Diritti

Brasile: continua la persecuzione degli Yanomami

I cercatori d’oro sono responsabili di gravi malattie ai danni della popolazione indigena. Il Presidente Lula ha annunciato l’apertura di un’indagine sui reati di genocidio e crimini ambientali
Credit: EPA/Joedson Alves ALTERNATIVE CROP
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25 gennaio 2023 Aggiornato alle 22:00

Nel cuore dell’immensa foresta amazzonica brasiliana si trova il grande insediamento del popolo indigeno Yanomami.

È un territorio ai confini con il Venezuela, ospita 27.000 anime ed è vasto quanto il Portogallo.

Gli Yanomami sono esperti nel coltivare, raccogliere e cacciare, dimostrando di essere pienamente autosufficienti nei meandri della foresta in cui si trovano. La regione che li ospita è infatti Roraima, uno Stato brasiliano ricco di vegetazione e depositi minerari che contengono, tra le altre cose, anche oro e diamanti.

Tuttavia, è proprio la ricchezza mineraria della regione ad attirare da numerosi anni i “garimpeiros”: minatori illegali che piombano come schegge nei territori prevalentemente indigeni per soddisfare la loro incessante ricerca dell’oro e di altri materiali estremamente preziosi.

Non hanno nessuna pietà per i nativi e deturpano costantemente il loro ambiente.

I minatori attaccano costantemente gli Yanomami. Lo fanno deliberatamente, costruendo strade illegali per il passaggio dei loro grandi mezzi pesanti e utilizzando ponteggi elevati o tubature idrauliche ad alta pressione.

Hanno a disposizione numerose attrezzature specializzate per gli scavi e le utilizzano per sviscerare ogni centimetro di terra. Quello che hanno creato è un dominio di giacimenti minerari industriali che produce morte e malattia tra la popolazione indigena.

I danni causati dai cercatori dell’oro sono infatti ingenti e l’inquinamento ambientale prodotto negli anni è elevatissimo: i letti dei fiumi sono invasi da mercurio e altre sostanze tossiche; la malaria e altre malattie infettive stanno aumentando vertiginosamente nella popolazione; il terreno delle zone interessate dagli scavi è ormai intriso di idrocarburi. Solo nel decennio 2010–2020, le attività minerarie sono aumentate del 495%.

Secondo uno studio Unicef, otto bambini Yanomami su dieci presentano un gravissimo stato di malnutrizione che spesso li trascina alla morte: i loro corpicini deperiti ne rivelano completamente le ossa.

Negli ultimi tre anni hanno perso la vita 570 bambini. Il ministro della Salute brasiliano afferma inoltre che il 14% degli Yanomami è morto per malattie collegate alle attività minerarie. A complicare il tutto anche la pandemia, che si è insediata minuziosamente nella comunità e ha peggiorato ulteriormente la situazione alimentare e sanitaria.

Il Governo brasiliano ritiene che la vicenda sia un’emergenza sanitaria. Per questo è intervenuto anche il Presidente Luiz Inácio Lula da Silva, recatosi di recente nei territori interessati per approfondire da vicino la difficile situazione della popolazione.

Le intenzioni iniziali sono quelle di organizzare immediatamente presidi medici nei villaggi, per non costringere gli indigeni a spostarsi nelle grandi città.

«Quello che ho visto in Roraima  —  afferma il Presidente  —  è stato un genocidio, un crimine premeditato contro gli Yanomami commesso da un Governo insensibile alle sofferenze del popolo brasiliano» alludendo alle politiche dell’ex Presidente Bolsonaro, che ha sostenuto l’estrazione mineraria delle zone incoraggiando persino i minatori.

In passato, Bolsonaro affermava che i territori enclave degli indigeni fossero «troppo grandi».

Il Presidente Lula ha lasciato presagire ulteriori misure a sostegno dei nativi, annunciando insieme al ministro della Giustizia brasiliano Flavio Dino l’apertura di un’indagine sui reati di genocidio e crimini ambientali. È stato varato anche un decreto che istituisce un comitato di coordinamento nazionale per fare il punto della situazione.

Sonia Guajajara, attivista e ministra per i Popoli indigeni — Ministero istituito per la prima volta nella storia del Brasile — ha espresso attraverso un comunicato via Twitter la sua indignazione: «I nostri parenti Yanomami stanno affrontando una crisi umanitaria e sanitaria. Non possiamo permettere che muoiano di fame e malnutrizione».

La ministra, dopo essersi recata nelle zone insieme al Presidente Lula e al ministro della Giustizia, ha annunciato di voler mettere in atto l’espulsione dei cacciatori d’oro dalla zona entro i prossimi tre mesi, affermando che la questione «è una priorità assoluta» per il Paese.

Guajajara è stata una delle prime personalità governative a denunciare la dura vita degli indigeni brasiliani, in particolare gli Yanomami, data l’oppressione che da anni sono costretti a subire.

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