concetti-chiave elencati nelle 10 colonne che lo compongono e che, spiega, possono essere divisi in due categorie: “Progressi e progressione” e “Sottotrame e personaggi”.

Nella prima categoria rientrano gli elementi che devono dare al lettore l’impressione che ogni storia stia andando avanti. Come riesce Rowling a farlo? Attraverso tempi, capitoli e trama. “È il ritmo che fa voltare pagina al lettore”.

Tra i secondi ci sono invece gli elementi più propriamente narrativi. Il racconto, spiega Baugh, “riguarda la massimizzazione della tensione e del conflitto”. Cosa significa questo? L’Ordine della Fenice era il più lungo dei 7 libri, con oltre 800 pagine. Ma aveva solo 1 trama principale, 5 sottotrame e meno di 10 personaggi chiave. Questo insegna una lezione a tutti gli scrittori o aspiranti: il segreto è focalizzarsi sulla storia.

Questo è evidente anche dallo schema: ogni riga è un capitolo, e ogni capitolo include almeno 3 sottotrame. Sono tutti interconnessi e portano avanti la trama principale. Non c’è spazio sprecato e Rowling fa la stessa cosa dal libro 1 al 7.

La storia è raccontata a strati, in cui la generazione attuale, quella precedente e quella ancora prima sono interconnesse. Ogni strato aggiunge complessità – sia per lei che ha scritto il libro, sia per il lettore – ma la struttura riesce a mantenere tutto straordinariamente coeso (al netto di qualche buco di trama che tutti i lettori più affezionati sapranno elencare a memoria).

7 libri, quasi 4.000 pagine, oltre 300 personaggi ricorrenti, almeno 80 anni di storia – e oltre, su fino alla fondazione di Hogwarts – un numero incalcolabile di dettagli. Per tenere insieme tutto questo e dargli un senso, fino a trasformarlo nel capolavoro che ha incantato (è il caso di dirlo) già 2 generazioni, c’era bisogno di una struttura eccezionale. Ed è quella che ha permesso a Rowling, dice Baugh, di ottenere il meritato successo che ha avuto.

Per questo, spiega, è così che immagina la struttura che Rowling ha “avvolto” attorno all’intera serie:

- 7 libri per 7 anni

- 1 trama principale per libro

- 5 sottotrame interconnesse in tutto

Tutto progettato per arrivare a un crescendo nel libro 7.

Geniale.

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