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Il ritorno di Lula e il futuro dell’Amazzonia

La campagna elettorale per le Presidenziali in Brasile entra nel vivo. Con Lula da Silva di nuovo in corsa. E la speranza di rimettere la lotta climatica (ignorata da Bolsonaro) al centro della politica sudamericana
Lula da Silva il 7 maggio durante il lancio della sua campagna elettorale, a San Paolo (Brasile).
Lula da Silva il 7 maggio durante il lancio della sua campagna elettorale, a San Paolo (Brasile). Credit: EPA/Fernando Bizerra
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17 maggio 2022 Aggiornato alle 11:00

Entra nel vivo la campagna presidenziale brasiliana per le elezioni generali del 2022 previste a ottobre. L’ex presidente Lula da Silva, candidato del Partito dei Lavoratori, ha annunciato pubblicamente la sua ricandidatura: “Siamo pronti a lavorare non solo per vincere l’elezione del 2 ottobre, ma anche per trasformare e ricostruire il Brasile, cosa che sarà ancora più difficile”.

Il ritorno nell’agone politico del leader socialista è solo l’ultimo atto di un percorso che lo ha visto al centro di numerosi scandali, inchieste e una carcerazione durata più di un anno, nonostante alla fine del 2010 fosse considerato uno dei presidenti brasiliani più popolari e di successo degli ultimi decenni, avendo tolto dalla povertà oltre 30 milioni di brasiliani.

Nel 2015 Lula finì al centro di uno dei maggiori scandali della storia del Paese, conosciuto come Operazione Autolavaggio, dove l’ex leader di sinistra venne accusato dal giudice federale Sergio Moro di aver fatto parte di un esteso giro di corruzione e successivamente condannato dallo stesso a 9 anni e mezzo di carcere.

Una sentenza considerata dai suoi sostenitori e dall’ex presidente come il culmine di una cospirazione condotta da parte di diversi apparati dello Stato brasiliano per farlo fuori politicamente. Grazie anche ai sospetti alimentati dalla successiva nomina di Moro a ministro della Giustizia del governo di Bolsonaro e dalle successive decisioni da parte della Corte Suprema brasiliana, che nel 2021 ha scagionato in parte l’ex presidente evidenziando la mancata imparzialità di Moro.

Con il ritorno di Lula, la rielezione del leader di estrema destra Jair Bolsonaro si fa sempre più difficile, stando agli ultimi sondaggi, mentre le opposizioni si stanno riunendo in un’alleanza di sette partiti di centro/centro-sinistra pur di impedire una nuova vittoria dell’attuale presidente.

L’importanza di queste elezioni non riguarda solo le questioni interne del Brasile, dalla disastrosa gestione della pandemia alle difficoltà economiche, ma anche il destino dell’Amazzonia, la più importante foresta tropicale nel mondo.

Negli ultimi anni, proprio sotto la presidenza Bolsonaro, la foresta amazzonica ha visto un’accelerazione delle deforestazione con gravissimi danni ambientali e un netto deterioramento dell’ecosistema, cancellando i numerosi progressi ottenuti dalla precedente amministrazione di Lula. “Se Bolsonaro rimane in carica, non c’è speranza in termini ambientali. Ci sarà maggiore deforestazione. L’Amazzonia andrà rapidamente dritta al punto di collasso” ha affermato Marcio Astrini, segretario esecutivo dell’organizzazione ambientale “Osservatorio Climatico” di San Paolo.

Nei primi mesi del 2022 la deforestazione è cresciuta del 64% rispetto all’anno precedente, mentre gli scienziati hanno lanciato numerosi e recenti allarmi sul possibile “punto di non ritorno” a livello di ecosistema, con conseguenze estremamente pericolose per il globo.

Le elezioni politiche brasiliane del 2022 rappresentano quindi una delle svolte più importanti di questo decennio, soprattutto per quando riguarda la lotta climatica-ambientale che vede al centro di tutto il futuro del “polmone della Terra”, ora più a rischio che mai.

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