La magia di Harry Potter non è una magia

Quando si parla di record di vendite, Harry Potter è sul podio assieme alla Bibbia e al Libretto Rosso di Mao. Un risultato non da poco, considerando che il primo volume della saga è uscito “solo” nel 1997.
Tradotta in oltre 80 lingue, tra le quali il latino e il greco antico, la saga ha avuto una diffusione enorme – secondo alcune ricerche, almeno 1 persona su 15 nel mondo possiede un libro della serie – e ha venduto un numero stratosferico di copie (si parla di oltre 500 milioni), per un altrettanto stratosferico ritorno economico: solo il giro di affari legato ai libri si aggirerebbe infatti intorno 7 miliardi di euro.
Secondo l’esperto di storytelling Nathan Baugh, dietro a questo straordinario successo non ci sarebbe nulla di magico: in un lungo thread sul suo profilo Twitter, il founder di World Builders ha spiegato, infatti, che la saga era “la lezione di perfezionamento di @jk_rowling su storia e struttura” e che l’autrice e inventrice del maghetto avrebbe utilizzato (a livello master) un unico framework narrativo nell’intera opera.
Basandosi sullo schema utilizzato dalla scrittrice per pianificare i capitoli 13 - 24 de L’Ordine della Fenice – che, secondo le interviste, dovrebbe seguire una struttura analoga sia internamente a ciascun libro che per la saga nel suo insieme – il thread di Baugh ha cercato di farne emergere i concetti-chiave elencati nelle 10 colonne che lo compongono e che, spiega, possono essere divisi in due categorie: “Progressi e progressione” e “Sottotrame e personaggi”.

Nella prima categoria rientrano gli elementi che devono dare al lettore l’impressione che ogni storia stia andando avanti. Come riesce Rowling a farlo? Attraverso tempi, capitoli e trama. “È il ritmo che fa voltare pagina al lettore”.
Tra i secondi ci sono invece gli elementi più propriamente narrativi. Il racconto, spiega Baugh, “riguarda la massimizzazione della tensione e del conflitto”. Cosa significa questo? L’Ordine della Fenice era il più lungo dei 7 libri, con oltre 800 pagine. Ma aveva solo 1 trama principale, 5 sottotrame e meno di 10 personaggi chiave. Questo insegna una lezione a tutti gli scrittori o aspiranti: il segreto è focalizzarsi sulla storia.
Questo è evidente anche dallo schema: ogni riga è un capitolo, e ogni capitolo include almeno 3 sottotrame. Sono tutti interconnessi e portano avanti la trama principale. Non c’è spazio sprecato e Rowling fa la stessa cosa dal libro 1 al 7.
La storia è raccontata a strati, in cui la generazione attuale, quella precedente e quella ancora prima sono interconnesse. Ogni strato aggiunge complessità – sia per lei che ha scritto il libro, sia per il lettore – ma la struttura riesce a mantenere tutto straordinariamente coeso (al netto di qualche buco di trama che tutti i lettori più affezionati sapranno elencare a memoria).
7 libri, quasi 4.000 pagine, oltre 300 personaggi ricorrenti, almeno 80 anni di storia – e oltre, su fino alla fondazione di Hogwarts – un numero incalcolabile di dettagli. Per tenere insieme tutto questo e dargli un senso, fino a trasformarlo nel capolavoro che ha incantato (è il caso di dirlo) già 2 generazioni, c’era bisogno di una struttura eccezionale. Ed è quella che ha permesso a Rowling, dice Baugh, di ottenere il meritato successo che ha avuto.

Per questo, spiega, è così che immagina la struttura che Rowling ha “avvolto” attorno all’intera serie:
- 7 libri per 7 anni
- 1 trama principale per libro
- 5 sottotrame interconnesse in tutto
Tutto progettato per arrivare a un crescendo nel libro 7.
Geniale.
