Ambiente

Cosa ci insegnano gli aironi guardabuoi

La sempre maggiore presenza di questi volatili nel Regno Unito indica che l’agricoltura rigenerativa contribuisce alla salute dell’ecosistema. Ma è anche l’ennesima manifestazione degli effetti del cambiamento climatico
Credit: Clark Van Der Beken/unsplash
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8 febbraio 2023 Aggiornato alle 22:00

È possibile valutare la salute dei terreni e l’efficienza dei metodi di coltivazione e allevamento usando come parametro la presenza di alcuni volatili sui campi? Lo stanno facendo in queste settimane gli agricoltori britannici, alle prese con incontri sempre più frequenti con gli aironi guardabuoi.

Si tratta di uccelli dal piumaggio candido e dal becco giallo, generalmente avvistabili nei pressi delle mandrie al pascolo. Il motivo è presto detto: gli aironi si nutrono di cavallette, coleotteri e lucertole tipicamente presenti sui manti erbosi, oltre a zecche e altri parassiti che possono stazionare sui bovini. La loro presenza, però, è interpretata positivamente dagli agricoltori che hanno adottato le misure dell’agricoltura rigenerativa: riduzione al minimo dell’alterazione fisica e biologica del suolo, tenuto sempre coperto da vegetazione, e aumento della biodiversità delle specie vegetali e di quelle animali. La presenza degli aironi sarebbe dunque il segno tangibile della salubrità dell’ecosistema. E l’aumento del numero dei volatili registrati negli ultimi anni lo confermerebbe.

Gli aironi guardabuoi hanno colonizzato il Nord America all’inizio del XX secolo e si sono diffusi a nord attraverso l’Italia e la Francia negli anni ‘80. Si sono poi riprodotti per la prima volta in Gran Bretagna nel 2008 e, dopo un periodo senza grandi avvistamenti, negli ultimi anni se ne trovano tracce sempre più frequentemente, in particolare in corrispondenza di terreni in cui si pratica l’agricoltura rigenerativa.

In Gran Bretagna si sono contate 35 coppie nidificate nel 2020 in 11 siti nel Somerset, Hampshire, Essex, Kent, Sussex, Norfolk e Northamptonshire. Mentre oltre una cinquantina di garzette, uccello della famiglia degli ardeidi, sono state avvistate nei pressi di terreni e fattorie rigenerative.

Intervistato dal Guardian, l’autore e naturalista Stephen Moss si è detto felice per la presenza dei volatili. Estendendo, però, la riflessione a cosa significhi questa nell’ottica del cambiamento climatico in corso. «È una buona notizia – ha affermato Moss - che i lungimiranti agricoltori dei paesi occidentali stiano dando una mano a uno dei nostri ultimi coloni attraverso l’agricoltura rigenerativa. Ma – ha precisato - mentre amo vedere questi bizzarri uccelli, in particolare mentre si nutrono insieme al bestiame come suggerisce il loro nome, è importante rendersi conto che senza gli inverni miti a causa del cambiamento climatico non sarebbero in grado di sopravvivere qui tutto l’anno».

Proprio il tema dell’agricoltura rigenerativa è stato tra i punti di discussione della quindicesima sessione della Conferenza delle Parti della Convenzione delle Nazioni Unite per la lotta alla desertificazione (Cop15), tenutasi nel maggio 2022 ad Abidjan, in Costa d’Avorio. Qui, attraverso esempi virtuosi riportati nella seconda edizione del Global Land Outlook - sui cui esiti si è imperniato l’incontro - si sono ipotizzati gli scenari futuri. Concordando che la lotta alla

desertificazione passa anche per la cura dei terreni e del suolo. Per cui l’agricoltura rigenerativa sembra costituire pratica virtuosa.

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