Diritti

Qatar: dove il lavoro uccide

Dopo le numerose morti che hanno coinvolto chi ha costruito gli stadi, ora si parla dei decessi sospetti di 3 giornalisti
Alessia Ferri
Alessia Ferri giornalista
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14 dicembre 2022 Aggiornato alle 20:00

C’è una brutta storia, l’ennesima verrebbe da dire, che aleggia sui Mondiali in Qatar. Come già avvenuto in merito alla costruzione degli stadi, ancora una volta si tratta di morti sospette riguardanti alcuni lavoratori. Non muratori o manovali ma giornalisti che in quegli stadi, sorti sulla pelle delle popolazioni più povere, stavano facendo telecronache o scrivendo report sulle partite in corso.

Se è vero che, purtroppo, un malore fatale può capitare a chiunque in qualunque momento e luogo, e quindi anche nella sala stampa di uno stadio, non si può negare che 3 decessi in meno di un mese generino qualche perplessità.

L’ultimo a lasciare la vita in Qatar è stato, pochissimi giorni fa, il fotoreporter qatariota Khalid Al Misslam dell’emittente Al-Kass, che ha per prima reso noto il fatto con un tweet di cordoglio accompagnato da un’immagine del collega.

Come riportano Gulf Times e altre testate locali, sono ignote al momento le cause della morte, avvenuta a pochi giorni di distanza da quella dello statunitense Grant Wahl, inviato ai Mondiali per Cbs Sports e morto il 9 dicembre durante la sfida dei quarti di finale tra Argentina e Olanda.

I presenti hanno raccontato di averlo visto accasciarsi nella tribuna stampa del Lusail Iconic Stadium durante i tempi supplementari e non rialzarsi più. Una descrizione che coincide con la motivazione ufficiale che parla di attacco di cuore, confermato anche in un primo momento dalla stessa Cbs, che aveva diffuso la notizia salvo poi rimuoverla.

La famiglia, però, avanza più di un dubbio in merito. Anche se il giornalista 48enne nei giorni antecedenti la morte si era sentito poco bene ed era stato curato per una bronchite dopo una visita alla clinica medica del media center, le persone a lui vicine sostengono fosse in perfetta salute e che sia in realtà stato ucciso.

Il motivo ipotizzato? Il fatto che Wahl avesse indossato a inizio torneo una maglietta arcobaleno a sostegno della comunità Lgbtq+, della quale faceva parte anche il fratello dichiaratosi gay in un tweet, in cui scrive che Wahl è stato minacciato per quella stessa presa di posizione che gli costò il fermo da parte delle autorità di Doha, seguito dal rilascio avvenuto solo grazie all’intervento di un rappresentante della FIFA.

Insomma, a causa delle sue idee il reporter sarebbe finito nel mirino delle autorità del Qatar, che avrebbero deciso di eliminarlo perché ospite non gradito. Almeno secondo la tesi della famiglia.

Prima di questi 2 casi, un altro era già balzato agli onori delle cronache, anche se in toni minori, essendo il primo e fino a quel momento l’unico. Si tratta della morte del direttore tecnico dell’emittente londinese Itv Sport, Roger Pearce, causata anch’essa, pare, da un malore mentre seguiva le partite come aveva fatto molte altre volte nel corso della sua lunga carriera che stava per terminare visto che la pensione lo attendeva dopo 5 settimane.

Della sua scomparsa si era saputo prima dello scontro di lunedì 21 novembre tra Galles e Stati Uniti, quando ad annunciarlo in diretta fu Mark Pougatch, direttore della sezione sport dell’emittente per la quale lavorava.

3 morti avvenute in luoghi apparentemente sicuri, le cui cause sono vaghe e tutte sospettosamente simili. Basta questo per gettare nuove ombre su un Qatar mai come in questi giorni al centro dei titoli dei giornali, non solo per quanto riguarda i Mondiali.

Si parla del Paese mediorientale, infatti, anche in quello che in molti hanno già ribattezzato il più grande scandalo della storia riguardante un’Istituzione europea e che prende il nome di Qatargate.

In manette alcuni giorni fa sono finiti diversi membri attuali o passati del Parlamento Europeo, tra i quali la vicepresidente Eva Kaili, l’ex europarlamentare Pier Antonio Panzeri, l’assistente parlamentare, fondatore della ong Fight Impunity nonché compagno di Kaili Francesco Giorgi e Niccolò Figà-Talamanca, a capo della ong No Peace Without Justice.

Seppur a diverso titolo, le accuse formali che li riguardano sono di associazione a delinquere, corruzione e riciclaggio di denaro. Il tutto in orbita Qatar. Sembra infatti che lo stato del Golfo Persico mosso dall’intento di affermarsi maggiormente come potenza a livello internazionale e nascondere le continue violazioni dei diritti umani ai danni di lavoratori, donne, comunità Lgbtq+ e molti altri, abbia allestito negli anni una fitta rete di corruzione all’interno delle istituzioni europee.

In cambio di grosse somme di denaro, le persone coinvolte ovvero funzionari, dirigenti e politici anche di alto livello come Kaili, avrebbero pilotato scelte e decisioni in vari ambiti per favorire proprio il Qatar.

Alla luce di quanto emerso risulta ancora più stridente una recente dichiarazione della vicepresidente europea, nella cui casa sono stati trovati con 150.000 euro - ai quali vanno aggiunti i 600 che il padre ha provato a trafugare da un hotel di Bruxelles - che aveva definito lo stato «in prima linea per i diritti dei lavoratori».

Una frase ovviamente non casuale e irrispettosa, per i tanti operai che hanno perso la vita nella costruzione degli stadi e, forse, per i giornalisti che in quegli stadi stavano commentando un gioco sempre più insanguinato.

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