Diritti

Nel 2022 sono stati uccisi 57 giornalisti

Secondo la ong Reporters Sans Frontières, sono il 20% in più rispetto allo scorso anno. Sale anche il numero delle incarcerazioni
Il ponte di Irpin (Ucraina) è diventato un luogo commemorativo per coloro che sono morti durante l'invasione russa
Il ponte di Irpin (Ucraina) è diventato un luogo commemorativo per coloro che sono morti durante l'invasione russa Credit: Carol Guzy/ZUMA Press Wire
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17 dicembre 2022 Aggiornato alle 06:30

Secondo il nuovo rapporto della ong Rsf (Reporters Sans Frontières), il numero di giornalisti uccisi nel mondo nel 2022 - fino al 1° dicembre - è stato del 20% superiore rispetto allo stesso periodo dello scorso anno, invertendo una tendenza che era al ribasso da 2 anni.

Come confermato dal ricercatore di Rsf Christopher Resch, la guerra russa in Ucraina ha svolto un ruolo decisivo nell’aumento, visto che 8 giornalisti uccisi lì dall’inizio del conflitto hanno reso il Paese il secondo più pericoloso al mondo per i professionisti dell’informazione e portato a 57 il numero complessivo di quelli uccisi sul lavoro, rispetto ai 48 del 2021.

In cima alla lista, per il quarto anno consecutivo, troviamo il Messico, dove nel 2022 sono stati assassinati 11 giornalisti, 4 in più rispetto al 2021. Nella maggior parte dei casi, i decessi sono legati a indagini sul traffico di stupefacenti e sulla criminalità organizzata.

Secondo l’Osservatorio sulla libertà di stampa, i giornalisti investigativi corrono un rischio maggiore per la loro vita quando esiste una connessione tra criminalità organizzata, politica e corruzione.

Anche il record di giornalisti imprigionati è stato superato nel 2022, con un totale di 533 detenuti in relazione al loro lavoro, il 13,4% in più rispetto allo scorso anno. Altissimo anche quello delle giornaliste attualmente in stato di detenzione: 78, con un aumento record di quasi il 30% rispetto al 2021 che porta le donne a rappresentare quasi il 15% dei giornalisti detenuti, rispetto a meno del 7% di 5 anni fa.

La Cina, dove censura e sorveglianza hanno raggiunto livelli estremi, continua a essere il Paese con più giornalisti e giornaliste in carcere al mondo, con un totale di 110 attualmente detenuti. Tra di loro c’è Huang Xueqin, una freelance che si è occupata di corruzione, inquinamento industriale e molestie nei confronti delle donne, per la quale Rsf e altre 24 ong hanno avviato una campagna per il rilascio.

Solo un mese dopo lo scoppio delle proteste, la Repubblica islamica dell’Iran è diventata il terzo Stato con più professionisti dell’informazione in carcere (47). Le prime furono 2 donne, Nilufar Hamedi ed Elahe Mohammadi, furono le prime. Imprigionate per aver contribuito a attirare l’attenzione sulla morte della giovane curda iraniana Mahsa Amini, ora rischiano la pena di morte, come riporta il Center for Human Rights iraniano.

Sul versante occidentale impossibile ignorare Julian Assange, accusato di spionaggio dagli Stati Uniti secondo una legge secolare per la pubblicazione di informazioni riservate mai stata applicata prima. Alla fine del mese di novembre 2022 5 importanti testate giornalistiche che hanno collaborato con Wikileaks, New York Times, Guardian, Le Monde, Der Spiegel e El País hanno pubblicato una lettera aperta per aumentare la pressione sul Presidente americano Biden e ribadire che l’accusa nei confronti di Assange “costituisce un pericoloso precedente che minaccia sia quanto sancito dal primo emendamento sia la libertà di stampa”.

Anche il Qatar non è un luogo sicuro. 3 giornalisti sono infatti morti in circostanze diverse durante la Coppa del mondo di calcio. I risultati dell’autopsia confermano che per Grant Wahl, inviato 49enne di Cbs Sport, la causa è un aneurisma ma la sua morte aveva sollevato forti sospetti da parte della famiglia, visto che in una delle partite dei gironi gli era stato negato l’accesso allo stadio per aver indossato una maglia arcobaleno a sostegno ai diritti Lgbtq+.

La libertà di stampa dovrebbe essere un diritto garantito ovunque ma così non è. Lo dimostra anche il fatto che l’Italia sia scesa al 58° posto nel World Press Freedom Index del 2022. Il fenomeno è dovuto certamente alle minacce della criminalità organizzata e all’azione di gruppi estremisti, ma non è da dimenticare il ruolo delle querele preventive volte a silenziare i giornalisti, che spesso non hanno la capacità finanziaria di sostenere le spese legali.

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